Legambiente partecipa al progetto proposto dalla Commissione Pari Opportunità di Padova, candidando figure femminili significative nell’ambientalismo per dedicare il loro nome alle rotatorie della città.
Il connubio Donne – Ambiente, è intelligente e rivoluzionario, in grado di rivoltare le basi di pensiero che legittimano il sistema economico e sociale attuale.
Oggi è particolarmente evidente la capacità critica che caratterizza gli approcci femministi ed ecologici, sia a livello teorico e sia nelle pratiche di resistenza reali, in cui vediamo essere messe in gioco soggettività, saperi e spazi storicamente ai margini.
Dalle indiane Chipko ai movimenti contro il nucleare, dalle Margaridas brasiliane alle mamme NoPfas, da Greta Thunberg a Sônja Guajajara – le donne sono protagoniste, leaders, cooperanti, creative.
L’ambientalismo nel mondo e le lotte condotte dai movimenti hanno goduto dei contributi di donne pioniere, le cui storie vanno ricordate e ripercorse, rinominate, perché ci aiutano ad allenare la coscienza e ripensarci sempre, partendo in primis dai luoghi e dalle strade che abitiamo.
Nel panorama italiano, Laura Conti è stata una figura chiave per il movimento ambientalista. Partigiana internata nel campo di concentramento di Bolzano fino alla fine della guerra, nel corso della sua vita ha accostato la sua professione medica al forte impegno politico. Impegnata nel contrasto ai problemi ambientali e particolarmente interessata al rapporto dell’ambiente con la salute e con le problematiche sociali, è stata anche scrittrice e divulgatrice scientifica, ribadendo la responsabilità delle applicazioni della scienza e della tecnologia. La sua sensibilità e le sue esperienze la resero capace di cogliere nei problemi ambientali i fattori psicologici e sociali, dando spazio alla voce di chi subiva direttamente le conseguenze della negligenza del sistema di produzione. Laura Conti ci insegna che “oltre all’ecologia delle piante e degli uccelli, conta anche quella delle fabbriche, dei lavoratori, delle periferie urbane”. Le sue opere sono diventate la base del pensiero ecologico sviluppatosi in quegli anni.
Considerata la fondatrice dell’ecologia e dell’ingegneria ambientale, la chimica, divulgatrice e scrittrice statunitense Ellen Swallow (1842) fu la prima laureata al Massachussetts Institute of Technology e la prima donna ricercatrice nel campo della chimica industriale. Specializzata in mineralogia e nutrizione, Ellen capisce l’importanza dell’ecologia come “studio di ciò che circonda gli esseri umani nelle conseguenze che produce sulla loro vita” e come una disciplina accessibile a tutti, particolarmente alle donne. Riconosce infatti la correlazione tra ecologia, ambiente domestico e vita quotidiana. Vive impegnandosi e re-inventandosi continuamente: insegna scienze durante corsi serali dedicati alle insegnanti, apre in un garage dell’Istituto universitario il primo Laboratorio di Scienze per le Donne, compie un lavoro di indagine delle risorse idriche dello stato del Massachussetts – allestendo il primo laboratorio per la purificazione degli scarichi idrici, trasforma la sua casa in un luogo di applicazione reale delle proprie teorie.
Rachel Carson, scienziata marina, scrittrice, femminista (1907), è l’autrice di Silent Spring (1962), il libro che aprì la riflessione sull’impatto dei pesticidi e composti chimici usati in campo agricolo. Denigrata e rifiutata soprattutto dagli industriali agro-alimentari, Rachel mette al centro il rapporto tra esseri umani e natura e si interroga profondamente sulla percezione e l’utilizzo delle risorse naturali, dando un nuovo impulso ai movimenti ambientalisti degli anni ’60. Il suo libro, distinto dallo stile narrativo e poetico tipico dell’autrice, è uno studio approfondito in collaborazione con esperti di varie discipline: “ (…) compose un quadro inedito, documentò la violenza sulla natura, denunciò chi la perpetrava, chi la sosteneva, rivelò le menzogne e gli artifici usati per occultare le responsabilità, i conflitti di interessi, il coinvolgimento statale e, soprattutto, collegava la mentalità che guidava quella violenza al militarismo e alla guerra”. La sua vita e le sue opere sono fonte di ispirazione continua e base del pensiero ecofemminista odierno.
Wangari Maathai, nata in Kenya nel 1940, è la fondatrice del Green Belt Movement, un’organizzazione ambientale che unisce l’emancipazione e l’autodeterminazione delle comunità rurali – e delle donne in particolare – alla conservazione dell’ambiente, attraverso la piantagione di alberi. Biologa e ricercatrice, è la prima donna dell’Africa centro-orientale ad ottenere un dottorato e diventa professoressa al Department of Veterinary Anatomy. Nominata nel 2009 Messaggera di Pace dalle Nazioni Unite, nel 2010 fonda il Wangari Maathai Institute for Peace and Environmental Studies – in collaborazione con l’Università di Nairobi, che unisce la ricerca accademica in campo ambientale e sociale con l’approccio adottato dal Green Belt Movement – esperienza raccolta ed elaborata nei suoi libri. La sua particolare figura è simbolo dell’emancipazione delle donne e delle comunità rurali africane, della lotta contro il colonialismo e per la conservazione dell’ambiente attraverso approcci e saperi tradizionali.
L’indiana Vandana Shiva, fisica, filosofa, divulgatrice, ricercatrice, attivista ecofemminista, è oggi una figura estremamente significativa per i movimenti ambientalisti in tutto il mondo. Esempio di coraggio e determinazione, Vandana ha condotto e conduce tuttora molte battaglie sul campo, a fianco delle donne e delle comunità. I suoi saggi, pietre miliari del pensiero ecofemminista, denunciano l’approccio scientifico patriarcale e distruttivo, che legittima lo sfruttamento estremo delle risorse, l’annientamento degli equilibri ecologici e l’aumento della povertà tra le popolazioni rurali soprattutto del sud del mondo. Sostenitrice del movimento delle donne Chipko, da cui ha tratto ispirazione, Vandana Shiva è tra le autrici e le attiviste che più si impegnano perché la monocultura della produzione economica globale venga compresa dalle sue basi di pensiero. Attuale vice presidente di Slow Food, collabora con diverse organizzazioni ambientaliste, interviene in molti convegni in giro per il mondo, lavora all’ONU ed è consulente per le politiche agricole di numerosi governi. Nel 1991 fonda il movimento Navdanya, oggi ancora attivo con altri nel mondo, per la difesa dei semi autoctoni dalle rivendicazioni delle multinazionali e per la conservazione della biodiversità.
Marta Bolgioni, ecofemminista