Il Veneto è in ginocchio e piange i suoi boschi distrutti, ma se al dramma del territorio montano devastato si fosse aggiunto quello della pianura inondata il quadro sarebbe stato assolutamente catastrofico.
Invece, per pura fortuna, le intense piogge che hanno interessato la regione hanno avuto una soluzione di continuità, che ha permesso all’ondata di piena dei fiumi di passare senza rompere gli argini e provocare quella alluvione che pure era stata temuta.
Ricordiamo infatti che da fonti competenti era stata annunciata una situazione meteorologica simile a quella del 1966, che ha provocato un disastroso allagamento inferiore solamente a quello del Polesine del 1951.
La natura non perdona le azioni scriteriate che l’uomo compie nei suoi confronti e regolarmente presenta il suo conto sempre più pesante. I mutamenti climatici dovuti al surriscaldamento dell’atmosfera impongono a livello generale di rivedere le politiche di sviluppo economico, in particolare quelle che favoriscono l’emissione dei gas climalteranti che di tale surriscaldamento sono il fattore principale. Purtroppo assistiamo al negazionismo di alcuni tra i massimi attori della politica mondiale che continuano a privilegiare la crescita dell’economia a scapito della tutela dell’ambiente. Contro l’azione nefasta di questi soggetti è necessario che sia aumentata la consapevolezza delle popolazioni da parte delle varie organizzazioni internazionali e, più ancora, da parte delle moderne fonti di informazione e che sia divulgata capillarmente la positiva ricaduta sull’ambiente delle buone pratiche adottate dai paesi responsabili.
Se il problema della lotta ai cambiamenti climatici investe principalmente le politiche nazionali ed i protocolli internazionali, l’azione contro la fragilità idrogeologica del territorio può, e deve, essere d’iniziativa anche delle singole comunità ed in particolare delle Regioni a cui lo Stato ha delegato importanti funzioni in materia di gestione del territorio. La prima azione contro i possibili danni connessi alla fragilità idrogeologica è nota da tempo ed il suo nome è: prevenzione.
Le opere di prevenzione che la Regione Veneto ha finora messo in campo contro il rischio idraulico sono insufficienti per la messa in sicurezza del territorio, in particolare per quanto riguarda quello di pianura, che è tuttora a rischio di inondazione. Dopo la drammatica piena del 2010, che ha provocato allagamenti nelle province di Verona, Vicenza e Padova, dove il Bacchiglione ha rotto l’argine a Roncajette inondando i comuni di Casalserugo, Bovolenta e Maserà, la Regione, sotto la pressione di sindaci, associazioni e comitati, si è un po’ attivata arrivando anche a nominare come consulente l’Ing. Luigi D’Alpaos, professore emerito di idraulica presso l’Università di Padova.
Alcune opere sono state realizzate, come il bacino di laminazione di Caldogno, altre sono in corso, ma l’idrovia Padova-Venezia, che lo stesso prof. D’Alpaos ha dichiarato come indispensabile per la sicurezza idraulica del territorio veneziano e padovano, è ferma per mancanza di finanziamento.
Questa situazione di stallo, dopo che sono già stati approvati lo studio di fattibilità ed il progetto preliminare, è inaccettabile. Abbiamo sfiorato l’ennesimo rischio di inondazione e non è possibile attendere il prossimo evento calamitoso perché vengano trovati i soldi necessari al completamento dell’opera. La prevenzione serve proprio ad evitare di subire catastrofi ambientali i cui costi, come è nota da studi statistici, sono almeno cinque volte superiori a quelli necessari per la realizzazione delle opere di tutela. Se poi si viene a sapere (TG3 del 8/11/18) che l’Italia ha impegnato solamente il 3% dei fondi (quasi 2 miliardi di euro), che l’Unione Europea ha assegnato al nostro paese per opere infrastrutturali, ogni alibi viene a cadere.
È necessario individuare quali sono le opere infrastrutturali prioritarie per la messa in sicurezza del territorio ed essere in grado di gestire con competenza e celerità gli aspetti burocratici per utilizzare le risorse finanziarie che già esistono, sapendo che per tali interventi, qualora proprio non ci sia capienza all’interno dei bilanci pubblici, è ben più facile ottenere credito dall’Europa, anche in termini di sforamento dei limiti di bilancio, rispetto ad altri programmi.
Lorenzo Cabrelle – Legambiente Padova
In aggiunta a quanto scritto dall’arch. L. Cabrelle informo i lettori del fatto che ho saputo che il M5S Veneto , grazie a qualche parlamentare grillino torna , come nel gioco dell’oca, al punto di partenza, ….ovvero a ridiscutere l’utilità dell’idrovia. ….ma solo tra un mese e tra i vertici del partito.
I 5S di Mira fanno muro e i suoi deputati lo spalleggiano.
La cosa è ridicola, non solo perchè in questo frattempo il Cons. Reg. approverà una legge finanziaria 2019 , dove è probabile che NON venga inserita la spesa per il progetto definitivo-esecutivo del canale, ma perchè non si capisce come mai la base grillina regionale non pretenda venga indetto un referendum online tra gli iscritti del Veneto.
Quante alluvioni deve aspettare ?
Temo che quella perdita di tempo possa tramutarsi in una delle solite scuse di “impotenza” . Quelle che poi vengono propinate ai loro sprovveduti sostenitori,….quando i vertici grillini a Roma gli dicono che è “troppo tardi per intervenire e le procedure sono andate troppo avanti” . Non è forse andata così per : Pedemontana veneta, ma anche Tap, Muos….e forse Tav-Corridoio 5?
CAro Cabrelle , io solleciterei quel partito a indire SUBITO un referendum ristretto agli iscritti (meetup) …e che ognuno si assuma le sue responsabilità.
Ora che sono al Governo non avrebbero scuse . Si assumano le loro !!
Bye