Noto da più fonti antiche, lo Zairo (dal latino Theatrum) vide la luce per la prima volta alla fine del ‘700 in occasione della realizzazione del Prato della Valle ad opera di Andrea Memmo, per poi essere nuovamente interrato e nascondendolo alla vista. Parte delle strutture del teatro giacciono oggi sul fondo della canaletta che circonda l’isola Memmia.
In occasione del bimillenario della morte di Tito Livio si è deciso di riportare in luce ed analizzare nel dettaglio i resti del teatro, la cui presenza era già stata accertata nel secolo scorso in occasione dei lavori di manutenzione e pulizia della canaletta.
Nonostante le difficoltà dovute alla natura del contesto e alle condizioni metereologiche non sempre favorevoli, tra novembre e dicembre a seguito dello svuotamento della canaletta e della rimozione dei fanghi, è iniziato lo scavo del teatro, che ha visto scendere in campo una ventina di archeologi tra studenti, specializzandi e dottorandi dell’ateneo patavino sotto la direzione scientifica del Prof. Jacopo Bonetto e della dott.ssa Caterina Previato (Università di Padova), in stretta collaborazione con i Musei Civici Eremitani (dott.ssa Francesca Veronese), la Soprintendenza Archeologica (dott.ssa Elena Pettenò) e il Comune di Padova (arch. Fabio Fiocco).
La prima fase dello scavo ha portato alla riemersione delle strutture conservatesi all’interno della canaletta: sia quelle già note da fotografie storiche, ovvero i muri radiali e la gettata in cementizio che sostenevano le gradinate della cavea del teatro, dove prendevano posto gli spettatori per assistere alle rappresentazioni teatrali che si svolgevano nell’antistante palcoscenico; sia piani in mattoni mai osservati precedentemente tra i muri radiali e all’esterno della cavea, la cui funzione verrà chiarita dagli studi attualmente in corso.
Si sono svolte poi le operazioni di documentazione delle strutture attraverso rilievo a stazione totale (per la realizzazione di piante complete e precise del teatro in tutta la sua articolazione ed estensione), fotografie digitali e aeree per mezzo di droni e rilievi laser scanner per la realizzazione di modelli tridimensionali dell’edificio.
Nel corso dello scavo sono stati prelevati dei campioni delle strutture antiche ed eseguiti carotaggi meccanici funzionali allo studio delle tipologie dei materiali da costruzione utilizzati, alla comprensione delle dinamiche costruttive del teatro ed all’individuazione del livello di profondità raggiunto dalle fondazioni dell’edificio.
Oltre all’acquisizione di dati scientifici unici e fondamentali, che permetteranno di conoscere meglio uno degli edifici di spettacolo romani più grandi della penisola, la riemersione del teatro della Patavium di Tito Livio ha permesso di avvicinare moltissimo la cittadinanza alla conoscenza del proprio passato attraverso le tracce che essa ci ha lasciato.
Numerosissimi erano gli affezionati che quotidianamente venivano a vedere le rovine affiorare spalata dopo spalata, animati dalla curiosità per la rimessa in luce di questo complesso archeologico d’eccezionale interesse storico e culturale.
Grande afflusso anche durante le visite guidate condotte da noi archeologi ogni sabato: centinaia di padovani sono accorsi per vedere in prima persona cosa la nostra città ci restituisce dal passato. A riscuotere grande entusiasmo sono state anche le ricostruzioni tridimensionali messe a disposizione al termine delle visite: il tour virtuale per la Padova romana ha permesso al pubblico di fare un viaggio nel tempo di duemila anni, immergendosi nella città di Tito Livio e ammirando i suoi principali edifici monumentali.
dott.ssa Federica Stella Mosimann,
Scuola di Specializzazione in beni archeologici, Università di Padova