La protesta non è un reato

Ancora misure intimidatorie nei confronti degli eco-attivisti di Ultima Generazione. Quando la cultura democratica è debole, non rimane che la repressione

Un anno fa aveva suscitato grande clamore la formulazione dell’ipotesi di reato di associazione a delinquere per il gruppo locale padovano di Ultima Generazione, in merito alla quale avevamo espresso le nostre forti perplessità, recentemente archiviata dalla Procura stante l’assenza dei presupposti per un’incriminazione che se confermata avrebbe portato ad una pena fino a sette anni di reclusione.
Nei giorni scorsi però si è nuovamente diffusa una certa incredulità di fronte alla notizie delle perquisizioni da parte delle forze dell’ordine alle abitazioni dei giovani eco-attivisti di Padova, colpevoli di aver provato a eseguire un’azione di protesta non violenta in un museo cittadino, e nella quale un giornalista locale fu addirittura trattenuto in questura per diverse ore.

Ancora una volta la risposta alla denuncia della crisi climatica espressa, lo ricordiamo, in maniera non violenta, sembra essere l’intimidazione e la repressione. Ancora una volta il contenuto passa in secondo piano rispetto alla forma.
Nello stesso anno e Paese in cui migliaia di trattori hanno invaso le strade di tutta Italia per richiedere il giusto trattamento economico del lavoro agricolo ma anche qualche deroga alle direttive di tutela ambientale, su cui nessuno si mai permesso di sollevare critiche alla forme di protesta, quando si tratta di qualche eco-attivista che anche solo prova ad entrare in un museo o si permette di colorare l’acqua di qualche canale, scattano perquisizioni e pesantissimi daspo urbani.

Non è bastata la pandemia da Covid-19 a farci toccare con mano i rischi di fenomeni globali lungamente prevedibili, limitabili con misure di prevenzione e un sistema più resiliente (quando si parla di adattamento e mitigazione), a ricordarci dell’importanza della salute come diritto primario e collettivo. Anche per la crisi climatica e ambientale sembra che l’intenzione generale sia affidarsi a misure perlopiù emergenziali, ignorando scientemente gli studi dell’IPCC e il contributo del mondo ambientalista, scomode “cassandre” che intralciano i fautori del business as usual.

La repressione e l’intimidazione in risposta alle azioni non violente degli eco-attivisti di Ultima Generazione e non solo, sono la cartina tornasole di un Paese che non si sa più misurare con il dissenso civile.

In un periodo storico caratterizzato da forti instabilità geopolitiche e dal susseguirsi di crisi, economica, pandemica, ambientale, sociale e demografica, che colpiscono duramente anche l’Italia, mai come ora servirebbero risposte sistemiche a problemi complessi, spesso interconnessi, per garantire coesione sociale e tutela ambientale. Fingere di non vederli e criminalizzare coloro che non fanno altrettanto, non farà che acuire le difficoltà che già oggi viviamo.

Francesco Tosato, Presidente Legambiente Padova