L’UE ha bisogno di diventare autonoma dal punto di vista energetico per non dipendere da stati che violano i diritti umani.
La sconcertante invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa e la guerra ancora in corso hanno reso evidente, oggi più che mai, quanto sia doveroso rendere l’Europa un continente autonomo dal punto di vista energetico. Un’autonomia che non deve prevedere nuovi investimenti sui combustibili fossili ma che deve essere fondata sulle energie rinnovabili.
Come racconta META, il canale dello European Environmental Bureau, nel corso di questa crisi internazionale l’Unione Europea ha imposto, da un lato, sanzioni alla Russia sempre più pesanti, dall’altro finanzia indirettamente il governo russo tramite l’acquisto di gas e petrolio.
L’Unione Europea è ancora oggi il primo acquirente di gas russo: nel 2021 circa il 46% del gas naturale e il 25% delle riserve di petrolio dell’UE sono stati acquistati dalla Federazione Russa.
Allo stesso tempo, le vendite di petrolio e gas rappresentano il 40% delle entrate totali del bilancio russo e il 60% delle esportazioni russe. L’industria fossile della Russia ha avuto quindi un ruolo primario nel finanziare le operazioni militari condotte dal Cremlino non soltanto in Ucraina ma anche in Georgia (2008) e in Siria (2015).
L’aggravarsi delle tensioni in Ucraina ha però portato i leader europei, in particolare la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen a lanciare forti messaggi contro la dipendenza del nostro continente dal gas russo: “Ogni kilowatt di elettricità all’ora che l’Europa genera dall’energia solare, eolica, dall’energia idroelettrica o dalla biomassa riduce la nostra dipendenza dal gas russo… che significa anche meno soldi per le casse di guerra del Cremlino.”, ha proclamato Ursula von der Leyen durante il suo discorso al Parlamento Europeo.
In questo senso, la proposta della Commissione di includere il gas e il nucleare nella lista di investimenti verdi non solo è contestabile da un punto di vista ambientale, ma rende più impervia la via verso l’autonomia energetica.
La soluzione a questa crisi energetica dev’essere coerente con la risposta alla crisi climatica: l’implementazione di misure per il risparmio di energia, una diffusione capillare delle energie rinnovabili, il supporto alla elettrificazione di settori che ancora dipendono fortemente dal gas e dal petrolio, come il riscaldamento degli edifici e il settore dei trasporti.
L’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change, pubblicato la settimana scorsa, spiega come “Rischiamo di perdere una breve e limitata finestra di opportunità per vivere un futuro sostenibile e vivibile per tutti”.
É chiaro che la finestra, nel caso europeo, è rappresentata dallo European Green Deal e dai nuovi investimenti sulle energie rinnovabili previsti dai nostri impegni internazionali. Nel dettaglio, l’Unione Europea ha bisogno di stabilire un nuovo target che preveda almeno il 50% in meno di consumo di energia totale lordo e un target di aumento del 45% di efficientamento energetico, entrambi da raggiungere entro il 2030. Questi target possono essere inclusi all’interno di direttive che saranno portate avanti nei prossimi mesi:
la Direttiva sulle Energie Rinnovabili (REDIII), la Direttiva sull’Efficienza Energetica (EED) e la Direttiva sulla Performance Energetica degli Edifici (EPBD). Le direttive, vincolanti per tutti i paesi UE, sono incluse nel pacchetto “Fit for 55” volto al raggiungimento, nei tempi previsti, degli obiettivi dello European Green Deal.
Serve che l’Europa acceleri il suo percorso verso la transizione ecologica mobilitando risorse straordinarie non soltanto per l’urgenza della crisi climatica ma anche per far sì che gli stati democratici dipendano il meno possibile da regimi autoritari in cui i diritti umani vengono minacciati e violati ogni giorno.
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Andrea Maiorca, redazione Ecopolis
Fotografia di Karsten Wurth