Il Veneto affonda nel cemento. Una proposta di legge sul suolo ancora troppo timida

Stop consumo di suoloAd inizio legislatura il Presidente Zaia ha sottoposto al Consiglio regionale un proprio progetto di legge finalizzato “al contenimento del consumo di suolo, alla rigenerazione urbana e al miglioramento della qualità insediativa”. Condivisibili le dichiarazioni di principio del primo articolo, che però risultavano contraddette da molte norme contenute in quelli successivi.

Di fatto le disposizioni relative al consumo di suolo non mettevano in discussione le previsioni dei piani regolatori vigenti, nella quasi totalità dei casi vistosamente sovradimensionati rispetto al fabbisogno reale, mentre i provvedimenti riguardanti la “rigenerazione urbana” risultavano esclusivamente rivolti a favorire l’iniziativa dei privati con nuove premialità volumetriche in deroga alle previsioni di piano.

Una proposta inaccettabile per una regione, quale quella veneta, nella quale – secondo i dati forniti nel luglio 2016 dall’Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale – negli ultimi tre anni sono stati consumati circa 1.400 ettari di suolo, raggiungendo complessivamente il 12,2% della superficie territoriale contro un valore medio nazionale del 7,6%. E’ per questa ragione che Legambiente, impegnandosi in un serrato e costruttivo confronto con enti ed associazioni di categoria, organizzazioni culturali ed ambientali rappresentanti di diversi e spesso contrastanti interessi, nell’ambito del coordinamento UrbanMeta (anch’esso impegnato a sollecitare ripetutamente la Regione) ha cercato di “riscrivere” il progetto di legge Zaia presentando un insieme organico di emendamenti.

Tra le proposte di emendamento vi erano: l’affermazione del principio della trasparenza amministrativa e della partecipazione dei cittadini alle scelte strategiche di rigenerazione urbana; una diversa definizione del “consumo di suolo”, che consentisse non solo di evitare nuove espansioni urbane in area agricola, ma anche di rimettere in discussione l’edificabilità dei residui spazi verdi interni al “tessuto urbano consolidato”; una rigorosa definizione di cosa si debba intendere per “Rigenerazione urbana”, favorendo i programmi d’intervento d’iniziativa pubblica sostenibili sia da un punto di vista ambientale che sociale; la definizione di politiche attive di sostegno alle attività agricole e per la salvaguardia del paesaggio rurale.

Nelle audizioni avute con la II Commissione Consiliare, incaricata di redigere il testo definitivo da sottoporre al dibattito in aula, molti degli emendamenti proposti dal coordinamento UrbanMeta sembravano essere stati accolti. Leggendo però le tre successive versioni del progetto di legge, risulta evidente che alcuni punti fondamentali delle nostre richieste non sono stati recepiti.

In particolare nella versione del 9 settembre scorso il combinato disposto delle definizioni relative al “consumo di suolo”, alla “superficie naturale, seminaturale ed agricola” ed al “tessuto urbano consolidato” non rimette affatto in discussione le sovradimensionate previsioni edificatorie dei piani regolatori vigenti (PRG o Piani degli Interventi). E d’altra parte il comma 9 dell’art. 10 consente gli interventi previsti dallo strumento urbanistico generale ricadenti negli ambiti di urbanizzazione consolidata”; senza computarli quale consumo di suolo.

Per capire la portata negativa di questo articolo va ricordato che molti comuni veneti hanno indicato come territorio ad urbanizzazione consolidata non solo le aree già edificate, ma anche la quasi totalità delle aree destinate alla trasformazione insediativa, ancora da lottizzare e spesso utilizzate a fini agricoli.

Ad esempio a Padova, secondo i dati forniti dalla Variante al Piano degli Interventi approvata a maggio 2016, tra le aree di urbanizzazione consolidata sono compresi 5.156.000 mq di zone di “perequazione integrata e ambientale”, che le stesse norme di piano descrivono come “… aree generalmente libere, già destinate a servizi urbani e di quartiere, al cui interno è prevista una completa trasformazione urbanistica”. Altre centinaia di migliaia di mq di aree libere sono destinate dal Piano degli Interventi ad insediamenti direzionali, commerciali, artigianali, industriali, a strade e parcheggi. E’ per noi del tutto evidente che, ove non vengano considerati consumo di suolo gli interventi di urbanizzazione ed edificazione previsti su queste aree, il progetto di legge risulterà privo di efficacia reale.

Altri punti di dissenso riguardano il fatto che, contrariamente a quanto da noi richiesto, le premialità volumetriche e di superficie, previste per gli interventi di recupero edilizio, possano essere in deroga rispetto al dimensionamento del Piano Regolatore Comunale.

Non vi è dubbio che, se questi articoli non verranno modificati, il nostro giudizio sull’intero progetto di legge non potrà che essere radicalmente negativo.

Sergio Lironi, Legambiente Padova

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