E’ stato inaugurato in pompa magna il 17 febbraio alla presenza del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, ma in realtà il Centro di documentazione e d’inchiesta sulla criminalità organizzata in Veneto (Cidv) di stanza a Dolo è già in attività da qualche mese.
“Non basta più denunciare la presenza delle mafie, questo è un dato acclarato da decenni – spiega Gianni Belloni, direttore del Cidv -, è venuto il momento di analizzare le modalità di insediamento, le relazioni con la politica e l’imprenditoria e, soprattutto, le reti che costituiscono l’area grigia di cui le mafie rappresentano una componente, e non sempre la più perniciosa”.
Per scavare in questa area grigia, e nelle sue singolari caratteristiche venete, il Cidv si è dotato di un comitato scientifico composto da giornalisti, docenti universitari, sindacalisti, economisti, ricercatori, autorevoli esponenti del mondo delle forze dell’ordine e della magistratura e sono stati stipulati accordi di ricerca con l’Università di Padova e lo Iuav di Venezia.
“La repressione da sola non basta – ribadisce Maurizio Dianese, presidente del Cidv -, occorre mettere in campo le armi della cultura e della critica”. Accanto a Dianese e Belloni, altri due giornalisti, Roberta Polese e Antonio Massariolo, compongono il comitato di gestione del Cidv che è promosso dall’associazione padovana Laboratorio dell’inchiesta economica e sociale. In programma dall’autunno (erano previsti per marzo e aprile), la pubblicazione di un Quaderno, un paio di convegni, ed in particolare uno sulle dinamiche di insediamento della camorra con la partecipazione di studiosi dell’Università Federico II di Napoli.
Fino ad ora il Cidv ha ricevuto il sostegno di Confesercenti, Confartigianato, Cgil, Cisl e Uil, e collabora con Libera, Legambiente e Avviso Pubblico, ma sta cercando di avviare “la massima collaborazione e le migliori sinergie con i diversi soggetti – istituzionali, scientifici ed associativi – che a vario titolo hanno interesse per l’attività del Centro di documentazione e d’inchiesta – sottolinea Belloni – affinché il lavoro del Centro sia condiviso il più possibile e divenga un bene comune della società veneta”.
Il Centro sarà intitolato a Francesco Saverio Pavone, il magistrato che ha sconfitto la Mafia del Brenta.