Tutti noi vogliamo bene a Giovanni Palombarini. Le persone serie, civili, non violente, intendo. E lui ogni tanto ci ripaga con testi da uomo libero, in cui, assai stranamente per questo paese, esce persino la verità, ovvero il “non detto”, il “dietro le quinte”, il “taciuto” di ciò che appare. Testi che sfuggono ai penosi giochetti politici dei “distinguo”.Uno di questi è uscito domenica 8 luglio 2012 in uno dei quotidiani di questa nostra città di affari, consorterie e silenzi, “Il Mattino”, a pag. 16 con il titolo: “Torture G8. La sentenza non basta” (clicca qui per leggere l’articolo completo). E’ un testo importante. Andrebbe letto, discusso, studiato, nelle scuole, nelle Università (invece di interi corsi di diritto costituzionale), nei luoghi di lavoro.Si scrive infatti, in questo testo mirabile, che solo l’assenza di un legge (dunque un aspetto meramente formale) ha permesso la “prescrizione” di molti reati specifici giustamente contestati a molti poliziotti nei fatti di Genova. Si parla di “espressioni di solidarietà” “palesemente manifestate” per costoro che “si sono intrecciate” con “depistaggi” e promozioni di rilievo di funzionari “indagati”. Si parla di “pochi magistrati”, ”spesso ostacolati” anche “all’interno dell’istituzione giudiziaria” e di pubblici ministeri “non aiutati da nessuno”. Di “esecutori” che sono pubblicamente “ricorsi al falso per giustificare le violenze”.
Ma basta aprire le pagine dedicate all’Italia negli ultimi vent’anni nei rapporti di Amnesty per comprenderne l’assenza di eccezionalità: dalle carceri, a certe questure, a certi pronti soccorsi. E la assoluta omogeneità delle vittime della violenza concreta (tacendo l’altro aspetto, enorme, delle parole della violenza) del funzionario, che va ben oltre i comunisti antagonisti (per altro, per esperienza, i meno stupiti innanzi a tali prassi): barboni, extracomunitari, tossicodipendenti, rom… Non ci sono solo gli ebrei (per motivi noti) e i gay (per altro del tutto presenti nella violenza delle parole), e poi non manca nulla.
Ma, giudice, è solo l’irrisolto quesito del “Quis custodiet custodes”, il problema? E poi, i “prescritti”, come i “non identificati”, tra questi funzionari, in questi undici anni, caro giudice, dove si sono inseriti e quali prassi generali e specifiche, secondo lei, han tacitamente perseguito e stanno tutti i giorni perseguendo? Le sue e le mie?
Gianni Buganza |