La costruzione di una [super] strada potrebbe significare l’avvicinamento tra luoghi. Oggi invece significa solo la loro distruzione. Matteo Melchiorre racconta, quasi giorno per giorno, il cantiere della superstrada Fenadora – Anzù, siamo nel feltrino, attraverso gli occhi di un giovane universitario e della sua scalcagnata banda di amici impegnati in improbabili tentativi di sabotaggio.Le vicende della banda – il sapore è quello delle avventure di Huckleberry Finn di Mark Twain – s’intrecciano nella descrizione – supportata da documenti, testimonianze, interviste – delle vicissitudini della costruzione dell’opera con il suo corredo di retoriche politiche, appalti accidentati, piccole e grandi angherie.
Due registri utilizzati con perizia: insieme disegnano un avvincente affresco facendoci muovere tra l’uno e l’altro con naturalezza. Risultano così non solo complementari, ma più profondamente complici. Melchiorre, con il suo bagaglio di storico e una penna felice e accurata, ci accompagna tra le trasformazioni del paesaggio interiore di ragazzi che diventano adulti – tra rabbie, frustrazioni e improvvise esaltazioni – che si riflettono nelle trasformazioni violente, e spesso ancor più incomprensibili, del paesaggio esterno, dei luoghi della loro crescita. «Realtà e arte sono intrecciate al punto da non lasciare una zona identificabile di demarcazione» scriveva Truman Capote e Melchiorre sembra averlo preso, felicemente, alla lettera. Matteo Melchiorre, La banda della superstrada Fenadora – Anzù (con Gianni Belloni |
Digressioni attorno a Palombarini
Tutti noi vogliamo bene a Giovanni Palombarini. Le persone serie, civili, non violente, intendo. E lui ogni tanto ci ripaga con testi da uomo libero, in cui, assai stranamente per questo paese, esce persino la verità, ovvero il “non detto”, il “dietro le quinte”, il “taciuto” di ciò che appare. Testi che sfuggono ai penosi giochetti politici dei “distinguo”.Uno di questi è uscito domenica 8 luglio 2012 in uno dei quotidiani di questa nostra città di affari, consorterie e silenzi, “Il Mattino”, a pag. 16 con il titolo: “Torture G8. La sentenza non basta” (clicca qui per leggere l’articolo completo). E’ un testo importante. Andrebbe letto, discusso, studiato, nelle scuole, nelle Università (invece di interi corsi di diritto costituzionale), nei luoghi di lavoro.Si scrive infatti, in questo testo mirabile, che solo l’assenza di un legge (dunque un aspetto meramente formale) ha permesso la “prescrizione” di molti reati specifici giustamente contestati a molti poliziotti nei fatti di Genova. Si parla di “espressioni di solidarietà” “palesemente manifestate” per costoro che “si sono intrecciate” con “depistaggi” e promozioni di rilievo di funzionari “indagati”. Si parla di “pochi magistrati”, ”spesso ostacolati” anche “all’interno dell’istituzione giudiziaria” e di pubblici ministeri “non aiutati da nessuno”. Di “esecutori” che sono pubblicamente “ricorsi al falso per giustificare le violenze”.
Ma basta aprire le pagine dedicate all’Italia negli ultimi vent’anni nei rapporti di Amnesty per comprenderne l’assenza di eccezionalità: dalle carceri, a certe questure, a certi pronti soccorsi. E la assoluta omogeneità delle vittime della violenza concreta (tacendo l’altro aspetto, enorme, delle parole della violenza) del funzionario, che va ben oltre i comunisti antagonisti (per altro, per esperienza, i meno stupiti innanzi a tali prassi): barboni, extracomunitari, tossicodipendenti, rom… Non ci sono solo gli ebrei (per motivi noti) e i gay (per altro del tutto presenti nella violenza delle parole), e poi non manca nulla. Ma, giudice, è solo l’irrisolto quesito del “Quis custodiet custodes”, il problema? E poi, i “prescritti”, come i “non identificati”, tra questi funzionari, in questi undici anni, caro giudice, dove si sono inseriti e quali prassi generali e specifiche, secondo lei, han tacitamente perseguito e stanno tutti i giorni perseguendo? Le sue e le mie? Gianni Buganza |
Invito al Veneto
Nel 1977, Diego Valeri tributò un ultimo omaggio alla sua terra natale, con un’opera di raffinata pittura in prosa: «Invito al Veneto» (Boni editore, Bologna), infatti, offre 15 affreschi del «vasto territorio compreso tra la riva orientale del Garda, le Alpi e il Quarnaro», dipinto con grande precisione e delicatezza.
