Il Governo dichiara lo stato di emergenza per i PFAS: cosa succede ora

Mercoledì 21 marzoPfasmappa, il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo stato di emergenza per i PFAS in Veneto, che vedrà la conseguente nomina di un Commissario.

La decisione del Consiglio comporterà il commissariamento della gestione dell’emergenza PFAS, che coinvolge l’area compresa tra le province di Verona, Vicenza e Padova. Il Commissario si troverà a seguire, tra le altre cose, il progetto di messa in sicurezza degli acquedotti, finanziato

in parte dal Ministero dell’Ambiente (con 56 milioni) e in parte dalla Regione Veneto (con 40 milioni). Altri 24 milioni verranno messi a disposizione del Commissario.

L’inquinamento da PFAS (le sostanze perfluoroalchiliche) è un tema ben noto ai lettori di Ecopolis. Si tratta di sostanze comunemente usate come impermeabilizzanti, per via delle loro caratteristiche idrofobiche. Vengono utilizzate nella concia delle pelli, nel trattamento dell’abbigliamento tecnico e nelle padelle antiaderenti, solo per citare alcuni casi.

Legambiente Veneto accoglie con favore la notizia dell’azione del Consiglio dei Ministri, sottolineando come il Governo abbia risposto, pur sottolineando i lunghi tempi di attesa che gli sono stati necessari per prendere una decisione: l’Associazione ricorda infatti, in un comunicato stampa emanato per l’occasione, che la richiesta per la nomina di un Commissario era già stata avanzata sei mesi prima.

Secondo Legambiente il commissariamento è stato un atto necessario, dato il continuo rimpallo di responsabilità tra i vari enti che ha contribuito solo a rallentare i tempi decisionali e operativi.

Già nel 2013 Legambiente Veneto con il coordinamento Acqua Libera da PFAS avevano sollevato il problema segnalato da una ricerca del CNR, in cui si registrava la presenza di sostanze nelle acque del Veneto.

Legambiente ha espresso inoltre la speranza che il Commissario (non ancora nominato) prosegua il buon lavoro già iniziato dall’attuale direttore di ARPA Veneto Nicola Dell’Acqua, il quale fino ad oggi ha coordinato il tavolo di lavoro pur non avendo alcun potere straordinario.

L’auspicio inoltre è che venga data priorità ad una fase operativa iniziale che sposti le prese dell’acquedotto e si impegni a dare tempi e modalità certe per la fase di caratterizzazione e bonifica della maggior fonte dell’inquinamento. ARPAV stessa la individua nello stabilimento della Miteni di Trissino (VI).

La preoccupazione di Legambiente è che quest’ultima fase venga messa in secondo piano e che gli sforzi vengano indirizzati a contrastare gli effetti dell’inquinamento e non per mettere in sicurezza la fonte stessa della contaminazione.

Il problema è che, fino ad ora, il fenomeno dell’inquinamento da PFAS è stato trattato prevalentemente dal punto di vista sanitario, piuttosto che ambientale. I rischi per la salute pubblica sono ovviamente noti: i PFAS sono interferenti endocrini. Gli effetti sulla popolazione includono ipercolesterolemia, disturbi tiroidei, alterazioni dei livelli di glucosio nel sangue e problemi di fertilità e gestazione.

Tale contaminazione, come riportato dal rapporto di ARPAV del marzo 2018, la si trova anche nei fiumi Bacchiglione, Piovego e Battaglia ed è riconducibile alla falda drenata direttamente o indirettamente dal reticolo idrografico.

Nonostante i tempi dilatati e i problemi amministrativi, il segnale del Governo è positivo. Resta da vedere quale sarà il nome del Commissario responsabile. Ad oggi, infatti, non c’è ancora una nomina ufficiale.

È inoltre indispensabile applicare subito la legge sugli Ecoreati, che prevede fino a 15 anni di reclusione, la confisca dei beni degli inquinatori e la responsabilità giuridica dell’aziende.

Redazione ecopolis