Riprendiamo, arricchendolo con riflessioni sul consumo di suolo, l’interessante articolo sul calo demografico che Donatella Gasperi ha scritto per La difesa del popolo. Qui potete leggere la versione originale.
È una città invecchiata Padova, dove si contano 210 anziani ogni 100 bambini: il nostro futuro ridotto del 50 per cento. Nel 2016 all’anagrafe sono stati registrati 1.547 nati e 2.591 decessi, con un saldo naturale negativo di 1.044 unità, mentre il saldo migratorio – vale a dire la differenza tra chi se ne è andato e chi è venuto a vivere qui – è stato di 472 unità in più.
Comunque la si racconti, ci sono 532 padovani in meno e un trend negativo che si mantiene da almeno una decina d’anni.
A fine 2016 i residenti erano circa 210 mila, tremila persone in meno rispetto al 2011, con un tasso di natalità del 7,37 per cento, mentre quello di mortalità raggiunge il 12,35 per cento. E per fortuna ci sono gli immigrati, altrimenti i bambini sarebbero ancora meno. A Padova la loro incidenza arriva al 15,7 per cento, un più 0,5 dal 2011, che vuol dire 32 mila 984 persone: 15.387 maschi e 17.597 femmine. La maggioranza femminile con tutta probabilità è data dalle molte badanti necessarie per accudire la nostra popolazione sempre più anziana, visto che se si controllano le cittadinanze più rappresentate scopriamo che la metà degli stranieri presenti è composta da rumeni (8.809) e moldavi (4.379).
“Interessante è studiare la composizione dei quartieri e delle unità urbane dentro i quartieri: il centro è vecchio ma alcune zone del centro sono ancora più vecchie”, spiega Fausta Ongaro, docente di demografia all’Università di Padova. “Nel quartiere Savonarola”, prosegue nell’intervista da Donatella Gasperi per la Difesa del Popolo, “l’indice di vecchiaia raggiunge il 331, ma qui incide la presenza di una importante casa di riposo: i quartieri più vecchi sono il Centro e il Sud Ovest 5, poi ci sono le Piazze, Città giardino, Porta Trento, Mortise, San Bellino; i quartieri più giovani sono invece il Nord (Arcella) e quello Ovest (Chiesanuova, Cave, via dei Colli)”.
Una città che invecchia, Padova, e che potrebbe però attingere alla grande risorsa rappresentata dai 58 mila studenti universitari: un buon numero di questi certamente sono padovani e pendolari, ma con tutta probabilità almeno il 50 per cento per seguire gli studi ha scelto di vivere in città. Una quantità di giovani aperta al mondo e pronta a costruire futuro che non dovrebbe essere vissuta come un corpo estraneo, ma coinvolta con azioni strutturali che possano creare un circuito virtuoso.
L’andamento demografico ha ripercussioni anche dal punto di vista ambientale, soprattutto se gli enti adibiti a strutturare la città non sono in grado di stimarne l’andamento corretto. Il Piano di Assetto del Territorio (PAT) di Padova prevede nel decennio 2008-2018 un’alluvione di quasi 4.700.000 metri cubi di cemento (ne abbiamo parlato qui) giustificati da un aumento di popolazione di più di 24.000 abitanti. Eppure, analizzando i dati relativi alla popolazione di Padova dal 2007 ad oggi, si vede come gli abitanti restino invariati.
Una buona amministrazione dovrà tenere conto di questi dati e fermare questa ingiustificata cementificazione, a favore di opere come il Parco Agro Paesaggistico (qui la lettera aperta per la sua creazione che abbiamo pubblicato), giardini urbani, orti e siepi, come quelle piantate recentemente presso l’azienda agricola Terre del fiume.
Una buona amministrazione dovrebbe stimolare i cittadini ad immaginare una città sostenibile che garantisca benessere per tutti. Una proposta innovativa ci è stata suggerita da Maurizio Trabuio, direttore di Fondazione La Casa, che nell’intervista che abbiamo pubblicato invita a pensare la casa non come bene ma come servizio: “La speranza”, ci ha detto, “è che nel tempo venga meno la necessità di comprare l’abitazione che finisce per essere – secondo le analisi economiche – un elemento di impoverimento sociale”.
Tommaso Trevisi – redazione di ecopolis