Le Mura “ritrovate”: vince il gioco di squadra!

bastione di PadovaRidare visibilità ad alcuni segmenti delle mura veneziane di Padova. Questo l’obiettivo di due iniziative realizzate lo scorso mese grazie alla collaborazione di associazioni, volontari, cittadini e istituzioni comunali.

Uno degli interventi ha riguardato il bastione Ghirlanda, situato quasi a metà strada fra il ponte della Sacra Famiglia e la passerella pedonale che collega via Marco Polo con piazza Napoli, visibile da via Goito. Prima il torrione era quasi completamente coperto da vegetazione spontanea e dai rami ricadenti dei ginepri piantati in sommità negli anni Sessanta del Novecento, quando fu realizzato lì sopra il monumento ai caduti nella campagna di Russia. In occasione di un’esercitazione, gli uomini della Protezione Civile, coadiuvati dal Gruppo Speleologico Padovano CAI, grazie all’interessamento del Comitato Mura e dell’Assessorato al Verde e in accordo con il settore Verde pubblico e il settore Edilizia pubblica del comune, hanno provveduto a ripulire il piccolo bastione da gran parte della vegetazione cresciuta nei decenni scorsi, non senza aver accertato prima che le piante non avevano prodotto un radicamento profondo e che, quindi, potevano essere rimosse senza pregiudizio per la coesione delle murature. Inoltre l’operazione ha permesso di ritrovare, ancora in buone condizioni, la cornice del leone marciano del bastione, scomparsa da decenni alla vista. Ora è possibile escludere con certezza che il leone di San Marco inserito nella decorazione esterna di villa Serenella-Pacchierotti, a Montemerlo,  provenisse da questo torrione:  il leone, infatti, è troppo grande per le piccole dimensioni della nicchia. Proviene certo dalle mura, ma sicuramente non da qui.

Il secondo intervento, invece, ha interessato la golena del Bastione dell’Arena. Lo scorso 21 giugno si è svolta una ricognizione dello stato della golena, alla presenza dell’assessore all’Edilizia monumentale, Fabrizio Boron, e di un pubblico numeroso, tra soci degli Amissi del Piovego, simpatizzanti, cittadini comuni, con la partecipazione degli studenti di AIESEC. L’esito della verifica conferma inequivocabilmente la necessità di rimuovere il terreno inquinato da rifiuti, fanghi, detriti e materiali da discarica, accumulatisi abusivamente nella golena, per recuperare alla visibilità le mura cinquecentesche e la cannoniera ovest del Bastione dell’Arena, sotterrate sotto oltre 3 metri di materiali impropri. Durante la ricognizione sono subito emersi, tra vari materiali, decine di blocchetti di porfido, segno di uno sversamento di materiale improprio da parte di qualche impresa impegnata nell’esecuzione di lavori stradali, probabilmente l’anno scorso, a giudicare dallo stato del terreno e del materiale. Appare evidente che l’area golenale è tuttora utilizzata come discarica come in passato. Appurati questi fatti, gli Amissi del Piovego chiedono al comune di Padova e all’ARPAV che la Golena sia portata a livello del Piovego, restituendo visibilità alle mura. Tale intervento si rende necessario anche perché le disastrose condizioni in cui versano Golena e mura storiche sono ben visibili dal Ponte del Corso del Popolo che collega il centro città con la stazione ferroviaria ed è, perciò, attraversato ogni giorno da migliaia di persone, inclusi i turisti.

Amissi del Piovego

Comitato Mura di Padova

Sintesi a cura di Silvia Rampazzzo, redazione di Ecopolis 

8 thoughts on “Le Mura “ritrovate”: vince il gioco di squadra!

  1. … chissà che sia la volta buona! … sarebbe una beffa non indifferente per chi, compreso il sottoscritto, ha votato e si sente di centro-sinistra, oltre ad avere da sempre supportato l’idea del recupero integrale e la rifunzionalizzazione delle mura di Padova.

