Il termine per la presentazione delle osservazioni alla Variante al Piano degli Interventi (P.I.), per l’adeguamento alle norme del Piano di Assetto del Territorio (P.A.T.), scade il prossimo 3 febbraio.
C’è poco tempo per tentare di salvare il territorio da una variante che, confermando lo spropositato ed irrealistico dimensionamento del P.A.T., aggredisce in particolare quel che rimane dei cunei verdi (oggi definite dalla norma come Zone di Perequazione Urbanistica).
Tali Zone erano state create con la Variante al Piano dei Servizi del 2001 per rendere possibile, senza dovere ricorrere ai troppo costosi espropri, la realizzazione del Verde Pubblico all’interno di quello che sopravviveva dei “Cunei Verdi”, cioè le penetrazioni del verde nella città stellare che l’urbanista Luigi Piccinato aveva ideato nel primo piano regolatore di Padova approvato nel 1957.
In sostanza si consentiva ai proprietari una limitata capacità edificatoria da esercitare all’interno di una porzione della zone di perequazione (dal 25 al 30%) in cambio della cessione gratuita della rimanente area per la formazione dei parchi pubblici. Nella superficie da cedere (Sc) le norme prescrivevano che l’utilizzazione fosse prioritariamente a verde, consentendo tuttavia l’inserimento di servizi e/o attrezzature pubbliche con una superficie coperta che non doveva superare il 25% dell’area ceduta.
Già questa disciplina andava a ridurre in modo significativo la superficie a verde, ma la variante in oggetto fa di peggio: elimina l’obbligo dell’uso prioritario a verde e toglie i limiti di utilizzo degli altri usi, che vengono peraltro ampliati. Ora le zone di perequazione, sia quella Integrata che quella Ambientale, che andrebbe particolarmente tutelata, potranno essere utilizzate per la realizzazione di servizi ed impianti pubblici, per l’edilizia pubblica, per l’utilizzazione dei crediti edilizi maturati nei processi di compensazione e degli Accordi di Pianificazione con i privati, nonché per la cessione a giovani coppie da individuare con appositi bandi e graduatorie. Il tutto senza alcun limite di superficie.
Un vero e proprio attacco alle Zone di Perequazione (alias Cunei verdi) che, nate per formare i parchi pubblici ed i corridoi ecologici, vengono trasformate in riserva edificabile per farvi calare ogni tipo di costruzione, in scandalosa contraddizione con le stesse finalità della variante che prevedono la riduzione del consumo di suolo.
Ma non è finita qui. La variante elimina i perimetri che individuavano alcune particolari zone di perequazione, in cui il piano prevedeva un intervento unitario. Si tratta di aree di particolare pregio ed importanza (alcune delle quali addirittura numerate) in cui persistono ampie superfici libere che andrebbero salvaguardate per la formazione dei parchi urbani. A nostro avviso, era giusto confermare l’obbligo che il primo stralcio d’intervento riguardasse almeno il 75% dell’area. La variante invece prevede uno stralcio minimo di intervento di 20.000 mq ed un Piano Guida che coordini gli interventi successivi. Ma dall’esperienza acquisita (si pensi alle vicissitudini dell’area Iris) si è visto che chi interviene successivamente spesso ha esigenze che il Piano Guida non soddisfa, per cui si cercano adeguamenti che alla fine penalizzano l’area da cedere al comune, che risulterà spesso spezzettata e non ottimale per l’uso pubblico a cui dovrebbe essere destinata.
La variante, inoltre, non dà nessuna risposta all’esigenza del Comune di poter governare le trasformazioni della città. La cosiddetta “perequazione ad arcipelago”, che consente di aggregare più zone di perequazione limitrofe per trasferire i carichi edilizi dalle Zone di Perequazione Ambientale a quelle di Perequazione Integrata – se non addirittura Urbana – dove l’urbanizzazione crea meno problemi, viene lasciata all’iniziativa dei privati, che la utilizzeranno solo a fronte di un rilevantissimo interesse personale, cioè mai. Il Comune dovrebbe invece poter governare certe iniziative, come la Perequazione ad Arcipelago o gli Accordi Pubblico-Privato, per assicurare il conseguimento del miglior interesse pubblico, ma non si sa dotare degli strumenti necessari.
E pensare che gran parte di questi problemi si sarebbero potuti risolvere accogliendo l’osservazione, fatta da Legambiente al Documento Preliminare, di utilizzare la Variante al P.I. per ridurre lo spropositato dimensionamento del P.A.T. , a cominciare dalla capacità residua del vecchio P.R.G.. Diminuendo il numero degli abitanti insediabili si sarebbero ridotte le superfici a standard, con la possibilità di diminuire le zone di perequazione salvandone la naturalità dei suoli. Ma il Comune questo coraggio (o saggezza) non li ha avuti.
Lorenzo Cabrelle, Legambiente Padova
N.B.: per chi fosse interessato a produrre nuove Osservazioni, ecco qui di quelle di Legambiente (in collaborazione con Italia Nostra).
Contattate Legambiente Padova circolo@legambientepadova.it per un confronto
Utilizzate terminologia molto tecnica. Perché non pensare ad un glossario, per chi come me non capisce molto di urbanistica?