Il 14 e 15 ottobre, in piazza Capitaniato si è svolta Tenda di pace, una pacifica “maratona” di riflessione, meditazione e preghiera, organizzata dal centro buddhista Mahayana di tradizione tibetana Tara Cittamani con il patrocinio del Comune di Padova.
L’obiettivo era superare la diffidenza e le tensioni che ne derivano, rifiutando di cedere alla tentazione dell’odio e della discriminazione verso chi è diverso da sé.
Hanno partecipato ventidue gruppi laici e religiosi, ognuno animando la Tenda di pace con la propria cultura, tradizione e fede: tante infatti le differenze tra coloro che sono intervenuti, ma rispettarsi e ascoltarsi era parte della sfida proposta per costruire insieme la pace. L’impegno di accogliersi a vicenda è fondamentale per tutti: dai buddisti, per cui è solo l’umanità formata da individui responsabile della condizione di pace o guerra, alle diverse chiese cristiane che aggiungono l’intervento di Dio nella risoluzione dei problemi dell’uomo.
Il Lama residente nel Centro Tara Cittamani ha spiegato che è la mente la parte fondamentale dell’essere umano coinvolta nel processo di pace: secondo questa tradizione è possibile scegliere, con la prospettiva del Bodhisattva, di tornare a reincarnarsi, rinunciando così alla liberazione dal ciclo delle rinascite (Nirvana), fino a che l’ultimo essere senziente non sia stato liberato dall’ignoranza e dalla conseguente sofferenza.
Alla cerimonia di apertura erano presenti anche monaci della tradizione Theravada, che qui a Padova lavorano per l’incontro tra le differenti tradizioni buddhiste, molteplici come quelle cristiane, nel loro piccolo tempio all’Arcella.
Ma alla Tenda di Pace hanno aderito anche gli appartenenti all’Unione Induisti Italiani e un rappresentante sufi. Gli induisti hanno espresso i fondamenti della loro religione, ispirata ai valori di armonia, pace e rispetto verso tutti gli esseri viventi, e parlato dello yoga come strumento di liberazione individuale dal ciclo delle rinascite (Samsara); hanno letto alcune poesie di Tagore e cantato brani di musica classica indiana con l’accompagnamento del bordone della tampura.
Dopo aver ascoltato il canto di versi poetici sufi dedicati a Dio, il rappresentante sufi ci ha spiegato che nel mondo islamico l’ospitalità è importantissima: come si prepara un soggiorno accogliente per gli invitati, così si deve preparare l’anima per ricevere Dio. Secondo il mistico la pace viene cantando l’articolo di fede “non c’è altro Dio al di fuori di Allah”.
Tutti gli interventi hanno fatto attenzione all'”altro”. Il rito bizantino romeno dell’Ipodiacono della Chiesa cattolica prevedeva sia preghiere cristiane sia alcune condivisibili dalle altre religioni monoteistiche. Prevista anche una preghiera libera per tutte le altre fedi: il canto dei vespri di rito bizantino è così terminato con un sutra buddhista che auspicava la liberazione di tutti gli esseri senzienti dall’ignoranza e dalla sofferenza.
A conclusione dell’iniziativa, ciascun rappresentante delle varie comunità presenti ha acceso una candela e ricevuto una piantina di ciclamino da accudire come simbolo del protrarsi ideale dell’incontro.
Un protrarsi ideale e concreto, visto che un altro evento interreligioso si è svolto solo alcuni giorni dopo: una sessione di preghiera aperta a tutte le fedi, organizzata il 22 ottobre scorso dall’Ordine Francescano Secolare presso il patronato di Sant’Antonio d’Arcella.
Ci auguriamo che il lavoro fatto insieme in questo impegnativo fine settimana porti buoni frutti: un piccolo seme è stato piantato, abbiamone cura.
Eliana Hermann – redazione ecopolis