Una parte consistente di quello che dovrebbe diventare il Parco Agro-paesaggistico metropolitano sta per essere svenduta: 37.000 mq nel cuore del polmone verde padovano rischiano di diventare edifici ad uso privato.
Ma c’è una speranza, ed è nelle mani del Sindaco.
Sino agli anni Novanta le aree del Basso Isonzo erano vincolate dal Piano Regolatore Generale (PRG) di Padova alla realizzazione di un grande parco urbano, per il quale venne anche redatto un progetto preliminare da parte degli architetti Roberto Gambino, Paolo Castelnovi e Federica Thomasset, tra i più prestigiosi paesaggisti italiani.
Aree, quelle del Basso Isonzo, ancora in larga parte utilizzate a fini agricoli, incuneate tra i quartieri residenziali della prima periferia urbana, miracolosamente sopravvissute all’alluvione edilizia dei decenni precedenti.
Di fatto il più importante polmone verde della città, strettamente connesso al fiume Bacchiglione, una delle infrastrutture verdi essenziali per la formazione di una effettiva rete ecologica a scala urbana e territoriale.
Purtroppo la Variante al PRG degli anni Duemila, introducendo i meccanismi della cosiddetta “perequazione urbanistica”, ne ha cancellato il disegno unitario ed ha previsto la possibilità per i proprietari delle aree di edificare consistenti cubature edilizie quale contropartita alla cessione di una parte dei terreni, da destinare a fini pubblici (non necessariamente a verde pubblico).
Un primo accordo perequativo con un proprietario privato è già stato posto in essere proprio all’interno di quest’area, e se ne possono constatare gli effetti: una nuova strada e un mini-villaggio recintato, di discutibile qualità urbana e con molte abitazioni invendute (pur essendo state pubblicizzate come “ville nel parco”).
Ma un impatto decisamente maggiore e più preoccupante potrebbe avere la nuova lottizzazione prevista sulle aree poste in vendita dagli Istituti Riuniti di Assistenza (AltaVita IRA – ex Istituto Riposo Anziani): un’ente, va ricordato, di diritto pubblico. Un’operazione speculativa che su di un’area di quasi 37.000 mq, proprio nel cuore di quello che potrebbe divenire il Parco del Basso Isonzo, consentirebbe l’edificazione di una serie di fabbricati in linea per complessivi 30.020 mc (circa una settantina di alloggi), richiedendo ovviamente anche nuove infrastrutture viarie.
In realtà, AltaVita IRA, dopo aver ottenuta l’approvazione nel 2009 di un apposito Piano Urbanistico Attuativo (PUA) e dopo aver sottoscritto una apposita convenzione con il Comune, ha tentato più volte di vendere all’asta le aree, con un prezzo a base d’asta che dal 2010 ad oggi – essendo andate deserte le gare – è calato dagli 8,7 milioni iniziali ai 3,5 milioni attuali. Andata deserta anche l’ultima gara del 10 novembre scorso, sembra sia intenzione dell’ente procedere ad una vendita diretta a trattativa privata ad un prezzo inferiore: una trattativa che risulterebbe già avviata con una nota impresa immobiliare padovana.
Non vi è dubbio che se la trattativa andasse in porto e se il piano di lottizzazione fosse posto in esecuzione, ben poche speranze rimarrebbero per la realizzazione di un parco urbano degno di questo nome, di un parco che – così come sta scritto nel programma della nuova Giunta – dovrebbe costituire elemento strutturale della rete ecologica e di un organico sistema del verde.
E’ per questa ragione che rivolgiamo un accorato appello alla nuova Amministrazione Comunale affinché avvii con estrema urgenza una propria trattativa con AltaVita IRA, al fine di una acquisizione dell’area al patrimonio comunale con propri fondi di bilancio o attraverso un meccanismo di permuta con altri beni patrimoniali comunali.
Sergio Lironi – Presidente onorario di Legambiente Padova
Suggerisco al Comune di valutare la possibile emissione di Buoni Ordinari del Comune (BOC), per finanziare l’acquisto – e magari anche un primo stralcio attuativo del Parco del Basso Isonzo – dei 37.000 mq in vendita da parte dell’ex-IRA.
I BOC sono nati a seguito della Legge 724/1994 (art. 35 e seguenti), per riconoscere agli enti locali la facoltà di emettere titoli obbligazionari al portatore con l’unico vincolo che ogni emissione deve essere subordinata alla realizzazione di un’opera pubblica ben definita (non può quindi essere impiegata per le spese correnti o per altra opera pubblica).
