TOXICITALY non è un libro facile da leggere. È un saggio del 2012 che tratta della gestione illegale dei rifiuti, urbani e industriali. Antonio Pergolizzi dipinge il ritratto di una Italia macchiata da un’infinità di crimini impuniti: i crimini ambientali.
I suoi racconti attraversano i territori e le città come una mappa al contrario, un percorso che nessun turista vorrà mai fare.
Ad ogni indagine, Polizia e PM ricostruiscono pazientemente le trame dei traffici e degli accordi malavitosi o persino apparentemente legali, che legano tra loro le aziende che speculano su una grande questione irrisolta della “moderna” civiltà consumista: che fine far fare agli scarti di produzione degli oggetti che ci circondano? E quando gli oggetti stessi non ci soddisfano più e li buttiamo via, dove vanno?
È il lato oscuro dello sviluppo senza equilibrio e senza regole, che si nasconde nei meandri delle cave abbandonate, sotto i suoli di fabbriche e aree industriali cresciute quando la Cina eravamo noi, e tutto era consentito in nome della crescita. La stessa crescita che adesso ci presenta il conto, a distanza di anni, come rivelano le statistiche di durata della vita media di certe aree. Come sanno bene le vittime.
Ancora oggi, con una coscienza ambientalista più matura, si fatica a comprendere che i danni ambientali non sono risarcibili, specie se prolungati nel corso degli anni. Rimangono uno sfregio irrecuperabile, che richiederà decenni per essere trattato o almeno limitato nelle conseguenze. Basti solo pensare al triste elenco di navi “fantasma” affondate al largo delle coste con il loro carico di veleni. Il mare come discarica abusiva sempre aperta.
L’inchiesta di Antonio Pergolizzi si basa sull’incrocio dei dati del Ministero dell’Ambiente, della Guardia di Finanza, dell’Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente, di Greenpeace, solo per citare i principali. Ricorre anche l’Agenzia delle Dogane, in quanto il fenomeno non è solo limitato all’Italia, ma vede i porti della penisola punti di partenza e crocevia di traffici inconfessabili. La morte del capitano Natale De Grazia, della giornalista Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin, sono lì a ricordarci cosa può succedere quando le inchieste di polizia o di giornalisti si avvicinano a qualche nervo scoperto del rapporto tra capitalismo ed ecomafie internazionali.
Il libro si conclude con le pagine della speranza e del riscatto: la raccolta differenziata con percentuali altissime in certi comuni; filiere industriali pulite, in cui il rifiuto è finalmente visto come risorsa e si riutilizza; brevetti industriali, banche, cooperative che mettono soldi e creano lavoro nel riconvertire le proprietà dei clan con progetti ecocompatibili.
Ci vorrà del tempo perché diventino la norma e non l’eccezione.
Recensione a cura di Marco Bolzoni