Vivere senza dimora

Chi sono i senza dimora? Di cosa hanno bisogno per uscire da una condizione così difficile? Uno studio realizzato durante il lockdown ci aiuta a capirli un po’ di più.

 

Sembra un ossimoro ma per i senza dimora dover star chiusi è davvero complicato. lo si è verificato la primavera scorsa durante il lockdown quando la necessità di dare una risposta ai bisogni di queste persone da parte del Comune e delle associazioni che se ne occupano ha portato a Casa Arcella, una esperienza di accoglienza notturna e diurna che ha stimolato nuovi percorsi di inserimento sociale per le persone in situazioni di grave emarginazione.

Casa Arcella, ha accolto più di cento ospiti e oltre dare sostegno, l’esperienza è stata vista come un’opportunità da non sprecare per comprendere i bisogni delle persone di strada e per individuare percorsi di integrazione oltre l’emergenza e così uno dei frutti del percorso del tavolo “Povertà e nuove emarginazioni” di Padova capitale europea del volontariato 2020 è la ricerca 2020: Vivere senza dimora a Padova, curata dal Dipartimento di psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’Università degli studi di Padova.

La ricerca è la prima del suo genere a Padova perché indaga in particolare gli aspetti qualitativi del sistema di accoglienza e dà voce sia alle persone senza dimora – ne sono state intervistate 156, circa la metà di chi vive in strada a Padova – sia ai volontari e agli operatori di 16 organizzazioni del Terzo Settore che operano in questo ambito.

Obiettivo dello studio è conoscere in quale situazione abitativa e di salute vivono le persone che accedono ai servizi e quali sono le loro risorse: conoscenza utile per poi approfondire punti di forza e di debolezza del modello organizzativo dellEmergenza Freddo nel Comune di Padova. Una volta raccolti i dati, l’obiettivo è quello di proporre miglioramenti nell’organizzazione del lavoro e nella rete dei servizi coinvolti.

«Le settimane di lockdown hanno rappresentato una opportunità per vedere nel concreto nuove modalità di pensare all’accoglienza. Come emerge anche dal rapporto, oltre all’emergenza, risulterà cruciale valorizzare il momento di accompagnamento di queste persone verso un futuro di autonomia grazie all’attivazione di reti di prossimità» spiega Mirko Sossai, coordinatore del Tavolo povertà e nuove emarginazioni.

I dati sono stati raccolti nel periodo maggio-luglio 2020 ed è emerso che la maggior parte delle persone intervistate è di genere maschile (86,5%); letà media è di 50 anni e la fascia d’età oscilla dai 17 ai 73 anni. Il 57,4% dichiara di essere celibe/nubile, il 12,9% è coniugato/a, il 27,7% separato/a o divorziato/a. Il 58,4% dichiara di non avere figli.

Gli italiani sono il 45,2% e il 40,6%  è nato in un Paese Extra UE; il 51,3%  è in possesso del proprio passaporto e solo l’11,6% di questi sono nati in Italia. Tra le persone straniere, il 63,5% possiede il permesso di soggiorno: è valido per l’81,5% e per le altre è scaduto o in scadenza. Il 15,3% dichiara che non ce l’ha ma non gli serve, mentre 21,2% non ce l’ha ma gli servirebbe.

Riguardo al titolo di studio, la maggior parte degli intervistati ha la scuola dell’obbligo (52,3%), il 26,5% un diploma di scuola superiore, il 7,7% una qualifica professionale e il 3,2% una laurea.

Il 14,1% dichiara di non aver alcuna copertura sanitaria; l’82,7% di non avere un lavoro ma il 93,5% possiede competenze lavorative in diversi ambiti; il 74,4% percepisce una qualche forma di entrata economica come il reddito di cittadinanza o dei sussidi e il 17,3% dichiara di non avere nessuna entrata economica. L8,3% vive di elemosina e il 69,2% dichiara di non aver alcun sostegno da altre persone oltre ai servizi sociali.

È stato chiesto ai partecipanti di indicare quali servizi utilizzavano in città prima dell’emergenza per Covid-19 della primavera scorsa: le Cucine economiche popolari sono le più frequentate, mentre i meno frequentati sono il Ser.D e il consultorio. Sono anche stati segnalati: “l’Armadio del povero”, la Croce Rossa, i frati Cappuccini, la Cosep (programma Ado), il centro “la Bussola”, la Questura.

Le organizzazioni partecipanti allo studio sono: Comune di Padova- Settore Servizi Sociali, Dipartimento per le Dipendenze, Associazione Elisabetta D’Ungheria, Associazione Avvocato di Strada, Caritas Diocesana, Comunità di Sant’Egidio, Comunità Papa Giovanni XXIII, Croce Rossa Italiana, Associazione Noi sulla Strada, Cooperativa Cosep, Fondazione Nervo Pasini- Cucine Economiche Popolari, Cooperativa Gruppo R, Cooperativa Co.Ge.S., Cisom- Corpo Italiano di Soccorso Ordine di Malta Italia- Gruppo di Padova, Associazione Medici in strada, Cooperativa Lunazzura, Cooperativa Officina Sociale.

Redazione Ecopolis