Padova urbs picta e la cultura 3.0

Co-progettare con la cultura per lo sviluppo della città: l’esempio della candidatura di “Padova urbs picta” a patrimonio dell’Umanità.

 

Lo stato di crisi che il mondo sta affrontando ha fatto slittare e spostare molti appuntamenti importanti. Padova nel 2020 attendeva che venisse battuto il martelletto per sancire il riconoscimento a Patrimonio Mondiale dei cicli ad affresco del Trecento, la Padova Urbs picta. Un percorso di candidatura iniziato circa sei anni fa, e che dopo un percorso di partecipazione e condivisione doveva concludersi quest’anno alla 44esima sessione del World Heritage Committee a Fuzhou in Cina. Tutto però si è fermato fino al 2 novembre, quando il Comitato del Patrimonio Mondiale si è riunito, in una sessione straordinaria e ha deciso di tenere una 44a sessione estesa nel periodo giugno/luglio 2021 sempre a Fuzhou, dove sarà esaminata anche la candidatura di Padova Urbs picta. Questo è un segno importante per il progetto che la nostra città ha realizzato, un esempio di co-progettazione in ambito culturale, che ci indica anche come dovremo ripensare il fare cultura per il futuro.

Giorgio Andrian, project manager della candidatura di Padova Urbs picta, ci racconta questo percorso:

«La cultura è un (eccezionale) laboratorio sociale, o non è.  Pensarla come un settore da addetti ai lavori significa negare alla cultura il suo enorme potenziale: quello di contribuire al benessere, individuale e collettivo, di favorire la coesione sociale e di stimolare la creatività e l’innovazione. Questo periodo di pandemia, semmai ci fossero stati dei dubbi, ce lo ha dimostrato con disperata prepotenza. Questo era già stato il messaggio – per chi è stato attento a coglierlo – del 2018 Anno Europeo del Patrimonio Culturale: farci capire – paradossalmente a noi italiani in primis –  che la fruizione del nostro patrimonio culturale deve servire prima di tutto a farci stare meglio, come individui e come collettività.

Questo è confortato da un crescente numero di studi medici che stabiliscono delle correlazioni positive tra la fruizione culturale e il miglioramento delle condizioni psico-fisiche delle persone. Proprio a Padova vengono portate avanti delle sperimentazioni mediche, come quelle condotte dal Prof. Gabelli dell’Azienda Ospedaliera Universitaria, sulla terapia contro il decadimento cognitivo degli affetti da Alzhaimer, tramite la visita ai musei.

Ma ancor più, la fruizione del nostro patrimonio culturale deve essere organizzata per andare oltre la mera visita passiva ai luoghi e alle testimonianze del passato; e diventare un occasione per favorire la coesione sociale. Lo abbiamo riscontrato anche noi – pur senza riuscire a misurarlo scientificamente – tra i tanti partecipanti alle molte iniziative aperte al pubblico che abbiamo organizzato, soprattutto negli ultimi due anni di attività della candidatura UNESCO, quando ci siamo occupati della preparazione del Piano di Gestione.

Lo abbiamo riscontrato chiaramente in occasione di eventi particolarmente inclusivi e dinamici che abbiamo organizzato; uno per tutti la ‘Bicipicta’ in collaborazione con Legambiente di Padova, in occasione della Giornata Europea della Mobilità Sostenibile. In quella domenica persone di diverse età e provenienze hanno condiviso una giornata di visite guidate ai siti candidati spostandosi tra uno e l’altro con la propria bicicletta e sperimentando una modalità di condivisione dell’esperienza ‘on the road’.

Ma la vera ‘frontiera’ della ‘cultura 3.0’,  vale adire la fase che stiamo vivendo in questi anni, come  ci insegna il prof. Sacco, è quella della co-creazione culturale. Il nostro patrimonio culturale non è il nostro ‘petrolio’, metafora semplicistica ed errata, bensì una fonte inesauribile – un ‘sole’ energetico –  di ispirazione per la nuova creazione culturale. Aver prodotto una rinnovata narrazione del Trecento, un secolo cosi importante per la storia di Padova, che riflette quali sono stati gli elementi che l’hanno resa una capitale culturale del tempo, vale dire: contaminazioni tra artisti, innovazione nelle committenze, tessuto sociale civico molto sviluppato,  ci hanno aiutato adesso a ‘rilanciare’ quel messaggio, pensando al futuro più che al passato.

E’ stato bellissimo vedere giovani – senza il coinvolgimento dei quali non si può parlare di sviluppo – confrontarsi con l’ispirazione dei maestri del Trecento: dalle scuole che hanno aderito, ad esempio, al progetto ‘E’ nata una stella’ (promosso da IRECOOP) che hanno fatto simulazione di impresa sociale a base culturale, a Zephyros e Calicanto, i musicisti che hanno suonato all’interno dei luoghi candidati restituendo delle emozioni mai provate prima.

In sostanza, l’enorme capitale sociale di questo percorso è il vero valore aggiunto di una candidatura UNESCO. Adesso si tratta di continuare su questa strada, allargando l’approccio a tutta la storia della città e coinvolgendo tutti i suoi abitanti, vecchi e nuovi, per far tornare Padova una capitale culturale in versione moderna. Ce n’è per tutti e ha il sapore del bello che deve ancora venire».

Giorgio Andrian, Project manager