  2. Gentile redazione,
    vorrei esporre alcune considerazioni, del tutto personali, relative alla proposta di sbancamento della golena del bastione dell’Arena, con alcuni suggerimenti che credo possano contribuire ad evitare che un eventuale progetto di recupero di tutto il contesto, in teoria utile e positivo, possa rivelarsi banale e inconsistente, frutto di improvvisazione e, alla fine, controproducente.
    Premetto di parlare sulla base della esperienza personale maturata sul posto attraverso la ricerca speleologica e la documentazione topografica del sito eseguita nel dettaglio. Non ho competenze geologiche, archeologiche o ingegneristiche: quello che so deriva da ricerche e studi sul campo e sui documenti d’archivio e bibliografici che ho consultato.
    – Per prima cosa ritengo che l’operazione di messa a nudo del bastione, con lo sterro del deposito che l’avvolge, così come è stato finora proposto e sbandierato, senza alcun serio e documentato progetto programmatico, con relative valutazioni d’impatto, rappresenti solo una inutile e dannosa presa in giro, un atto di propaganda demagogica destinato a disinformare i cittadini (e non a renderli consapevoli e responsabili “attori” come si vorrebbe) e a creare danni, forse irreparabili.
    – la golena è plurisecolare (almeno dal 1630) ed ha avuto un ruolo fondamentale nella conservazione delle strutture interne ed esterne (paramenti laterizi) del torrione, tuttora sostanzialmente integre in larghi tratti della corona emersa e sicuramente nella parte ricoperta. Per capirlo basta esaminare i tratti di cinta cinquecentesca esposti a nord (es. bastione Moro I°), in buona parte bagnati dal Piovego (dalle Contarine al bastione Venier). Voler riportare il fiume a “bagnare” la corona scarpata del bastione (esponendo le cannoniere, come si va dicendo) significa esporlo drasticamente a condizioni ambientali molto più aggressive senza un adeguato (e al momento utopico) programma dotato di metodi di conservazione, e portarlo (nel tempo ovviamente) nello stesso stato disastroso con cui si presenta oggi il bastione Venier nelle sue parti esterne
    – non ha senso definirla (come fosse un “unicum”) una discarica di fanghi, rifiuti e materiali da discarica. Il corpo della golena è massimamente di natura fluvio-alluvionale (limi e sabbie) come tutti i depositi generati dal fiume che circondano da secoli la cinta, sin dall’epoca della sua erezione (venivano detti “maresane” o “poleseni”). Accumuli, sporadici o diffusi, di materiali recenti (pattume, scarti cementizi) possono essere logicamente presenti in superficie, specie lungo i muri di fianco: in ogni caso per poter stabilire con esattezza la natura della stratificazione golenale nel suo insieme occorrerebbero campionature in più punti fatte appositamente (“carotaggi” o trincee) da un geologo o da un archeologo. Analisi profonde potrebbero anche stabilire i rapporti della golena e delle mura (fondazioni) con eventuali falde presenti e a che profondità: argomento importantissimo, da considerare prima di ogni sbrigativa e improvvida eliminazione di quella barriera creata dalla natura
    – lo scavo/ricognizione illustrato, fatto il giorno 20 giugno, ha sostanzialmente riguardato una piccola conoide detritica addossata (da molti anni e in parte ricoperta da suolo) al fianco ovest del bastione. Dall’esame dei materiali (documentati con foto e disponibili per chi le volesse) è indubbia la presenza, in quel settore, di materiali/scarti laterizi e cementizi: se si va a guardare bene sono gli stessi che componevano la struttura muraria sovrastante, eretta ai primi del ‘900. Evidentemente rappresentano, com’era prevedibile e come si fa ancor’oggi purtroppo in tantissimi cantieri edili, scarti abbandonati e poi ricoperti sul posto.
    Da tenere presente, inoltre, anche la demolizione sistematica attuata intorno al 1906 di quasi tutto il parapetto della mura per la creazione del Corso: parte del materiali di risulta può essere finita proprio lì (esistono foto d’epoca al riguardo).
    Occorre massima cautela, mi permetto quindi di dire, prima di trarre conclusioni “facili” ed accattivanti anche sotto il profilo “ambientale”
    – lo sbancamento del deposito non può, in ogni caso e anche quando venisse deciso con le dovute autorizzazioni “politiche”, non tener conto dei vincoli strutturali (mura, sostegni) che va ad intaccare, oltre alle condizioni di sicurezza di chi vi opera. Il muro di collegamento tra il bastione e il ponte del Corso è dei primi del ‘900 e solo un deficit di intuito può consentire a qualcuno di mettersi a scavare lì sotto senza sapere a che profondità stanno le fondazioni e senza immaginare eventuali conseguenze per la stabilità del muraglione. E’ anche per questo che lavori del genere non si improvvisano.
    – inoltre va tenuto conto delle condizioni di sostanziale allagamento in cui si trovano le strutture interne del bastione (casematte): il bacino d‘acqua pensile che alloggia (forse da un secolo) collegato alla torretta in c.s (attraverso cui si accede) e alla relativa condotta di scarico nel sottostante fiume potrebbe, se svuotato velocemente, determinare reazioni imprevedibili nella stabilità delle strutture ipogee presenti e sommerse oggi per quasi 2/3 della loro altezza. Occorre valutare con prudenza questa situazione, come pure l’eventuale rapporto di tale bacino idrico con le falde dell’area (probabilmente minimo o inesistente, ma da non escludere a priori)
    – devo inoltre sottolineare anche qui, se ce ne fosse bisogno dopo averlo detto in vari momenti anche pubblicamente, l’inutilità dell’asserita urgenza o necessità di far emergere le cannoniere del bastione per capire “a che livello si trovava il fiume nel ‘500” come più volte è stato riportato dalla stampa: rimettere in luce la cannoniera è un’operazione di “bellezza” certamente utile sotto il profilo estetico, come la messa in luce di tutto il bastione, ma non per altro. Il livello del Piovego nel secondo decennio del ‘500 (che non potrà mai essere esatto, ma presunto tra una media di valori variabili) lo si può desumere già, con le opportune correzioni, osservando le cannoniere, relativamente poco lontane, della porta Ognissanti e del bastione Venier e analizzando i dati topo metrici raccolti e illustrati nel rilievo e nelle relazioni eseguite dal Gruppo Speleologico Padovano CAI con il Comitato Mura di Padova: documenti consegnati alla Amministrazione Comunale in base ad una intesa di reciproca e corretta collaborazione (autorizzazioni in primis) e presentati in pubblico in più occasioni nel corso del 2012 e 2013 (ma evidentemente, purtroppo, ignorati da chi avrebbe potuto farne un uso congruo). Una collaborazione che siamo pronti, oggi come ieri, ad offrire in ogni momento a costo zero con la massima disponibilità, ma con serietà e senza “slogan”.
    – per concludere, vorrei sottoporre il mio modestissimo suggerimento per il futuro di questo magnifico monumento: servirebbe un’azione che partisse da uno studio e progettazione ad ampio raggio di tutto il complesso (golena, bastione, spalto e giardini, fino ad arrivare alle mura e alle porte Contarine) nelle sue varie articolazioni e problematiche, prima di ogni intervento. Intervenire a “spizzichi e bocconi” qua e là non aiuta, non porta da nessuna parte. Prima si studia e si cerca di capire al meglio, poi si organizza e si programma in base alle possibilità tecniche, alle priorità e alle risorse disponibili, e infine si agisce, preferibilmente partendo dall’interno del torrione. Voler dare dimostrazione di “interventismo” ad ogni costo è solo foriero di disastri, già molte volte visti in passato nella nostra città.
    Grazie infinite
    Adriano Menin, Gruppo Speleologico Padovano CAI

