Perché un Comitato per una Piazza che non c’è? Il Comitato esiste perché crede fermamente che le periferie urbane debbano essere qualificate, non con altro cemento, ma con spazi pubblici, aperti, permeabili, accessibili a tutti, dotati di prati alberati e di un disegno che rappresenti nella sua bellezza il valore simbolico del luogo pubblico, della città delle genti.
Rovesciare il modello urbano fin qui perseguito è la sfida in questa piccola parte di città. Parte piccola ma significativa in quanto unica area ancora inedificata in un quartiere grande quanto le città di Rovigo e Belluno. Un quartiere dove tutti gli spazi sono stati consumati in omaggio alla “Riqualificazione Urbana”; concetto usato in modo distorto da una cultura affarista, neoliberista che ha contagiato centrodestra e centrosinistra, nella quale la città è trattata più come una merce che come un organismo complesso qual è l’habitat del genere umano.
C’è un pericolo in vista. La frase più preoccupante è scritta all’articolo 14 del Piano di Assetto del Territorio adottato dal Comune di Padova che così recita: “Il Piano degli Interventi, in coerenza ed in attuazione del P.A.T., provvede a definire e localizzare le opere e i servizi di interesse comunale e sovracomunale.”
Questo significa che dopo l’approvazione del PAT, le aree destinate a servizi pubblici di quartiere, potranno “migrare” in altri luoghi, anche lontani dagli insediamenti urbani dove effettivamente servono. Se ciò avvenisse, sarebbe un grande favore fatto agli speculatori, interessati alle “trasformazioni urbane” di aree già urbanizzate. Oggi non può accadere, per le misure di salvaguardia prodotte dalla sovrapposizione dei 2 Piani PAT e PRG, ma potrà legittimamente avvenire domani, a PAT approvato.
Nell’area di San Carlo gli appetiti erano già emersi col PIRUEA, sconfitto da una consultazione popolare dove il 73% dei votanti aveva detto NO ad altro cemento. Zanonato, da Sindaco, aveva ribadito il suo rispetto all’esito referendario. Ma che farà il sindaco futuro? Zan e Fiore, candidati del Centrosinistra alle primarie, hanno risposto in termini coerenti alla loro sensibilità ambientale. Della risposta di Ivo Rossi siamo ancora in attesa. Questo preoccupa il Comitato che si è costituito per difendere quest’area e al quale chiediamo ad ogni cittadino di aderire.
La realizzazione di una Piazza-Parco nei 30.000 metri quadrati a cavallo di via T. Aspetti, di fronte alla Chiesa di San Carlo (interamente destinati dal PRG vigente a servizi pubblici di quartiere), sarebbe in perfetta conformità allo strumento urbanistico comunale. Ma il Piano degli Interventi, potrebbe consentire nuove edificazioni anche sul verde che già c’è.
L’ecologia deve diventare il motore di un nuovo modello di sviluppo. La Convenzione Europea del Paesaggio prevede non solo la difesa dei paesaggi eccezionali ma anche di quelli urbani degradati. L’area di San Carlo, già per 2/3 di proprietà comunale, può rappresentare, con un progetto partecipato che realizzi una scenografia urbana di alto valore estetico, un concreto esempio di Riconversione Ecologica della Città e di stop al consumo di suolo urbano, dove l’impermeabilizzazione produce allagamenti di strade e di interi quartieri. Una Piazza-Parco aiuterebbe l’integrazione sociale, rafforzerebbe la democrazia e la sicurezza nel quartiere, promuovendo la convivenza civile. Aumenterebbe il valore immobiliare del già costruito, come avviene in tutte le parti del mondo.
Luisa Calimani- architetta Città amica
Da ragazzo (1953), fino al matrimonio, ho vissuto all’Arcella e ho visto sciogliersi e sparire il verde agricolo e giardinistico, quasi giorno dopo giorno.
Tutti i morti dei bombardamenti non bastarono a impedire lo stesso assurdo modo di costruire: prima catapecchie con capanni per arrivare al confine, poi palazzi alveare.
Attorno alla chiesa di s. Carlo, migliaia di mq con ville, villette e spazio verde (non condivisibile nella composizione – troppo esotico e senza spazio sufficiente per crescere – non spazio per un giardino, ma area di rispetto delle distanze dal confine – verde per pochi metri torno torno all’edifico, tuttavia, pur sempre verdi!
Tornando poi, neppure quel verde c’era più!
4 torri voleva Gregotti, io proposi di deportare tutti gli Arcellani imprigionati tra due ferrovie e un’autostrada, per lasciavi solo le 4 torri e i loro abitanti. Volevo fosse un ottimo paradossale (ma non troppo! pensate al Portello!) pretesto di discussione per far capire che la materia solida è incomprimibile, che gli occhi hanno bisogno di spazio per respirare per pensare in libertà.
Grazie, finalmente possiamo avere forza e speranza per ottenere una piazza e un po’ di verde sui brandelli.
Che ne sarà però del Consiglio di Quartiere e delle istanze dei suoi abitanti? Chi vorrà ascoltarle?