Il 21 Maggio 2015, a cent’anni della nostra entrata nel massacro della Prima Guerra Mondiale, la Camera aveva riabilitato i settecentocinquanta fucilati per disobbedienza e diserzione, tra cui anche i “Fusilâz”, quattro alpini passati per le armi a Cervicento nel vicino Friuli-Venezia Giulia.
Si tratta della formulazione legislativa di una giustizia che si attendeva da tempo, dopo essere stata richiesta da più parti, compreso il capo di tutti i cappellani militari del Vaticano.
L’Italia stava dunque seguendo l’esempio di Francia e Gran Bretagna, che hanno riabilitato i loro fucilati per diserzione, fino a che la legge non è stata stravolta dal Senato un mese fa. Nicola Latorre (PD) lo motiva in maniera poco convincente, come racconta Paolo Rumiz nel suo articolo su Repubblica; si fa riferimento, tra l’altro, ai problemi di risarcimento per i discendenti delle vittime, a un paradossale conflitto di competenze tra parlamento della Repubblica e l’ex ordinamento monarchico, che non esiste più da settant’anni, fino al rifiuto, a causa della giovane età, di far collaborare le scuole nella scrittura della targa ai fucilati da depositare al Vittoriano. La legge dunque non è passata, nonostante il nostro paese si trovi ad avere una responsabilità in più rispetto alle altre nazioni belligeranti: la ricostruzione storica ci parla di un primato tutto italiano non solo per l’altissimo numero di esecuzioni, ma anche per la durezza della disciplina voluta dal Generale Cadorna che ebbe pochi eguali nella Grande Guerra.
Reazioni dure dei deputati del PD Gian Piero Scanu e Giorgio Zanin, principali promotori della legge. Zanin dichiara: “Così si avalla la tesi che Norimberga fu un’ingiustizia, perché si condannarono militari ligi agli ordini”. Così invece Scanu: “È del tutto sconcertante che una proposta votata dalla Camera, in questo caso all’unanimità, e approvata con il consenso del governo, venga interamente soppressa per essere sostituita con un’altra che ne cancella l’intento originario”. E prosegue, mostrando i difetti della nuova legge: “Il testo proposto dal Senato lascia irrisolta la richiesta di riabilitazione. Tanto per fare un esempio: con quella norma sarà restituito l’onore alla memoria agli alpini di Cercivento? Non lo sapremo mai. Che senso ha offrire il perdono alle vittime della decimazione quando invece dovremmo chiederlo noi a loro? Come è possibile arrivare a definire l’orribile pratica della decimazione (soldati estratti a sorte per essere fucilati) come ‘cruenta applicazione della giustizia militare di quel tempo’?”
Noi di ecopolis – dopo aver scritto nel 2014 dell’appello per la riabilitazione dei disobbedienti di guerra – abbiamo parlato con Mao Valpiana, presidente e storico esponente del Movimento Nonviolento italiano. “Il testo approvato dalla Camera era un buon testo”, ci dice, “la battuta d’arresto avvenuta con lo stravolgimento al Senato è del tutto inaspettata”. “Non è la prima volta però”, prosegue, “che le istituzioni si mostrano più arretrate della coscienza del paese, che è lontano dalla retorica dell’eroismo, non solo di matrice fascista ma anche falsa in sede storica: è necessario dunque continuare la campagna culturale su questo tema, per ottenere la legge il prima possibile, con l’aiuto dei molti senatori e deputati disponibili”. “Come Movimento Nonviolento”, conclude, “siamo sempre stati su questo tema e non demordiamo: dobbiamo rendere onore e restituire dignità ai tanti giovani disertori, renitenti, obiettori che rifiutarono il massacro, cercando di salvare la vita.”
Luca Cirese – redazione ecopolis