  3. Rispondo al “modestissimo suggerimento” di Adriano Menin con il mio parere, la cui autorevolezza è data dalla mia competenza di geografo e da una trentennale esperienza non solo di studio cartaceo ma di esperienza sul territorio.
    Quanto asserito dal signor Menin risponde ad una logica immobilista la quale, se si fosse ascoltata, non avrebbe prodotto nè il recupero della cinquecentesca Scalinata del Portello nè il ribassamento della Golena di San Massimo, nè l’innesco di quel virtuoso processo politico di gestione territoriale che ha portato al totale riassetto della rete fognaria padovana (per una spesa di circa 60 miliardi di lire) e quindi al disinquinamento del Piovego. Tale processo, dopo ulteriori importanti tappe, ha consegnato alla città il recentissimo Piano delle Acque e alcuni restauri della cinta bastionata sporadici ma non per questo non efficaci. Nessun danno statico alle Mura della citata Golena è stato registrato a seguito dello svuotamento dell’acqua presente nella galleria di collegamento fra i due bastioni, nè alcun danno stastico è intervenuto ai danni del tratto murario, a seguito del ribassamento della Golena stessa.
    La scelta di effettuare carotaggi e studi preliminari al posto o prima degli interventi sul territorio di cui essi vorrebbero essere propedeutici, non è quindi una necessità scientifica ma una scelta esclusivamente politica.
    Pietro Casetta – Cofondatore ed già segretario dell’associazione Amissi del Piovego

