Ecosistema urbano è la “fotografia ambientale” scattata annualmente a tutti i capoluoghi italiani da Legambiente in collaborazione con l’Istituto Ambiente Italia.
I dati di Ecosistema urbano 2022 sono riferiti al 2021 e Legambiente in questo focus su Padova li compara col 2020. Due anni profondamente influenzati dalla pandemia e dalle restrizioni che hanno coinvolto tutti noi, servizi pubblici e scuole, mobilità e attività commerciali, produttive, culturali. Questo va tenuto presente nel valutare miglioramenti e peggioramenti di questi anni, come ad esempio l’avanzamento di Padova nella classifica generale: è 29esima, rispetto al 36simo posto della scorsa edizione.
I dati dei 18 indicatori ambientali – ottenuti grazie ai dati forniti da Comuni, Istat, Ispra e Aci (vedi documento in fondo all’articolo) – registrati nel 2021 e confrontati con il 2020 danno il seguente quadro: 8 migliorano, 4 peggiorano, 4 sono stazionari. Non vengono presentati 2 indicatori: quello sul consumo di suolo, perché viene fornito ogni due anni e quello sul verde urbano perché è cambiata la metodologia di rilevamento.
Da anni i dati di Ecosistema urbano indicano che serve un radicale ripensamento del modello della nostra città. Ma l’effetto domino della crisi climatica impone di non perdere più tempo. Lo hanno dimostrato questi ultimi mesi: il crollo della Marmolada, il moltiplicarsi di eventi meteorologici estremi, l’ondata di ozono favorita dall’estate torrida, la siccità che continua. Anche Padova deve fare la sua parte. La transizione ecologica nei capoluoghi c’è, ma è troppo lenta. Non mancano buone pratiche, invece manca quel radicale cambio di passo che impone l’emergenza energetica, ambientale e sociale.
Ad aprile Padova è stata inserita nell’elenco delle 100 città europee ammesse e finanziate dal progetto UE Mission Cities con l’obiettivo di azzerare le emissioni climalteranti della città entro il 2030. Tutt’altra storia rispetto ai piani nazionali che entro quella data si propongono di diminuire solo del 40% le emissioni. Complessivamente Padova e altre sette città italiane riceveranno 360 milioni di euro per avviare entro il 2023 i necessari interventi per la rigenerazione urbana, la mobilità sostenibile, la produzione di energia da fonti rinnovabili necessari per diventare “carbon neutral” nel 2030. Ma allora quel cambio di passo, di cui parlavamo, prima deve trasformarsi in passi da gigante. E’ importante l’impegno preso da Giordani di realizzare, in due anni, 100.000 mq di fotovoltaico nelle aree di pertinenza del Comune. A maggior ragione se si considera che dal 2013 il fotovoltaico installato su edifici comunali segna il passo. Decimale in più, decimale in meno, in questi 10 anni siamo rimasti fermi a poco più di 30 Kw ogni 1.000 abitanti, valore che comunque ci vede in testa alla classifica. Infine l’auspicio è che l’amministrazione favorisca la diffusione del solare tra i privati, ad esempio promuovendo le Comunità energetiche che iniziano a diffondersi in vari comuni italiani e sulle quali siamo ancora indietro.
Le altre principali urgenze di Padova riguardano il consumo di suolo, la rigenerazione urbana e il verde. Padova negli ultimi dieci anni ha consumato 2 milioni di mq di suolo. Le aree artificializzate nel 2021 sono arrivate al 49,6% della superficie comunale (fonte ISPRA). Siamo la città che ha divorato più suolo nel Veneto, che è la seconda regione più cementificata d’Italia dopo la Lombardia. Quindi va approvato subito e senza tagli al ribasso, il Piano degli interventi di Padova (PI), adottato dal consiglio comunale in aprile, che elimina più di 3 milioni di mq precedentemente destinati all’edificazione ed osteggiato da alcuni settori economici e da un fronte politico trasversale.
Il PI non salvaguarda solo il suolo, rigenera e riorganizza la città riportando servizi e attività commerciali di prossimità in tutti i quartieri. Inoltre la “ricuce” con un sistema organico del verde, reti ecologiche, aree e strade ciclo pedonali. Contestualmente bisogna mettere mano al Piano di Assetto Territoriale (PAT) approvato nove anni fa, che già allora era vistosamente sovradimensionato nelle previsioni demografiche e dunque in quelle di espansione edilizia. Finché resterà in vigore il PAT attuale, che è gerarchicamente sovraordinato al PI, saranno sempre possibili colpi di mano: nuovo mega magazzino dell’Alì a Granze docet.
La mobilità padovana, pur registrando un generale, lieve, miglioramento, è ancora un punto critico, anche per il conseguente inquinamento atmosferico. Il chilometraggio delle ciclabili, seppur consistente, stenta a crescere e soprattutto ancora non si vedono gli interventi di miglioramento qualitativo come la Bicipolitana, che sappiamo essere indispensabile per valorizzare una rete ciclabile che ambisca ad essere un’alternativa reale e sicura all’auto, oltre che capillare. In attesa del completamento del progetto Smart, il trasporto pubblico continua ad essere inadeguato e non è più tornato ai livelli pre Covid del 2019 per numero di passeggeri. Abbiamo troppe auto in circolazione (61 ogni 100 abitanti), le isole pedonali (seppur 11esimi in classifica) sono ferme da anni e i danni e i numeri riguardanti l’incidentalità stradale sono preoccupanti: serve un cambio di rotta. In questi ultimi mesi stiamo portando avanti diverse iniziative per chiedere e progettare più strade scolastiche, sicure, protette e “strafficate”, che esemplificano bene l’auspicato cambio di rotta.
Lucio Passi e Francesco Tosato, Legambiente Padova