Dall’inizio dell’anno ad oggi nella nostra regione almeno metà della popolazione sta respirando aria malsana un giorno su due.
Inquinamento atmosferico alle stelle e semaforo arancione e rosso per tre milioni di veneti. Per la qualità dell’aria l’inizio del 2022 risulta peggiore rispetto al 2021, gli sforamenti dei livelli degli inquinanti vengono mediamente registrati un giorno si e uno no e le centraline Arpav per il rilevamento della qualità dell’aria sono già sotto stress. La maggior parte delle città del Veneto ha già raggiunto e registrato quasi la metà dei giorni con valori superiori al limite di legge. A inizio settimana i dati delle centraline dell’Arpav dicono che gli sforamenti dall’inizio dell’anno a Venezia Bissuola, Vicenza e Rovigo hanno raggiunto i 14 giorni, a Treviso 13, a Padova Mandria 11, a Verona 9 (ma Legnago 13). Si salva solo Belluno dove non è stato registrato alcun sforamento.
Nonostante la condanna europea in itinere ed una pandemia da COVID-19 ancora in corso che ha mostrato ancor più nitidamente la necessità e l’urgenza di pianificare e implementare dei piani antinquinamento “organici” per le nostre città, il problema della qualità dell’aria nella nostra regione resta tanto drammatico quanto irrisolto.
Questo significa che a gennaio, per un giorno su due, circa due milioni e mezzo di cittadini della regione hanno respirato aria con valori pericolosi di inquinanti atmosferici, in particolare di PM10, particolato fine che inalato può causare molti disturbi collegati all’apparato respiratorio e l’AIRC classifica l’inquinamento dell’aria tra le sostanze cancerogene.
Un enorme danno per la salute di tutti, dato che oltre il 60% della popolazione urbana in Italia risiede in aree esposte a concentrazioni di PM10 al di sopra del limite giornaliero consentito (50 μg/m3 per non più di 35 giorni in un anno). Un dato significativamente peggiore rispetto alla media europea del 16,3% che dovrebbe far riflettere circa l’urgenza di intervenire. Ma il danno è stratosferico anche per il portafoglio dei cittadini: il costo dell’inquinamento – si legge nel rapporto EPHA (European Public Health Alliance) 2018 – è particolarmente pesante per la sanità pubblica perché l’inquinamento, come il Covid, colpisce tutti, ed accedere alle cure per mitigarne gli effetti ha un impatto economico rilevante. Per gli abitanti di Padova, Venezia, Verona, Treviso e Vicenza il costo sociale medio supera i 2000 euro pro capite con una incidenza media sul PIL del 6,4%. Numeri di molto superiori alle medie nazionali ed europee che impattano pesantemente sul benessere della popolazione e portano le nostre città ad essere tra le peggiori 15 d’Italia per costi pro capite dovuti all’inquinamento ed il Veneto ad essere la regione dove i cittadini pagano i costi sociali e sanitari connessi all’inquinamento atmosferico più alti d’Italia.
Un doppio danno che, a quanto pare, nemmeno la condanna inflitta dalla Corte di giustizia dell’Eu all’Italia allarma gli Amministratori locali e regionali che dopo aver attivato a inizio 2021 le misure urgenti ed improrogabili per dare una risposta credibile alla condanna europea, sembrano essersi dimenticati dell’importanza della loro applicazione efficace e tempestiva per ridurre l’inquinamento entro i limiti quanto prima possibile, come richiesto dalla normativa dell’Ue.
Per Legambiente ancora una volta emergono la mancanza di chiarezza e omogeneità di deroghe e controllo dei divieti stabiliti dalle ordinanze, rendendone volatile l’efficacia, e di un approccio multi-settoriale con interventi mirati per l’informazione, il controllo e la prevenzione: «I centri urbani del Veneto e i vari livelli amministrativi di coordinamento continuano con un gioco al ribasso, a partire dall’aver voluto evitare il blocco stabile degli Euro4, argomentando la scelta con la scarsa fiducia dei cittadini verso il TPL a causa di un possibile contagio. Insomma l’ennesimo paradosso nostrano di una politica che anche quando processa il da farsi, non procede con decisioni al supporto degli obiettivi che intende perseguire. La Regione ed i sindaci devono adottare al più presto politiche pubbliche per mobilità e riscaldamento ad emissioni zero – commenta Luigi Lazzaro, presidente di Legambiente Veneto – per tutti, ma soprattutto per chi è meno abbiente. Servono mezzi pubblici elettrici, bici e auto elettriche condivise, serve in città agevolare e promuovere subito la mobilità ciclo-pedonale. Serve il superbonus (110%) per ridurre l’inquinamento da riscaldamento. Non servono invece incentivi per le caldaie a gas, forma di riscaldamento basata sulle fonti fossili colpevoli della crisi climatica, come non servono proroghe ai permessi di circolazione dei veicoli diesel più inquinanti o bonus per l’acquisto di auto di proprietà a combustione. Iniziare a ridurre a zero, o quasi, l’inquinamento deve divenire una priorità della programmazione regionale e di ogni singola amministrazione locale».
A inizio febbraio è prevista l’uscita del rapporto “Mal’aria di città 2022” con il quale Legambiente farà nuovamente il punto della situazione.
Redazione Ecopolis