Il Rapporto ISPRA 2024 certifica come il consumo di suolo in Italia, in Veneto e a Padova sia un cancro che avanza senza alcuna inibizione
Inesorabile prosegue il consumo di suolo in Italia. Nuovi poli logistici, nuove lottizzazioni produttive e residenziali, nuove infrastrutture viarie, al di là di ogni reale fabbisogno e senza logica apparente se non quella della rendita fondiaria e del profitto privato, proliferano in ogni luogo, artificializzando e cementificando i terreni più fertili, frammentando gli ecosistemi, distruggendo la biodiversità, sfregiando il paesaggio, compromettendo irrimediabilmente la salute, il benessere e la qualità della vita di tutti noi.
I dati del Rapporto ISPRA 2024 sono impietosi. Nel corso del 2023 oltre 7.250 ettari di suoli naturali sono stati impermeabilizzati, all’impressionante ritmo di 20 ettari ogni giorno e di 2,3 mq ogni secondo. Complessivamente oggi in Italia il suolo consumato è di 2.157.800 ettari, corrispondenti al 7,16 del territorio nazionale. Una percentuale estremamente elevata soprattutto se si considera che nel nostro paese prevalgono i terreni montuosi e collinari e che le aree pianeggianti, ovvero i terreni più fertili nei quali sono principalmente localizzati gli insediamenti urbani e le grandi reti infrastrutturali, non coprono complessivamente più del 25 per cento del territorio.
Particolarmente negativi sono i dati riguardanti il Veneto, nel quale la percentuale del consumo di suolo risulta oggi pari all’11,86% (217.520 ettari): una percentuale superata solo, a livello nazionale, dalla Lombardia (12,19%), che però ha una popolazione quasi doppia rispetto a quella del Veneto. Una percentuale dovuta in particolare alla dispersione insediativa che ha caratterizzato la nostra Regione, in assenza di una reale ed efficace pianificazione a scala regionale e comprensoriale ed in assenza del finanziamento di organici programmi d’intervento volti a promuovere la rigenerazione urbana sostenibile ed il potenziamento e la riconversione ecologica e paesaggistica delle attività agricole. Ciò che nel caso Veneto soprattutto colpisce è che, pur essendosi la Regione dotata nel 2017 di una apposita legge per il contenimento del consumo di suolo (L.R. 14/2017), il consumo di suolo anziché diminuire è in realtà aumentato. Dal 2012 al 2016 il consumo annuale di suolo risultava mediamente di poco superiore ai 500 ettari. Nel 2017, per effetto dell’allarme generato dalla prospettiva di una possibile prossima limitazione delle possibilità edificatorie, il consumo di suolo annuo ha raggiunto il valore record di 1.096 ettari (corrispondenti a più di 10 milioni di mq). L’anno successivo l’incremento è stato di 900 ettari. Nel 2019 e nel 2020 superiore ai 700 ettari anno. Dopo il relativo calo degli anni 2021 e 2022 (circa 560 ettari/anno) nel 2023 il trend è di nuovo in crescita, risultando pari a 608 ettari. Complessivamente negli ultimi 11 anni l’incremento di “consumo netto di suolo” nel Veneto è risultato pari a circa 72 milioni di mq (7.217 ettari). Va d’altra parte precisato che i dati riportati fanno esclusivamente riferimento a quello che ISPRA definisce come “consumo di suolo netto”, mentre ben maggiori risultano i valori del “consumo di suolo lordo”, pari a 1.134 ettari nel 2022 e a 891 ettari nel 2023. Questa notevole differenza di valori è dovuta al fatto che nel calcolo del “consumo di suolo netto” viene effettuata una compensazione tra la superficie dei suoli artificializzati nel corso dell’anno e la superficie dei suoli interessati nel corso dello stesso anno da interventi di ripristino di aree in precedenza occupate da cantieri o da veri e propri interventi di “rinaturalizzazione” di aree in precedenza impermeabilizzate. Ma c’è da chiederci se per la maggioranza di questi interventi di ripristino, pur doverosi e significativi dal punto di vista simbolico, si può realmente parlare di vera e propria “rinaturalizzazione”. Si dovrebbe infatti ricordare che per la formazione di pochi centimetri di terreno fertile, ovvero della biodiversità in esso contenuta, occorrono centinaia di anni e che molte delle opere realizzate determinano inevitabilmente la frammentazione del territorio naturale e agricolo, la rottura delle connessioni ecologiche, il degrado paesaggistico e la distruzione dei fondamentali servizi ecosistemici.