La varietà del panorama naturale si riflette nello stile di scrittura, che muta in base ai tratti peculiari di ciascuna località. Valeri alterna slanci lirici, rigore filologico, reminiscenze autobiografiche e riflessioni esistenziali: osserva incantato Venezia, dove «tutto finisce a essere pittura», ricostruisce la storia di Padova, rievoca la sua prima visita a Treviso e sottolinea la singolarità di Vicenza, «città d’autore» plasmata da Palladio. «Invito al Veneto», per contrasto, fa pensare alla vicenda del revamping, con cui Italcementi vorrebbe ampliare le proprie strutture di Monselice: proprio nel cuore di quei colli Euganei che sono «Alpi alla maniera dei fanciulli», e «portano una nota di delicata fantasia e il riposo di una forma conclusa tra il fuggire vertiginoso degli orizzonti rettilinei». Oppure alla riviera del Brenta, dove si continua a parlare di camionabile, rimandando il completamento dell’idrovia: «Il fiume è come la vita, ed è bello conoscersi e volersi bene – scrive Valeri – Anche la strada è vita, certamente; ma come corre, e con che fretta, con che affanno, sulle ruote fragorose dei camions o su quelle silenziose delle automobili». Alessandro Macciò |
Le mille storie del Bacchiglione
Essendo nato vicino al canale S. Chiara, ho avuto la fortuna sin da bambino di “assaporare” vari luoghi d’acqua di Padova: non erano ancora stati tombinati i canali interni e mi ricordo di partite a “cucco” vicino al Ponte della Morte, di attraversamenti in stile Tarzan e di qualche pesce rosso pescato nella cabaletta di Prato della Valle e portato a casa di corsa per poterlo mettere in una vaschetta; poi, a 10 anni, mio padre mi ha regalato l’abbonamento alla Rari Nantes ed ho cominciato a frequentare, più che la piscina, il Bacchiglione. Le nuotate, i tuffi dal trampolino e, soprattutto, le uscite in barca col “caicio” hanno fatto parte della mia formazione giovanile fino quando la mia famiglia si è trasferita a Brusegna e ho dovuto sostituire, per motivi economici, l’abbonamento alla piscina con i tuffi dal ponte ferrato e con i bagni alla “spiaggetta” dietro l’Istituto Agrario.Poi il lavoro, la famiglia, i bambini piccoli, mi hanno tenuto lontano da questo mondo ma senza farmelo evidentemente dimenticare; così l’anno scorso, dopo quasi cinquantenne, sono ridiventato socio della Rari Nantes (adesso si occupa solo della parte relativa alla voga veneta), ed ho ripreso a girare per il fiume. Vorrei quindi consigliare a chi non avesse avuto mai l’opportunità di farlo, di partire (o come me in “mascareta”, o in canoa, in canotto o con qualunque altro tipo di imbarcazione possibilmente non a motore) dal Bassanello, lungo il Bacchiglione, verso Tencarola, Selvazzano o magari Creola, e restare meravigliati dell’esistenza, a poche centinaia di metri da strade trafficate e rumorose, di un ambiente naturale ancora così bello e suggestivo. Parafrasando il titolo di un film concludo dicendo che, nonostante l’inquinamento, l’inciviltà, la speculazione edilizia e tutto il male che stiamo ancora facendo al nostro territorio, in mezzo scorre (ancora e per fortuna) il fiume. Giovanni Cestaro |
Il sindacalista e lo scrittore
Questo libro raccoglie gli elaborati degli studenti che hanno partecipato ai concorsi su Bruno Trentin e Mario Rigoni Stern. La qualità dei testi e il buon numero di scritti pervenuti alla prima edizione – prima esperienza per lo Spi del Veneto – dei concorsi collegati alla Festa regionale di LiberEtà (svoltasi ad Asiago nei giorni 26, 27, 28 giugno 2009) testimoniano l’esito molto positivo dell’iniziativa.
