La memoria di Tito Livio, celebrata nel corso del 2017 a Padova in occasione del bimillenario della sua morte, ha accompagnato la città nella sua storia secolare, depositandosi in molte tracce monumentali e iconografiche disseminate nel tessuto urbano.
Non a caso un’immagine di questo illustre padovano è presente nei luoghi simbolo di Padova: al Palazzo della Ragione, molto al Liviano (sede universitaria) o in Prato della Valle. Qui vogliamo soffermarci brevemente su uno di questi ambienti, la sala dei Giganti.
Il Liviano è un palazzo ricco di stratificazioni. Tanto che in epoca moderna il nuovo atrio fu affrescato da Massimo Campigli; nel 1939 fu il rettore Carlo Anti, ex docente di Archeologia, ad indicare la figura di Tito Livio e nell’antichità i temi da trattare in un affresco che ricopre ben 250 mq di pareti.
Ma è nella magnifica Sala dei Giganti che possiamo vedere come la memoria di Tito Livio sia stata trasmessa, rielaborata e codificata nel XVI secolo, in pieno Rinascimento, in una città che era “sede storica di fiorenti studi classici”.
Giulio Bodon, in un interessante articolo uscito nel numero 190 di “Padova e il suo territorio” (Tito Livio fra arte e storia nella Padova del Cinquecento – dicembre 2017), traccia un’affascinante panoramica sulle testimonianze iconografiche liviane cinquecentesche a Padova, tuttora esistenti e non. Tra queste rientra la Sala dei Giganti, di cui vengono ricostruite le vicende in modo documentato e particolareggiato.
Precedentemente a quella che è giunta fino ai giorni nostri, vi era una sala di rappresentanza della reggia o curia Carrarese, ornata da un ciclo di affreschi raffigurante una serie di uomini illustri della Roma antica, trasposizione figurativa di De viribus illustribus, un’opera letteraria di Petrarca, un letterato molto vicino a Francesco il Vecchio da Carrara e alla sua corte.
In seguito la Sala dei Giganti fu inglobata nella sede prefettizia del governo della Repubblica Veneta. Intorno al 1540, per iniziativa del capitanio Girolamo Corner, la sala fu interamente ristrutturata per opera di Domenico Campagnola, di Gualtiero Padovano e di Stefano Dall’Arzere. La pianificazione dell’apparato decorativo, sempre incentrato sulla celebrazione degli eroi dell’antichità, fu affidata ad Alessandro Maggi da Bassano, allievo di Pietro Bembo, antiquario e collezionista fra i più noti al suo tempo.
In realtà nella sala non compare alcuna immagine di Tito Livio, “eppure” la sua “è una presenza intensa che pervade tutto l’ambiente e il suo complesso apparato esornativo, data l’autorevolezza e l’esemplarità che la cultura rinascimentale attribuiva all’opera liviana” (Giulio Bodon). L’influenza degli Ab urbe condita libri è riscontrabile nelle scelte iconografiche (scelta e accostamento di alcuni uomini illustri, citazione di alcuni episodi) e nella composizione degli elogia, una sorta di didascalie associate alle immagini degli eroi rappresentati.
Probabilmente anche il ciclo originario di affreschi della Sala carrarese recava l’impronta dell’opera di Livio mediata da Petrarca, dal momento che forse proprio questo luogo nel 1413 accolse per breve tempo le spoglie che si credevano di Tito Livio. Tali presunte spoglie, rinvenute presso il monastero di Santa Giustina, furono poste, tra 1546 e 1547, nel monumento funebre realizzato nel Palazzo della Ragione. Pochi anni dopo a Padova compare l’effigie dell’illustre storico in alcuni affreschi di palazzi signorili (Casa degli Specchi, Palazzo Zabarella).
Tali e tante opere attestano che Tito Livio è diventato parte della memoria e dell’identità culturale di Padova. Ne scriviamo qui perchè le testimonianze del passato ci interpellano, ci parlano di noi, ci offrono un arricchimento e uno stimolo per il futuro.
Silvia Rampazzo – redazione di ecopolis