L’agroecologia di Terre del Fiume

Nel cuore del Basso Isonzo continua a crescere una piccola azienda che da tempo ha attirato l’attenzione per la qualità della sua azione.

 

Valentina Chiesura è la proprietaria di Terre del Fiume, un’azienda agricola che opera secondo i principi dell’agroecologia nella produzione di alimenti. Dal 2016, l’anno della sua fondazione, ad oggi, Terre del Fiume è diventata una realtà sempre più importante nel progetto di riqualificazione del Basso Isonzo. A luglio 2022 ha contribuito a impedire l’edificazione di un terreno che rappresenta uno dei polmoni più belli e nascosti di Padova per preservarne l’integrità ecosistemica, dando mostra d’altro canto di metodi di produzione non convenzionale, sostenibili e virtuosi. 

Valentina, quante produzioni avete ad oggi?
«Tantissime. A causa di questa estate prolungata, abbiamo ancora molte colture estive e abbiamo già tutto l’autunnale e in parte anche l’invernale. Dobbiamo far convivere produzioni di insalate, melanzane, pomodori insieme a zucche, radicchi, cavoli foglia, scarole in tutte le loro varietà, cosa che non abbiamo mai avuto prima. E’ del tutto anomalo. Ma è una nostra scelta avere una varietà importante, perché le nostre produzioni vanno al consumatore finale, senza avere intermediari».

Qual è stato il modo che avete adottato per impostare i campi?
«Siccome la falda del Basso Isonzo si trova abbastanza in alto, abbiamo dovuto studiare bene l’ambiente e le mosse necessarie. La prima cosa che abbiamo fatto è stato occuparci della gestione delle acque in termini di approvvigionamento dai pozzi, poi abbiamo rifatto il sistema dei fossi per il drenaggio delle acque dalla campagna. Un altro importante intervento riguarda la modalità di irrigazione delle nostre colture, che vengono bagnate a goccia in aiuole rialzate e coperte. Questo perchè la nostra volontà fin da subito è stata quella di avere un sistema di irrigazione che soddisfacesse due risultati fondamentali: il primo è limitare il consumo di acqua evitando la dispersione, il secondo è quello di ottimizzarne l’uso dandola direttamente alle radici e impedendo l’evaporazione. L’agricoltura deve evolversi e avere più rispetto nei confronti delle risorse idriche e rendersi conto che è una risorsa finita, a costo di rinunciare alla produzione di alcune culture dove la topografia non lo permetta, facendo un atto di coscienza attiva, adottando ragionevolezza nella gestione dei terreni». 

Cosa intende per agroecologia quanto si parla dell’attività che svolgete qui?
«Io ho una formazione di studi classici, e mi piace guardare l’etimo delle parole. Eco viene da oikos, casa, e parlare dell’ambiente come della propria casa è proprio quello che vogliamo fare. L’ecologia studia la complessità delle interazioni degli elementi di un ecosistema, elementi che possono essere gli animali, le piante, il suolo, l’acqua, il clima in tutti i loro intrecci. La nostra scelta di fare agricoltura è stato l’unico modo per rendere economicamente sostenibile la cura di questo territorio. L’agroecologia è infatti qualcosa di diverso: produrre cibo per l’uomo cercando di mantenere l’ecosistema integro anche nei suoi aspetti più selvatici, bilanciando dunque due pulsioni che vanno in senso opposto: il governo di un terreno per un fine antropico, lasciando al tempo stesso spazio alla naturalità. E’ un continuo lavoro di compromesso, di buona volontà e di capacità di rinuncia e di moderazione. Ma è l’unico equilibrio possibile se si vuole che un sistema agricolo stia in piedi». 

Al di là dell’attività agricola, qual è lo scopo che la vostra realtà vuole perseguire?
«Noi siamo partiti pancia a terra fin da subito e ci siamo trovati in poco tempo a gestire un lavoro più ampio della sola produzione e anche per questo più stimolante. Oltre alla parte di ecologia, oltre alla parte di produzione e vendita e all’inevitabile burocrazia, ci siamo impegnati molto sulla comunicazione proprio per una speranza di sensibilizzare anche altre realtà ed essere un progetto pilota, un case study. Abbiamo organizzato, insieme ai nostri soci di Terre Prossime, eventi per coinvolgere la popolazione, come piantiamo una siepe e abbiamo piantato 400 metri lineari di siepi campestri, o nasce un bosco, e abbiamo piantato diversi boschetti da 2000-3000 metri quadrati. L’anno scorso abbiamo organizzato un ciclo di passeggiate con esperti di diversi elementi dell’ecosistema del Basso Isonzo, per rendere più leggibile questo ambiente e decodificarne il paesaggio».
L’accesso ai campi è libero. Il terreno è senza recinzioni e aperto a tutti per lasciare entrare chiunque sia curioso di una gestione agricola innovativa. Visitatela!

Tiberio Moneta, Redazione Ecopolis