Ci sono storie che a raccontarle fanno da contraltare a tante miserie della politica attuale.
Si potrebbe iniziare con “c’era una volta…”. Correva l’anno 2006 e nella civilissima Padova il sindaco ha accettato la richiesta avanzata da molte associazioni ambientaliste, sociali, culturali, sindacali tra cui la CGIL, di sottoporre a referendum dei cittadini dell’Arcella l’ipotesi della società Valli di realizzare 4 torri nell’incrocio di S. Carlo.
Il progetto era stato presentato nel 2004 e ipotizzando nell’area uno sviluppo sia direzionale che residenziale, disegnava un nuovo centro per il più popoloso quartiere di Padova con un riordino urbanistico, una valorizzazione della linea del tram che collega Pontevigodarzere al centro città, un centro direzionale e commerciale fatto di 4 torri da 15-20 piani, immerso nel verde.
Sarà, ma da decenni ci sfugge perché anziché contenere realmente il consumo di suolo, senza bruciarne di nuovo con voracità, si continua questa corsa dissennata senza sosta e senza verificare mai se alle buone intenzioni va fatto seguito la realizzazione di buoni progetti, anche per l’ambiente e non solo per progettisti e costruttori.
La CGIL, insieme a Legambiente, ha fatto da coagulo di un composito arco di forze politiche e sociali che hanno rivendicato il diritto dei cittadini di essere consultati su scelte urbanistiche che impattano pesantemente sul proprio futuro, di poter dire no a una nuova colata di cemento che riduce il verde cittadino e che, lungi dal ricucire l’asse viario attraversato dal tram, si pone come speculazione privata di aree vuote da costruzioni.
Ci è sembrato giusto indirizzare una pronuncia che difende il verde non come spazio vuoto da colmare, ma come polmone indispensabile per la vita e il benessere delle generazioni attuali e future.
Il dibattito che ne è seguito è stato aspro, non esente da colpi bassi, perché inevitabilmente era divisivo tra chi in nome dello “sviluppo” era favorevole al progetto dell’Immobiliare Valli e chi riteneva che il disegno di riordino dell’area non potesse poggiare su 4 torri (una per lato) di notevole impatto ambientale in un quartiere fatto in prevalenza da case singole a due-tre piani.
Il dibattito anche a sinistra non fu per nulla semplice con il tentativo di rinchiudere l’azione della CGIL alla sola tutela del lavoro, nel mentre era a tutti palese che il conflitto lavoro-ambiente aveva bisogno di scelte complessive chiare che ponessero le basi anche culturali per una stagione di lavoro forte e qualificato nelle nostre terre che la smetta di avvelenare l’aria, l’acqua, il suolo per l’interesse e la speculazione privatistica di pochi. Che la finisca per sempre di elevare all’ennesima potenza il ricatto occupazionale per contrastare scelte green come la indispensabile giusta transizione per la fuoriuscita, senza tentennamenti e in tempi brevi, dall’energia prodotta da materie prime di origine fossile.
Il 18 giugno 2021 sono 15 anni dalla risposta chiara e netta della popolazione che ha partecipato in massa al referendum. Quello che colpì in modo fortemente positivo in quell’occasione fu: l’elevata partecipazione composta della popolazione interessata al referendum segno inequivocabile di democrazia partecipativa e della voglia democratica di partecipare sulle scelte; la forte affermazione del NO al progetto, considerato che lo schieramento dei partiti politici, con lievi sfumature tra questi, era favorevole all’edificazione.
Il sindaco dimostrò nell’occasione un profondo rispetto per la decisione popolare e si adoperò per l’archiviazione di questa proposta di intervento. Furono 15 anni di dure battaglie anche legali per l’Amministrazione Comunale finalmente coronate dal successo di poter disegnare l’area a verde pubblico.
Spiace che sia rimasto un caso isolato nel panorama veneto questo esercizio di democrazia a dimostrazione che molti politici la invocano, soprattutto quando sono all’opposizione, con una forte carica strumentale, ma ben pochi sono consapevoli dell’importanza del referendum su temi angoscianti di scelta netta nei tempi attuali.
Nel ricordare questo splendido episodio di vita cittadina, voglio rammentare che molta strada resta da percorrere per combattere efficacemente il cambiamento climatico dovuto all’irresponsabilità politica e umana.
In queste ore al centro della riflessione c’è lo scempio ambientale della Superstrada Pedemontana Veneta con la ricerca angosciosa di nuove auto che la percorrano, necessarie per far quadrare i conti della Regione Veneto impegnata a pagare il canone di disponibilità di 153 milioni di euro all’anno per 39 anni. In tempi in cui dovremmo ridurre senza indugio, senza se e senza ma, il parco automobilistico privato circolante, in Regione suona stonata questa musica che appare per quello che è: un retaggio del secolo del mito della crescita quantitativa a danno della qualità dell’aria in pianura padana. Se poi ci aggiungiamo il fatto che buona parte delle nuove strade costruite in Veneto poggiano su sottofondi stradali pieni di rifiuti vecchi e nuovi, tossico-nocivi e pericolosi, come accertato dalle tante indagini compiute dalle forze dell’ordine, e che per l’insensatezza del Piano Regionale Territoriale di Coordinamento (PRTC) del 2009 e attualmente in vigore, le uscite dei caselli pullulano di centro commerciali di ogni tipo e taglia, non solo si assesta un colpo mortale al commercio di vicinato e dei centri storici cittadini, ma soprattutto si compie l’ennesimo scempio di consumo di suolo. Così la Regione Veneto è maglia rosa nella classifica nazionale attivando un circolo vizioso senza fine fatto di nuove strade e capannoni per un popolo di ignari consumatori di terra e ambiente come se questi fossero beni infiniti e di facile produzione.
Il tempo a disposizione si riduce ogni anno, al pari delle risorse ecologiche disponibili, per cui questo è il momento di cambiare musica, e se non basta bisogna cambiare pure i direttori d’orchestra e i musicanti!
Ilario Simonaggio, segretario generale CGIL Padova 2002-2007