  4. una discussione pubblica su un intervento di miglioria della città è un’ottima cosa. Sarebbe bene, però, che avvenisse sulla base di materiale documentale ( foto, video, progetti, relazioni tecniche ), altrimenti le prese di posizione avvengono solo sulla base delle simpatie o dell’abilità retorica di chi propone le varie soluzioni. Sarebbe importante avere uno spazio dove ciò potesse avvenire.

  5. Si aggiungono alcune brevi ulteriori considerazioni sul torrione dell’Arena e su quanto riportato nei commenti precedenti:
    – la visibilità delle mura è elemento fondamentale del loro recupero, la golena si può abbassare ma ciò deve essere fatto considerando i manufatti nella loro globalità. Vi sono infatti il torrione comprensivo delle sue strutture interne sotterranee, la chiavica in cemento armato addossata al lato ovest del torrione e soprattutto il muraglione novecentesco di collegamento con il ponte del Corso eseguito ad inizio Novecento, evidentemente quando la golena esisteva già da circa un paio di secoli (come è fondato? a che quota?)
    – va data priorità al recupero delle strutture interne, un progetto in tale senso (comprensivo di stima delle spese) è stato preparato e consegnato all’amministrazione comunale nel 2012. Esse si presentano sostanzialmente integre ed il loro recupero aggiungerebbe un ulteriore elemento di attrattiva in un area già a forte vocazione turistica che comprende la Chiesa degli Eremitani, i resti dell’ Arena Romana, i Musei Civici, la Cappella degli Scrovegni e complesso della conca delle Porte Contarine.

    Fabio Bordignon (segretario Comitato Mura di Padova)

  6. Gentile Sig. Vitiello,
    materiale ed indicazioni puntuali sul recupero delle strutture del torrione dell’Arena le può trovare pubblicate sull’ultimo numero della rivista “Padova e il suo territorio” (pag. 30-31) disponibile nelle edicole.
    Foto e altro materiale inerente l’interno della struttura lo può trovare a partire da questa pagina del nostro sito internet http://www.muradipadova.it/lic/padova-sotterranea.html
    Ben vengano possibili ed ulteriori momenti di discussione ed approfondimento su queste tematiche.