Oltre settanta studenti – universitari e delle medie – hanno “incontrato” la vita e l’impegno sociale del sindacalista della Cgil, Bruno Trentin, e dello scrittore Mario Rigoni Stern, scoprendone il valore e l’attualità. A vario titolo sono stati interessati a questa iniziativa e alla relativa pubblicazione alcuni amici di Bruno Trentin (Guglielmo Epifani, Carlo Ghezzi, Giorgio Ruffolo) e di Mario Rigoni Stern (Bepi De Marzi, Pino Guzzonato, Sergio Frigo, Ermanno Olmi) e alcuni di loro hanno affiancato lo sforzo profuso dagli studenti con un proprio contributo. |
Pecoranera
Il 14 luglio ho incontrato un nuovo amico.Alla Costigliola quel giorno era ospite un ragazzo di 28 anni, un giovane carnico, schivo, magro, biondo. Era venuto, su invito, per parlare di sé, del suo libro, della sua nuova esperienza. Devis, questo il suo nome, vive nel paese della sua famiglia, in una località della Carnia, Raveo. Quando aveva 24 anni decise di lasciare il lavoro di perito informatico, ben avviato a Udine, e di dedicarsi anima e corpo a coltivare la terra della dura montagna. Desiderava provare a vivere della natura e con la natura, sperimentando cosa volesse dire una vita agricola. All’inizio, novello Tureau, volle misurarsi con la fatica e la solitudine, poi provò anche la vita in comunità ma senza successo; l’obiettivo era l’autosostentamento. Col tempo, ma non ci ha messo molto, capì il pericolo di non aver bisogno degli altri e decise di cominciare a scambiare prodotti agricoli, legname e relazioni.Questo suo agire senza proclami, è controcorrente, impopolare è facilmente etichettabile come neoromantico, naif. Devis comunque non ha alcun desiderio di insegnare nulla ad alcuno. Devis parla della sua vita, delle sue esperienze degli ultimii 10 anni, con una semplicità e proprietà di linguaggio rare. Denota una profondità non comune, una capacità di analizzare le situazioni e le relazioni senza giudizio, senza apporre etichette. Devis appartiene a quei giovani delle nuove generazioni che sanno vivere comprendendo i propri e gli altrui errori, dimostrando benevolenza e mitezza, non giudizio. Devis è diventato un amico, anche se lui non lo sa; con la sua delicatezza è riuscito a toccare le corde degli affetti e ad entrare nel cuore degli ascoltatori e dei lettori.
A proposito, Devis Bonanni (questo il cognome) ha scritto un libro edito da Marsilio “Pecoranera. Un ragazzo che ha scelto di vivere nella natura”. Dario Brollo |
Idrovia Padova-Mare
L’idrovia tra Padova e l’Adriatico è un’opera che assicurerebbe la salvezza dalle periodiche e devastanti alluvioni per tutti i territori che il canale attraversa. Come sappiamo da esempi olandesi potrebbe procurare anche lavoro stabile, qualificando il paesaggio. La sua esistenza si lega anche al successo del Terminal off shore veneziano , poiché crea al contempo i presupposti per l’allargamento dell’area retroportuale fino a Padova.Di riflesso renderebbe molto ragionevole pensare ad una “città metropolitana”: Padova-Venezia-Chioggia, la quale si configurerebbe come la coerente ed omogenea struttura amministrativa della comune attività portuale e logistica. Si tratta insomma di saper trasformare una necessità – la sicurezza idraulica – in una virtù occupazionale. Il canale che noi proponiamo ha dimensioni e portate d’acqua che non si conciliano con chi invece vuole costruire una strada a pagamento “camionabile” sul suo argine destro. La scelta tra le due opere va però al di là del contesto padovano, poichè diventa l’assunzione di un altro modello di sviluppo per il Veneto e della gestione del suo restante spazio disponibile.
Questo è il soggetto della trasmissione radio che offriamo all’ascolto (durata 90 min. ca) Carlo Crotti |
Pioverà benza
C’è un video musicale che merita di essere conosciuto da chi legge Ecopolis, perchè parla di ambiente e ciclabilità: Pioverà Benza, degli Useless Wooden Toys feat Dargen D’Amico.
Il testo è a tratti nonsense, ma ci fa capire quel che c’è da capire. Dipinge un futuro non tanto lontano dal presente, con ciclisti in guerra urbana contro le auto per la sopravvivenza, e un ambiente così inquinato che in cielo le nuvole sono cariche di benzina invece che di acqua! Se la parte letteraria porta con sé un tono mortifero e pessimistico, la parte video è esempio di vita, perché mostra un deposito di auto in cui un team di demolitori e saldatori costruiscono una bici con pezzi di automobili…ecco proprio questo secondo me è il messaggio più forte del video, e penso che i depositi, i magazzini, le fabbriche dismesse, i ferrovecchi, i mercatini dell’usato, e tutti i luoghi del rifiuto siano i posti che ogni giovane abbia da frequentare per passare al meglio i suoi momenti di felicità, trovando e mettendo in pratica idee creative per ridare utilità a ciò che altri non hanno saputo utilizzare. Lo scienziato dice: nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. Che ne dite, Accumuliamo? Bruciamo & respiriamo? O Trasformiamo? La A, la B, o la T? A chi sceglie la T: buon divertimento!!!!! Matteo Lenzi |