RESTRIZIONI AI PFAS: LA PROPOSTA DELLA UE

Per proteggere la salute abbiamo combattuto per eliminare il buco dell’ozono e il Ddt. Oggi tocca ai PFAS

 

È dagli anni Cinquanta che l’utilizzo incontrollato dei PFAS (sostanze per- e polifluoroalchiliche) causa un’abbondante contaminazione delle acque, del suolo e dell’aria in Europa. Le conseguenze sono già visibili e preoccupanti: queste sostanze sono state trovate nell’organismo dei bambini, e causano gravi danni per la salute. I PFAS sono sostanze che, una volta dispersi nell’ambiente, impiegano centinaia se non migliaia di anni per dissiparsi. Una situazione del genere è allarmante e richiede l’attivazione di specifiche restrizioni. L’Unione Europea, per questa ragione, ha pubblicato una proposta di restrizione sui PFAS che prevede alcune deroghe sui tempi di messa in pratica nel caso in cui dei prodotti alternativi ancora non siano disponibili.

In passato abbiamo già visto come l’applicazione di restrizioni sull’utilizzo di certi prodotti ha dato dei risultati molto positivi. Un esempio è quello dell’interruzione di produzione dei clorofluorocarburi dopo la scoperta del buco dell’ozono, grazie alla quale il danno si è notevolmente ridotto nel corso degli anni, con possibile riparazione completa entro il 2050. Un altro esempio è quello del DDT, il cui uso è stato bandito in agricoltura nel 1982, dopo averne individuato l’alto grado di tossicità, e oggi la concentrazione nell’ambiente delle sostanze che compongono il DDT è molto ridotta.

La Restrizione UE mira a far abbassare la quantità di PFAS nell’ambiente ed è stata progettata per ridurre l’impatto sulla salute che l’ingestione e la respirazione di queste sostanze chimiche avrà sulle generazioni future. I produttori degli PFAS, come è accaduto in passato con le altre restrizioni, oppongono resistenza sostenendo che non esistono prodotti alternativi per le applicazioni elettroniche, per le tecnologie energetiche, e per alcuni rivestimenti. La proposta di restrizione invece tiene in considerazione le alternative esistenti per tutti gli usi e include dei periodi di transizione.

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Sofia Brendolin, redazione Ecopolis