Poteva essere meglio gestita “la lista della spesa” presentata dalla Regione Veneto per la ripresa post Covid da finanziare con il Next Generation EU. Serve una programmazione organica e soprattutto un dibattito pubblico per un processo condiviso.
155 progetti raggruppati in 13 macroprogetti che vanno dalle infrastrutture alle Olimpiadi di Cortina, dalla sanità all’ambiente, dal rischio idrologico alla mobilità, dall’energia alla digitalizzazione, con due soli livelli di priorità, indispensabile e necessaria, per un totale di investimenti che sfiora i 25 miliardi. Questi sono i numeri del Piano Regionale di Ripresa e Resilienza Veneto (PRRR) pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 1 dicembre scorso per individuare le opere da finanziare in Veneto attraverso il Programma Europeo di investimenti ordinari 2021-2027 e il Next Generation EU, di cui molto si sta parlando in questi giorni, strumento europeo creato ad hoc per rispondere alla riconosciuta crisi climatica in corso, aggravata da quella pandemica che ha sconvolto il nostro continente a partire dal mese di febbraio 2020.
La sensazione è che si tratta di un libro dei sogni, o degli incubi in certi casi, riempito per lo più da una serie di progetti, molti dei quali già vecchi, proposti per accontentare diversi portatori di interessi e lobby economiche. “Che le idee della Giunta regionale sul futuro della nostra regione e dei nostri giovani siano state tradotte in un piano avido di innovazione e ricco di progettazioni del passato non è certo sintomo di buoni presagi – commenta il presidente regionale di Legambiente Luigi Lazzaro – e anzi rischia di fortificare l’assunto di una delle menti scientifiche più brillanti del XX secolo, Albert Einstein, secondo cui non si può risolvere un problema con la stessa mentalità che l’ha generato”.
Certamente ci sono nel PRRR opere assolutamente condivisibili come il completamento dell’Idrovia Padova mare, canale navigabile di V Classe, che rappresenterebbe un’alternativa all’ormai obsoleto trasporto merci su gomma, fonte di inquinamento e di costi sociali, e contemporaneamente un valido canale scolmatore in caso di piene della Brenta e del Bacchiglione, o come alcune reti ferroviarie, principalmente il Treno delle Dolomiti Cortina Calalzo e la Adria Mestre. Ma ci sono anche le autostrade, in particolare il corridoio Mestre – Cesena, detta anche Romea Commerciale e la Regionale Medio Padana Veneto Nogara – Mare, retaggio di superate concezioni trasportistiche e soprattutto opere progettate all’epoca della pessima gestione Galan.
Bene anche la presenza delle nuove opere acquedottistiche che riguardano le zone delle province di Vicenza, Verona e Padova contaminate dai famigerati perfluorati alchilici PFAS e cC604, anche se appare del tutto inutile e persino superfluo la presenza di questa voce di spesa tra quelle da finanziare attraverso il PNRR dato che queste opere sono state già finanziate e avviate dal Governo nazionale e salvo colpi di scena scena i lavori commissariali dei nuovi acquedotti si concluderanno prima della fine dell’inverno 2021. Più importante e certamente più affine a dettami e vincoli del NGEU dovrà diventare l’allocazione di risorse per la definizione dei Piani di Sicurezza degli Acquedotti del Veneto che prevedano e programmino necessari investimenti per il disinquinamento e la bonifica delle aree inquinate.
Rimangono marginali nel documento della Regione Veneto gli interventi per contrastare l’inquinamento ed il consumo di suolo oltre a quelli di prevenzione e controllo delle matrici naturali o di promozione della sostenibilità ambientale.
Perplessità importanti riguardano le politiche di sviluppo economico della Regione Veneto che per Legambiente scaturiscono dalla pochezza di idee e di progetti presentati nel PRRR su questi temi da parte dell’assessorato competente.
“Da tempo chiediamo di completare la filiera impiantistica dell’economia circolare veneta realizzando in ciascuna provincia un impianto per il riciclo dei prodotti assorbenti per la persona come già fatto nel trevigiano, un centro di preparazione al riutilizzo (come nel vicentino) e un impianto per il riciclo delle terre da spazzamento, oltre a una discarica autorizzata allo smaltimento dei rifiuti contenenti amianto su ambito regionale – sottolinea Lazzaro – e lo stesso dicasi per gli impianti da energie rinnovabili, su cui la Regione deve puntare con coraggio se vogliamo recuperare il tempo perduto e partecipare da protagonisti e non da spettatori alla decarbonizzazione delle produzioni e dei trasporti, per produrre innovazione e lavoro qualificato”.
Nel complesso si sente la mancanza di una visione di insieme, di un vero e proprio processo di condivisione e partecipazione popolare a nostro avviso indispensabile per contrastare il rilevante rischio di conflittualità sui territori derivante da centinaia di cantieri aperti. E non sarà certo la partecipazione a rallentare le scelte sulle opere, che al contrario potrà accelerarle superando le ritrosie sulla trasparenza che troppo spesso accompagna le procedure nei territori. In questo senso servono dei veri e propri corsi di formazione ed una norma regionale sul dibattito pubblico in attesa di una legge nazionale sul tema.
Mauro Dal Santo, redazione di Ecopolis
Luigi Lazzaro, presidente Legambiente Veneto
foto: evan-boehs