    Fabio Bordignon (segretario Comitato Mura di Padova)

  7. “La messa in luce della scalinata d’accesso e degli spazi ipogei sotto Porta Ognissanti (visitati, rilevati, fotografati e ripresi dal Gruppo Speleologico Padovano CAI in collaborazione col Comitato Mura di Padova) sono potuti diventare realtà grazie alle osservazioni sul campo e alle ricerche d’archivio che hanno preceduto e accompagnato i lavori di restauro della porta nel 2011-2012 (scavo archeologico delle navate e recupero del piano originario di calpestio; restauro conservativo degli affreschi parietali e della volta con scoperta casuale d’iscrizioni significative da parte nostra) e nel 2014 (ribassamento al livello basale originario del piano carrabile verso borgo Portello, ecc). Osservazioni e studi che hanno, tra l’altro, permesso di confermare definitivamente la sostanziale identicità strutturale e architettonica di Porta Portello con Porta S.Tomaso di Treviso. Le indicazioni provenienti da tali contributi “esterni” ai lavori di restauro hanno consentito un’evoluzione “oculata” degli stessi e una ricerca “mirata” dei punti più probabili di accesso (concretizzata in primis nella scoperta di uno dei camini di sfiato, o botola, attraverso cui si è potuto accedere). Se non fosse stato per chi si è dedicato alla ricerca bibliografica e storica sulle carte riguardanti quel monumento e altri, i lavori (e le risorse disponibili) avrebbero riguardato e toccato soltanto gli affreschi e parte del piano di calpestio della navata ovest della porta, non trovando l’ingresso alla casamatta. Studiare tutto un contesto prima di fare dei lavori è dunque più che legittimo e opportuno.
    Mi scusi se mi permetto di risponderle a tono però: lei non sa nemmeno quanta acqua e quanto materiale fangoso c’è all’interno del Bastione dell’Arena (noi ci siamo stati dentro e l’abbiamo misurata con attenzione e la invito a vedere il prossimo video-documentario che faremo per rendersene conto), quindi senza uno studio preliminare non può dire a priori che lo smantellamento “istantaneo” della golena non possa avere conseguenze sulla struttura del bastione e sulle mura. Non sarò geografo, ma studio geologia. E per eliminare una struttura naturale di quelle dimensioni serve sicuramente un parere ingegneristico-geologico tecnico… non (solo) geografico”

