Padova conta circa 168 chilometri di piste o corsie ciclabili (+3 km nell’ultimo intero anno, veramente poco [sigh!]), tra protette e non lungo le carreggiate stradali (dati Comune 2014) e un’altra trentina di km su argini e parchi.
Piste quasi tutte realizzate in otto anni delle passate amministrazioni, seguendo il Bici Master Plan, scaduto da quasi due anni, che andrebbe rinnovato.
Ad oggi – spiega Andrea Nicolello della Segreteria di Legambiente Padova – l’unica realizzazione importante della nuova amministrazione, è quella di Ponte di Brenta. Altre realizzazioni sono un tratto di completamento in via Pelosa e lo stralcio finale di via Bembo.
Infine c’è il completamento della ciclabile di via Facciolati (realizzata fra le polemiche di alcuni commercianti) che ha prodotto in un solo anno la riduzione degli incidenti: da 21 a 6. Si sarebbe potuto raggiungere un risultato analogo in corso Milano se Bitonci non avesse stoppato l’imminente cantiere poco dopo il suo insediamento, sempre a causa del niet di qualche esercente.
“Non ci piace la contrapposizione aizzata ad arte tra ciclisti e commercianti – ci dice Grazia Rizzato di ReteArcella Viva. Il 30% di chi usa la bici lo fa per andare a fare acquisti: favorire la ciclabilità aiuterebbe quindi il commercio di prossimità. Qui all’Arcella invece abbiamo casi come piazza Azzurri d’Italia con 90 posti auto e zero rastrelliere, o il controviale di via Buonarroti con 38 posti auto e nessuno per le bici”.
Ma le nuove difficoltà per i ciclisti non si fermano qui. Si veda la recente riapertura al traffico di via S. Francesco, oppure si pensi alle rotatorie a fagiolo di via Buonarroti e Stanga – ricorda Diego Zarrella de La Mente Comune. “Sono state progettate e realizzate pensando solo alle auto. Alla Stanga mancano le piastre rialzate e gli attraversamenti ciclo-pedonali sono stati allontanati così tanto dall’incrocio che risultano poco utilizzabili. In via Buonarroti-Guicciardini manca tutto: segnaletica, piastre, quadrotti, illuminazione”.
Il Sindaco Bitonci nel suo programma elettorale prometteva (letteralmente) la realizzazione di piste ciclabili protette, non accessibili alle auto, segnalate. Potenziamento degli stalli e di aree di sosta sicure, illuminate e controllate da telecamere per contrastare il fenomeno dei furti.
Di tutto questo, commenta Lucio Passi, portavoce di Legambiente Padova, a parte il completamento di via Facciolati e poco più, non abbiamo visto praticamente nulla.
Il servizio bike sharing sta (stava?) delinandosi come un importante strumento per la mobilità sostenibile padovana, ottimo soprattutto per chi viene da fuori città, come i molti pendolari e studenti fuorisede. “È un servizio molto popolare tra gli studenti – afferma Teresa Ditadi, Presidente dell’associazione studenti universitari – anche per il fatto che è sempre disponibile.
Rimangono però diverse criticità come ad esempio la frequente mancanza di bici negli stalli presso la stazione o l’assenza di postazioni presso sedi universitarie molto frequentate come il Liviano o il fiore di Botta. Scarso ancora il numero dei mezzi: oltre un anno e mezzo fa erano stati promesse 3 nuove postazioni per ampliare il servizio, che tuttavia non sono ancora state definite.
E molti studenti stanno aspettando che venga riposizionata la stazione di via Marzolo, sospesa per lasciare posto a due parcheggi oltre due anni fa.” Era la più usata!!
Secondo la rete di associazioni e comitati attivi in città sul tema della mobilità ciclabile, sono svariate le priorità per rilanciare la citabilità.
“In centro, nella zona a traffico limitato (ZTL) – afferma Franco Corti di Studenti Per UDU, la bici dovrebbe poter percorrere tutti i sensi di marcia. Cartelli e segnaletica orizzontale, come a Parigi, permetterebbero di normalizzare un comportamento largamente diffuso, come il contromano dei ciclisti, ottenendo più sicurezza stradale per tutti.
Idem dicasi se se si facesse rispettare il limite dei 30 km/h formalmente in vigore nella ZTL: si otterrebbe una moderazione del traffico a costi praticamente zero. Una esperienza esportabile nei quartieri (sempre come a Parigi)”.
Ma bisogna anche pensare – dice Eugenio Varotto di Salvaiciclisti Padova – alle grandi arterie non ancora attrezzate con piste protette: da nord via Buonarroti, da est via Venezia, che ha troppe interruzioni. Da ripensare, proteggendola, c’è anche via Goito e poi le circonvallazioni dove la corsia solo disegnata è insufficiente.
Anche il nodo del Bassanello ha ancora troppi tratti monchi. E poi c’è via Chiesanuova, dove ad ogni incrocio la precedenza è a favore di auto, così il tragitto risulta troppo frammentato e non appetibile per i ciclisti”.
E’ in fase di elaborazione il PUMS (Piano della Mobilità Sostenibile), che dovrà fornire le indicazioni strategiche per la mobilità di domani. Un Piano nevralgico per il futuro di Padova.
“La Valutazione Ambientale fatta nel 2010 come documento ufficiale del PATI poi approvato, prevedeva che entro il 2020 a Padova sarebbe aumentato il traffico e le conseguenti emissioni di CO2, con un trend di + 40% – ricorda Andrea Nicolello di Legambiente: lì una parte delle emissioni era ridotta dal tram (linee 2 e 3); poi arrivò Bitonci e cancellò tutto, ma non le emissioni di CO2 che aumentano; bisogna invertire questa tendenza ed un modo per farlo è, oltre a potenziare il trasporto pubblico, quello di favorire la ciclabilità.
La rete di associazioni e comitati attivi in città sul tema bici chiedono di essere coinvolte nei piani; hanno idee e progetti. Domenica 25 settembre aspettano tutti in piazza dei Signori alla Festa della sostenibilità per raccogliere la mappa delle principali problematiche cittadine, fronte ciclisti.
a cura di ASU, La Mente Comune, Legambiente, Presidio Wigwam, Rete Studenti Medi, #Salvaiciclisti Padova, UDU Studenti per e i comitati Cheariarespiriamo Camin, Palestro 30 e lode, Rete Arcella Viva, Vivere Bene a San Bellino
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