La legge regionale sul consumo di suolo è stata pensata e ideata con un obiettivo mediaticamente formidabile: convincere i Veneti, autonomisti “par i schei” e “indifferenti” al futuro del loro ambiente, che il problema della “cementificazione devastante” del Veneto sia stato risolto.
Non è così, e dire che “la montagna ha partorito un topolino” è già riconoscere dei meriti ad una legge fatta a più mani: governatore, giunta regionale, sindaci e assessori di tutte le forze politiche (il cemento li accomuna), commissioni edilizie ed esercito di professionisti che gravitano nei Comuni con appalti e consulenze. Tutti, consapevolmente o meno, al servizio della “rendita fondiaria”.
In una regione devastata il cui territorio è ormai un continuum edificato, dove la frammentazione di capannoni e case disseminati senza regole e il dedalo di strade, che percorrono le stesse direttrici talvolta sovrapponendosi l’una dall’altra, hanno irrimediabilmente compromesso il paesaggio, non servono i rapporti Ispra per capire gli effetti del fenomeno del consumo di suolo.
Le criticità della legge sono riassumibili essenzialmente in quattro punti:
1) Dei 21.323 ettari nelle mire della pianificazione urbanistica dei 541 comuni del Veneto, applicando il fattore di riduzione pari al 40% della legge sul suolo, ne resterebbero consumabili 12.793 ettari, suddivisi in 400 ettari/l’anno per 32 anni, per arrivare a zero nel 2050. Questo fa dire agli estensori della legge che in Veneto l’incremento sarebbe dello 0,17%, quindi inferiore alla media nazionale stimata dello 0,22%. Ma lo 0,22% è riferito all’incremento nel periodo 2015-2016, mentre lo 0,17% è l’obiettivo che si propone di raggiungere la Regione da qui al 2050; inoltre nei 400 ettari all’anno non sono conteggiati, rispetto alle rilevazioni dell’Ispra, gli ettari consumati per infrastrutture, opere pubbliche e di interesse generale, attività produttive, cave ed edificazioni civili e industriali nell’”area urbanizzata consolidata”.
2) Non si tiene conto che il suolo consumato in Veneto è al 12,21% contro la media nazionale del 7,64% e la media europea del 4,3%. Dati che avrebbero dovuto far riflettere quantomeno sulla necessità di una moratoria prima di procedere ad ulteriori espansioni edilizie. In Italia ci sono circa 7 milioni di case vuote e nel solo Veneto ben 1363 aree produttive con 1940 capannoni dismessi. Un dato estremamente negativo che stride con la deroga al conteggio di consumo di suolo per ulteriori espansioni produttive commerciali e industriali.
Il consumo di suolo pro-capite in Veneto (Ispra) è di 455 mq per abitante a fronte dei 378 mq della media nazionale. In tutta la Regione, 240 comuni su 541 sono sopra il 15% di consumo di suolo e addirittura 23 comuni sono sopra il 30%: Padova in testa con il 49,2%. Nonostante questo al Comune vengono assegnati ulteriori 353 ettari.
3) La legge prevede il monitoraggio e la eventuale revisione delle quote, il che si traduce nella possibilità di aumentare la quantità di ettari/anno a seconda delle richieste.
4) Non si richiede ai comuni di fare un censimento degli edifici inutilizzati e, all’interno degli “ambiti urbanizzati consolidati”, si prevede l’occupazione degli “spazi liberi interclusi”, in deroga alle limitazioni di consumo di suolo. Si trascura così il ruolo fondamentale del “suolo libero” nel contrasto al dissesto idrogeologico, nonché i benefici in termini di qualità dell’aria, microclima, biodiversità, benessere e qualità della vita e del paesaggio urbano.
Il Veneto tutto questo non se lo può più permettere. È necessario far rivivere spazi di vita e di lavoro in vecchi edifici inutilizzati, garantendo alla comunità superfici libere: naturali, seminaturali, agricole. Anche l’avvio di nuove attività produttive deve trovare soddisfacimento a livello sovracomunale, in cubature industriali e commerciali in disuso, dando un senso all’individuazione di “ambiti sovracomunali omogenei”. Il campanilismo e il localismo dei sindaci hanno finito per accentuare il consumo di suolo e la delibera della Giunta regionale continua su questa pessima strada.
Le forze di opposizione in Regione, dovrebbero, su questo tema, superare divisioni e partigianerie e fare fronte comune. Il ruolo della politica è anche quello di “educare” e “istruire” i cittadini, la cui indifferenza verso “l’universalità ecologica” del suolo può essere scalfita solo da una politica appassionata e consapevole per la tutela dei beni comuni.
Testo liberamente tratto da una lettera di Dante Schiavon, “angelo del suolo”.
a cura di Elena Coppola – redazione ecopolis
Il dato del consumo di suolo a Padova del 49% è un dato usato in modo falso e quindi strumentale: la percentuale di edificato di una città è commisurata all’estensione della sua superficie comunale. Negli anni ’30, quando la maggior parte delle città italiane accorpavano a sé le località contermini, Padova, in controtendenza, non lo fece. In questo modo Padova risulta essere uno dei comuni italiani meno estesi. Quindi il dato che viene continuamente strumentalmente sbandierato da Legambiente Padova è un dato non obiettivo e che non fa i conti con la poca superficie che Padova ha a sua disposizione. Questo atteggiamento, portato anche ad alti livelli di controllo dell’urbanistica padovana (capo settore), ha portato ad una aberrazione nello sviluppo spostando nei comuni contermini la maggior parte dello sviluppo edile-abitativo e non: una vera e propria ‘losangelesizzazione’ del territorio. La responsabilità politica, culturale, e ambientale di questo è ampia e profonda oltre al fatto che non è ancora stata purtroppo bene attribuita. Tra l’altro approciandosi allo sviluppo edilizio di una città (di una città, e non della campagna) nel modo descritto da questo articolo di Legambiente Padova, città quali Parigi, Londra, Berlino, Amsterdam, New York e tante altre, che noi spesso visitiamo nei nostri viaggi e che ci colpiscono per il loro dinamismo e la loro ‘bellezza di città’ non si sarebbero mai potute sviluppare e dimensionalmente realizzare: CHE LA CITTA’ FACCIA LA CITTA’, e che la campagna faccia la campagna.
Ciao Nadia, gli europei non hanno nessun bisogno del permesso di soggiorno, se continuano a farti storie stampa le leggi che ho indicato dal sito Leginews e portale con te. Per i figli in Francia non vige il diritto di suolo, se i genitori sono entrambi stranieri anche i figli lo saranno.