Il taglio minimo dell’emissione è di un milione di euro, mentre le cedole possono essere fisse o variabili.
L’imposta sostitutiva applicata sia agli interessi, sia al capital gain (differenza tra il prezzo di vendita/rimborso e il prezzo di acquisto/emissione) è del 12,50%.
L’emissione deve avvenire alla pari e il rendimento effettivo lordo al momento dell’emissione può essere superiore al massimo di un punto rispetto a quello lordo dei titoli di Stato emessi nel mese precedente.
Vi sono altri vincoli, che qui non interessa esaminare, e che in ogni caso non riguardano lo specifico Comune di Padova.
La durata dei BOC deve essere compresa tra 5 e 20 anni.
Tali strumenti non sono assistiti da nessuna garanzia a carico dello Stato, pertanto la legge stabilisce criteri precisi per il rimborso, come la delegazione di pagamento, che danno la massima garanzia ai risparmiatori.
I BOC possono essere quotati in Borsa: è sufficiente che l’ammontare del prestito superi una determinata soglia minima e che le obbligazioni siano collocate tra almeno 200 sottoscrittori.
Supponiamo ora di simulare l’uso dei BOC nel caso del Basso Isonzo.
Siamo nel 2018 e il Comune di Padova decide di investire 3,5 milioni di euro nell’acquisto – a prezzo ulteriormente scontato rispetto alla richiesta attuale dell’ex-IRA, basta farsi valere in fase di trattativa – dei 37.000 mq in vendita e nella realizzazione di un primo stralcio del Parco del Basso Isonzo.
Invece di procedere all’accensione di un mutuo, il Consiglio Comunale sceglie di emettere Buoni Ordinari Comunali a 10 anni con rendimento dell’ 1,40% (decisamente buono per l’ente debitore e favorevole anche per i sottoscrittori). L’emissione potrà coprire in tutto o anche solo in parte l’investimento complessivo previsto di 3,5 milioni di euro.
I cittadini/risparmiatori padovani potranno acquistare i BOC presso i rispettivi istituti finanziari, divenendo in questo modo possessori del debito comunale.
Così facendo, questo diventerebbe un debito solo convenzionalmente per i cittadini, i quali non vedrebbero i propri tributi uscire dal circolo economico locale. Non solo: i cittadini potrebbero controllare da vicino la correttezza e la celerità con cui il Comune impiega il denaro da essi prestato all’Amministrazione.
Inoltre, se un sottoscrittore, per qualsiasi motivo, volesse disfarsi dei BOC comprati e venderli a un altro soggetto (fisico o giuridico), potrebbe benissimo farlo, in quanto i titoli sono scambiabili.
Infine, il Comune potrebbe disciplinare con apposito regolamento contabile la compensabilità dei BOC con tasse e imposte che esso riscuote, tutelandosi in caso di problemi di solvibilità.
Ho ben capito?: il Comune di Padova, con le risorse economiche di tutti i cittadini, e si spera senza incidere ulteriormente sulle tasse, dovrebbe acquisire per tre milioni e mezzo di euro quelle aree???
Buongiorno, non sono in grado di valutare “scientificamente” l’ipotesi esposta da Mario Breda. MA mi unisco all’appello – e in modo accorato – per salvare il Parco del Basso Isonzo. Abito dal 1986 in zona e ho assistito allo scempio che si è perpetrato sulle porzioni di area che il Comune aveva dovuto cedere a privati per la perequazione: abbattimento di alberi che andavano a formare un habitat protetto per vari animali: è rimasta una ridotta area a verde. Al posto del boschetto sono sorte case di un’architettura molto modesta, pubblicizzate come “ville nel parco” e un condominio sull’estetica del quale è meglio non esprimersi. Circa la metà e forse più delle costruzioni è finita da anni, ma invendute: Come migliaia e migliaia di metri cubi costruiti, finiti, e chiusi da anni e anni. Qualche tempo fa il vicesindaco in occasione di un incontro pubblico – forse all’università – diceva che ci sono progetti approvati per una cospicua edificazione e per cui il comune riscuote l’IMU, quindi.., deduco io, quanto cemento colerà ancora sul nostro territorio già così provato. SIndaco la prego/ghiamo di salvare quel che resta del Parco del Basso Isonzo.
Certo Luca Luciani, mai sentito parlare di esternalità positive? Ecco avere quel verde lì a disposizione le produrrebbe (per rimanere in un ragionamento solo economico).
Ciao
Esatto alan Luciani .. il verde è bene comune e il comune deve fare l interesse della comunità e non di qualche imprenditore