Negli ultimi anni sono state realizzate 5 nuove rotatorie a Padova, oltre il fagiolo della Stanga, lungo la circonvallazione ovest, nel tratto da via Bronzetti a viale Codalunga. Purtroppo pensate e realizzate male, almeno per quanto riguarda la sicurezza delle categorie deboli: pedoni e ciclisti.
Storia amara, visto che un tempo la città si è distinta per la progettazione di rotatorie, con grande attenzione all’incolumità dei più deboli e a strategie uniformi di moderazione del traffico, che senza annullare del tutto i pericoli, li riducevano al minimo.
Tali accorgimenti, che richiedono investimenti, sono stati precisati nel Piano del Traffico del 2004 e poi nel BiciMasterPlan del 2009: piastre e penisole rialzate, isole spartitraffico, segnaletica di precedenza per pedoni e bici (es. i quadrotti). Da anni invece sembra che si proceda a tentoni, ogni volta inventandosi una soluzione differente, mescolando criteri un tempo riservati a vie di quartiere ed ora adottati in quelle ad altro scorrimento o dimenticando la segnaletica prevista dal codice.
In un lungo dossier (si può leggere qui) del gruppo bici di Legambiente vengono analizzate alcune delle rotatorie, si fotografano i problemi e si propongono soluzioni per il loro adeguamento.
La prima in esame è quella di via Buonarroti angolo via Guicciardini, all’Arcella. È un fagiolo piccolo, dove Bitonci sperimentò ciò che poi si fece alla Stanga, commettendo errori ed omissioni madornali: nessuna segnaletica per i ciclisti, che letteralmente non sanno che strada prendere (i più anziani e prudenti li troverete sui marciapiedi); cancellazione – mal riuscita – a colpi di bitume della pista ciclabile, così da lavarsi le mani del problema. Oggi, con l’inaugurazione – dopo 18 anni! – della ciclabile che unisce via Antonio da Murano con via Ansuino da Forlì, i flussi aumenteranno per cui urgono nuove soluzioni.
Anche il recentissimo sistema a tre rotatorie di viale Codalunga tiene poco in considerazione i ciclisti e pedoni. L’errore più macroscopico è stato fatto sul lato del liceo Marchesi dove, per ricavare 18 posti auto (in aggiunta ai 25 sul lato opposto) è stato trasformato un marciapiedi in un tratto promiscuo pedoni+bici, senza considerare i flussi degli studenti (del Marchesi e dell’Einaudi), la presenza di plateatici e di numerosi pali, paletti e cartelloni pubblicitari.
Anche altri standard di sicurezza sono stati violati: ricordiamo su tutti il non aver interdetto la sosta alle auto in prossimità di 3 punti di attraversamento ciclo-pedonale. Anziché trovare penisole alla francese troviamo appositi stalli per auto (sigh!). Le proposte su come intervenire sono nel dossier.
Spostandoci su via Bronzetti troviamo altre due rotatorie, piene di difetti. La prima è quella ai piedi del cavalcavia Dalmazia, che risale al 2010 e che nel corso degli anni è andata peggiorando. Tutto il flusso delle due ruote si trova sul lato delle mura: da nord chi arriva dalla stazione procede in via Sarpi – chiusa alle auto – mentre chi fa il cavalcavia ha un’unica ciclabile percorribile, visto che l’altra, pur realizzata, non è servibile. Quindi tutti su un solo lato e cosa succede una volta oltrepassata la rotatoria in direzione Porta Trento? Si deve attraversare in curva, in un punto cieco dove i veicoli stringono la traiettoria invadendo spesso la pista ciclabile. Ad attendere gli audaci sull’altro lato della strada 3 cassonetti posti proprio sulle strisce ciclo-pedonali!
Per finire l’ultima, la nuova rotatoria in via Bronzetti per Montà, inaugurata a settembre 2017, ma che ha dovuto attendere 6 mesi per vedere disegnate le strisce. Anche qui l’attraversamento ciclopedonale è posto in curva, sono stati inoltre cancellati 150 metri di ciclabile pre-esistente, si è dimenticato di dotare di attraversamento l’asilo di rione e chi arriva da Montà in bici è costretto allo slalom fra pali, paline e paletti in via Sambin, che neanche Tomba nei giorni migliori ne trovava così tanti lungo le sue discese. Anche in questi due casi varie soluzioni sono avanzate nel dossier.
Per tutti questi motivi lo sforzo di Legambiente al tavolo della BiciPolitana è stato prima di tutto proporre standard di qualità da adottare nella progettazione di nuove infrastrutture ciclabili (e per correggere gli errori del passato). Fluidità, sicurezza e continuità devono essere il caposaldo del futuro ciclabile. Altrimenti non stupiamoci se da 15 anni la percentuale di ciclisti urbani è inchiodata al 16-18% nonostante i 168 km di percorsi realizzati, mentre altre città in Italia ed Europa si godono i titoli (e soldi) di capitali della bicicletta.
Gruppo bici Legambiente Padova
Sono pienamente d’accordo sulla necessità di mettere in sicurezza i ciclisti. Tuttavia dovrebbero essere controllati e sanzionati i ciclisti che NON usano percorsi ciclabili nelle rotonde e nelle vie di scorrimento!!!!!!! Grazie Paola f