Già in precedenza, come associazioni ambientaliste, abbiamo denunciato il fallimento della legge 14/2017 in relazione agli obiettivi che si poneva ai fini della riduzione del consumo di suolo. Un fallimento dovuto in particolare, ma non solo, alla serie infinita di “deroghe” previste negli articoli finali della stessa legge.
Abbiamo sperato che la presentazione da parte della Giunta regionale del progetto di legge n. 244 finalizzato alla approvazione del nuovo “Testo Unico in materia di governo del territorio e di tutela del paesaggio” potesse essere l’occasione per introdurre quantomeno alcuni radicali correttivi all’attuale legislazione e a tal fine abbiamo trasmesso alla Giunta la richiesta di una organica serie di emendamenti relativi ai vari aspetti del Testo Unico, molti dei quali potrebbero incidere sulla effettiva riduzione del consumo di suolo con la prospettiva del suo azzeramento entro il 2030. Ma nel testo che verrà sottoposto in gennaio all’approvazione del Consiglio regionale di fatto nessuno degli emendamenti richiesti risulta purtroppo essere stato accolto. Sembra proprio che, al di là delle dichiarazioni di principio, non vi sia in realtà, da parte di chi dovrebbe governare il territorio, alcuna intenzione di modificare l’attuale modello di sviluppo né la volontà di porre un freno alla perdurante distruzione di una risorsa fondamentale per la nostra stessa sopravvivenza qual’è il suolo, nel quale è contenuto un quarto della biodiversità del nostro pianeta.
Alcune osservazioni infine relative a Padova e alla sua area metropolitana. Dal 2006 al 2023, in 17 anni, nel comune di Padova l’incremento del “consumo di suolo netto” è stato di oltre 2 milioni di mq (214 ettari), facendo crescere la percentuale complessiva del suolo consumato dal 47,26% del 2006 al 49,57% del 2023. Particolarmente elevato è stato l’incremento annuo negli anni 2018, 2019, 2020 e 2022, mentre valori decisamente inferiori si sono registrati nel 2021 e nel corso del 2023. Un calo significativo del “consumo di suolo netto” dovuto probabilmente all’approvazione del nuovo Piano degli Interventi e ad alcuni interventi di trasformazione e ripristino a verde di aree in precedenza impermeabilizzate, quale quella dell’ex stazione delle corriere di piazzale Boschetti. Purtroppo i nuovi interventi previsti in particolare a San Lazzaro (nuovo polo ospedaliero e limitrofa lottizzazione privata) e la variante urbanistica approvata dal Consiglio comunale (con una stretta maggioranza di voti ed in netto contrasto con tutte le indicazioni di piano) volta a consentire la realizzazione di un nuovo mega polo logistico a Granze di Camin, faranno si che nei prossimi anni il Comune di Padova supererà d’un balzo il poco invidiabile traguardo del 50% di superficie impermeabilizzata con prevedibili gravi conseguenze sulla salute dei cittadini.
Se la situazione di Padova appare decisamente critica, non molto diversa risulta quella dei comuni appartenenti all’area metropolitana. All’incremento di consumo di suolo di oltre due milioni di mq registrato dal 2006 al 2023 nel comune capoluogo, vanno infatti sommati gli oltre 5,3 milioni di mq consumati dagli altri 16 comuni, nei quali la percentuale media di suolo consumato si attesta attorno al 26,20%, con valori particolarmente elevati a Noventa Padovana (42,97%), ad Albignasego (34,71%), a Cadoneghe (33,82%) e a Selvazzano (31,71%). Dati che evidenziano la necessità di affrontare il tema del consumo di suolo e più in generale della pianificazione urbana e territoriale a scala quantomeno comprensoriale e non solo di singoli comuni.
Sergio Lironi, Presidente onorario Legambiente Padova