Le varianti verdi sono un bluff

lavori-via-dei-colli_supermercato ali_padovaLa Legge Regionale n. 4 del 16 marzo 2015, all’art. 7, pomposamente titolato “Varianti Verdi per la riclassificazione di aree edificabili”, ha stabilito che i comuni possono emettere ogni anno un avviso con il quale coloro che vogliono rinunciare alla potenzialità edificatoria, che lo strumento urbanistico ha attribuito ad aree di loro proprietà, sono invitati a presentare una richiesta di riclassificazione che renda tali aree inedificabili.

Sembrerebbe una buona disposizione normativa, indirizzata al contenimento del consumo di suolo ed al recupero di aree verdi, se non fosse per l’ultimo comma del citato articolo, che testualmente recita: “La variante di cui al presente articolo non influisce sul dimensionamento del PAT e sul calcolo della superficie agricola utilizzata (SAU)”.

Questo vuol dire che il potenziale volume edificabile sulle aree che vengono riclassificate non viene cancellato, ma potrà essere ricollocato dal comune in altra zona con una successiva variante al Piano degli Interventi, con l’unico obbligo del rispetto del limite della superficie agricola trasformabile indicata dal Piano di Assetto del Territorio (PAT).

Di buono c’è che si toglie edificabilità ad aree che potrebbero essere trasformate con il semplice rilascio del permesso di costruire, vincolandole al mantenimento della naturalità del suolo, ma siamo ben lungi da quella necessaria revisione della esorbitante ed ingiustificata capacità edificatoria che gli strumenti urbanistici, anche recenti, hanno assicurato alla stragrande maggioranza dei comuni veneti.

Va quindi ridimensionata l’enfasi data alle cosiddette Varianti verdi che i comuni di Battaglia Terme e di Albignasego intendono adottare applicando la citata legge regionale n 4/2015. Queste varianti sicuramente gioveranno ai proprietari, che non dovranno pagare le tasse sui loro terreni non più edificabili (questo peraltro riteniamo sia il vero scopo della legge regionale), ma non daranno nessuna garanzia sul risparmio del consumo di suolo, in quanto la realizzazione dei volumi urbanistici stralciati resterà comunque nella disponibilità dei Sindaci.

Sotto questo profilo ben più meritoria ed apprezzabile è la scelta del comune di Piove di Sacco, che ha deciso di ridurre la capacità insediativa del suo strumento urbanistico.

Questa è la via maestra per conseguire una sicura riduzione del consumo di suolo e per mettere fine a quel sovradimensionamento dei piani regolatori che ha visto misurarsi in una gara sconsiderata troppi Sindaci del Veneto, con la silente accondiscendenza della Regione.

Una via che, finora inutilmente, abbiamo chiesto di praticare anche al sindaco di Padova, il quale, venendo meno alle promesse elettorali, sta per adottare una Variante al Piano degli Interventi in cui viene confermata la spropositata capacità insediativa del PAT (quasi 4,7 milioni di metri cubi), di cui oltre 2,6 milioni sono già realizzabili all’interno del vigente Piano degli Interventi.

Il Presidente Zaia, da parte sua, dovrebbe impegnarsi per fare approvare una legge che persegua seriamente l’obiettivo del contenimento del consumo di suolo, imponendo una moratoria alle nuove urbanizzazioni finché i comuni non avranno provveduto a rivedere le previsioni dei loro strumenti urbanistici, secondo criteri più stringenti di quelli finora adottati, per la tutela della naturalità dei suoli.

Perciò chiediamo a Zaia che le sue recenti esternazioni sull’eccessivo consumo di suolo e sul conseguente rischio idrogeologico che interessa il Veneto, trovino concretezza nell’immediata emanazione di una legge che contrasti efficacemente tale drammatico fenomeno. Ciò sarà possibile solo se la Regione recupererà il ruolo di governo della trasformazione del territorio, ruolo a cui ha abdicato nel momento in cui lo ha delegato ai Sindaci sulla base di semplici indirizzi, privi di obblighi e prescrizioni, nonché di obiettivi misurabili.

Lorenzo Cabrelle, Legambiente Padova