Estate. Tempo di viaggi. Ma cosa vuol dire oggi viaggiare?
È la grande domanda che anima un libro piccino nelle dimensioni, ma sublime nelle tematiche affrontate: Il richiamo della strada. Piccola mistica del viaggiatore in partenza di Sebastien Jallade (ediciclo editore, 2009) ci accompagna in 90 pagine, dotate di un respiro profondo e filosofico, a scoprire la valenza simbolica del viaggio.
Se gli esploratori di una volta partivano per scoprire nuovi territori vergini a cui attribuire un nome, i viaggiatori di oggi si mettono in cammino per costruire la propria toponomastica personale e arricchire la propria identità. “Il cammino diventa lo scenario. Gli incontri i nodi dell’esistenza, che aprono altre direzioni possibili, altri desideri, altre relazioni, come una storia con mille sviluppi possibili”. E il focolare? È il punto di partenza e di ritorno, un epilogo atteso in cui il narrare ciò che si è visto e ascoltato diventa sublimazione di un vissuto sperimentato sulla propria pelle.
Il viaggio dunque non come finestra o digressione che “intralcia” la nostra vita, ma come “necessità” che risponde a una costante antropologica, indispensabile all’essere umano: “la ricerca del meraviglioso, la necessità di lasciare il calderone della cultura delle parole e delle idee per confrontarsi con lo spazio“. Il viaggio come atto fondante e creativo perché ogni forma di creazione e di pensiero nasce dal confronto con l’ignoto. “Il canto delle partenze” diventa dunque un atto che rivela tutta la nostra sensibilità e umanità. Dentro ogni viaggiatore che si mette in cammino abita “una poesia intima, una volontà deliberata di sperimentare sulla propria pelle le possibilità che si accendono al margine di identità sedentarie”. La parola utopia viene interpretata alla radice stessa dal viaggiatore moderno. Sperimentare un “fuori luogo” per abbracciare il mondo a piene mani: “lontano dal brusio delle sue origini e delle sue certezze, il viaggiatore parte per osservare, per forgiare l’intensità del suo spirito critico“.
“Partire” come contraltare dell’ingenuità e della fuga. Partire per confrontarsi con il mondo: è come “strappare alla geografia una particella originale di verità“, cercare una nuova relazione con gli altri. Costruire sguardi sul mondo, in modo empirico e diretto, attraverso un “sapere forgiato dal prisma del vissuto”.
In quest’ottica viaggiare non è la ricerca di un luogo, ma di un cammino. Ed è la partenza che diventa una conquista. La tensione è “la ricerca dell’altro” in una mistica dell’incontro che rende il viaggiare un atto profondamente umano.
Una poesia del viaggiare da sperimentare durante le nostre vacanze, indipendentemente dal luogo in cui andremo durante questa nostra estate: tornare con un “corpo-anima” capace sempre di mettersi in cammino come (o anche fuor di metafora, qui) “a dorso di un asino” per continuare a gustare, dolcemente e lentamente, la bellezza di ogni incontro che il nostro ambiente e il nostro mondo ci può donare.
Chiara Sallemi