  8. Sviare l’attenzione del lettore dall’argomento che si sta discutendo ampliando il discorso a casi diversi e non comparabili, per depotenziare le affermazioni dell’interlocutore, è espediente retorico ben noto all’amico Casetta, che è del mestiere (della comunicazione, intendo).
    Qui non stiamo parlando della golena San Massimo, né del porto di Ognissanti (o del Portello), o delle mura in generale. Stiamo parlando del torrione dell’Arena e della golena che lo accompagna, da qualche centinaio d’anni, lungo il corso del Piovego. Dunque, ci occupiamo dei problemi statici e idraulici di questo particolare luogo e non di altri (a proposito dei quali infatti nessuno di noi si era sognato di tirar fuori problemi di questo tipo. E comunque, sarei sorpreso di scoprire che all’epoca dell’abbassamento della golena San Massimo non siano state fatte le opportune considerazioni e indagini sull’eventuale impatto dell’operazione sulle strutture).
    Io personalmente non sono un catastrofista, ma visto che lo fa Casetta, anch’io tiro fuori un esempio che c’entra e non c’entra, ma un dubbio lo può insinuare: il crollo dell’Alicorno. Che nessuno aveva previsto, perché nulla lo lasciava prevedere. Avvenuto a causa di un lavoro “moderno”, fatto “in economia” negli anni Cinquanta.
    Orbene, qui abbiamo: un torrione cinquecentesco, costruito per essere lambito dall’acqua all’esterno, ma non per essere poi riempito da due o tre metri di fango e acqua, e un muro di contenimento novecentesco, del quale sappiamo poco (almeno, io so poco). Chiarisco, per i molti lettori che potrebbero ignorarlo, che si tratta del muro, privo di cordone, che va dal torrione fino all’attacco del ponte di corso del Popolo e che non è un tratto delle mura cinquecentesche, ma, appunto, un muro di contenimento dei giardini pubblici, realizzato per estenderne la superficie, all’epoca della costruzione del ponte.
    Il muro è dunque fondato, come ha già fatto notare Fabio Bordignon, sulla golena, già esistente all’epoca, anche se con diverso profilo e forse anche diversa altimetria.
    Non è noto se il tratto di mura cinquecentesche sia stato conservato nel sottosuolo dei giardini oppure sia stato rimosso. È intuitivo che la spinta sopportatal da muro novecentesco sarebbe nei due casi molto diversa.
    Non è nota la profondità delle fondazioni, che sarà sicuramente dipesa anche dalla conservazione o meno del tratto di mura antiche appena ricordato: forse più profonde in caso di sua rimozione, forse meno in caso di sua permanenza, visto che varierebbe di molto la quantità di terreno, e quindi la spinta, da contenere.
    Inutile dire che è più probabile che il tratto di mura originale sia stato lasciato dov’era, proprio per garantire una maggiore stabilità al tutto, ma proprio per questo è possibile che il muro novecentesco abbia fondazioni meno profonde.
    D’altra parte non (mi) è noto neanche lo spessore del muro stesso.
    E allora, che garanzie abbiamo circa la sua solidità? Più o meno le stesse che avevamo per il tratto dell’Alicorno, ricostruito negli anni Cinquanta e poi crollato.
    Ecco perché rimuovere o anche solo abbassare la golena non è un gioco da affrontare con leggerezza, ma, ammesso che sia considerata utile (condivido in gran parte le perplessità di Menin), un’operazione da preparare con cura e senso di responsabilità. Per farlo non ci vogliono mica mesi, basta rintracciare, se esistono, i disegni di progetto, usare i rilievi successivi, calcolare i volumi e le spinte. E ragionare in termini di costi-benefici (mi riferisco sempre alle perplessità espresse da Menin). L’accusa di voler ritardare ad arte le operazioni è perciò del tutto infondata.
    Come ha già puntualizzato Alberto nella sua risposta, l’approccio “scientifico”, che Casetta preferisce definire “logica immobilista” e “scelta politica” (???), ha permesso altrettanto clamorosi successi di quello fai-da-te, un po’ facilone, propugnato e messo in pratica dagli Amissi del Piovego; ma senza i relativi “danni collaterali” (come tamponamenti cinquecenteschi e paraschegge novecenteschi abbattuti senza tanti complimenti, e senza autorizzazione alcuna, scavi non recintati, interrotti e infine abbandonati in zone frequentate dal pubblico, con relativi rischi per l’incolumità delle persone, e via dicendo…).
    Circa gli aspetti idraulici, aggiungo soltanto a quanto detto da Menin, o meglio ribadisco, che non sappiamo se la cannoniera, che ci si ostina a cercare dall’esterno, sia stata a suo tempo tamponata: sarebbe logico, ma la quantità di fango all’interno del torrione, di provenienza al momento imprecisata, potrebbe anche significare che non lo sia. In tal caso rimetterla in comunicazione diretta col canale potrebbe avere effetti imprevisti. O anche no: tutto può anche andare sempre bene, se si ha fortuna, ma non si può fare affidamento solo su di essa!
    Un’indagine dall’interno permetterebbe di scoprire se la cannoniera sia tamponata e, in base a questo dato, di decidere se il torrione possa essere effettivamente svuotato senza problemi, recuperando alla vita degli ambienti di straordinario fascino, ancora in ottime condizioni, che non richiederebbero ulteriori lavori di consolidamento, ma soltanto la riapertura e la relativa sistemazione dell’ingresso, oltre naturalmente alle opere “minori” come la deviazione dello scarico della fontana dei giardini, il posizionamento di un paio di pompe per espellere le eventuali infiltrazioni di falda, o dal Piovego, un impianto di illuminazione e poco altro.
    Ugo Fadini (Comitato Mura)

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