L’Italia colpita al cuore (dal cemento)

NELLA CITTA' DOLENTE_DEF_Layout 1 copia 14Rendita urbana, speculazione immobiliare, consumo del suolo e devastazione delle aree agricole: questi e molti altri i colpevoli del disastro ambientale che da cinquant’anni si consuma in Italia. Il libro “Nella città dolente” di Vezio de Lucia indaga sui crimini del passato e lancia la sfida per il futuro: ricominciare una battaglia coerente per limitare lo strapotere della rendita fondiaria.

L’interesse del libro, dal titolo molto suggestivo, risiede non solo nella ricognizione profonda di un recente passato ma nell’attualità dei problemi affrontati, in particolare della rendita urbana, male che affligge le città, madre e matrice della speculazione edilizia, del consumo di suolo, del dissesto idrogeologico, dello squallore delle periferie, della disgregazione sociale, della pessima qualità dell’architettura e del paesaggio urbano.

Vezio De Lucia trae dall’acuta analisi dei fatti avvenuti la forza per reagire e proporre un’inversione di tendenza nella “governance” delle città. Racconta che il 13 aprile del 1963 segna il punto di non ritorno nella svendita dell’Italia a costruttori e palazzinari: quel giorno “Il Popolo”, quotidiano ufficiale della DC, scrive che nello schema della nuova legge urbanistica presentato dal Ministro dei Lavori Pubblici Fiorentino Sullo (basato sull’esproprio delle aree edificabili) non era “in alcun modo impegnata la responsabilità della Democrazia Cristiana”. Svanì così la possibilità di sottrarre le nostre città alla violenza della speculazione fondiaria che aveva avuto il via libera alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

A dare carattere definitivo alla sconfitta contribuì il tentativo di colpo di Stato dell’estate del 1964 (il cosiddetto Piano Solo) ordito dalla Presidenza della Repubblica e da ambienti politici e padronali atterriti dalla proposta di riforma urbanistica. Ma il declino inesorabile, secondo De Lucia, è cominciato dopo gli anni Ottanta con l’affermazione del pensiero unico neoliberista che ha quasi del tutto azzerato l’urbanistica. E poi il berlusconismo, quello delle grandi opere inutili e dannose e dei “padroni in casa propria”.

De Lucia osserva nel suo lucido racconto di 50 anni di storia urbanistica italiana che chi si è opposto a questo modello di sviluppo urbano e territoriale è stato politicamente decapitato. E’ successo allora. E ora? Le proposte di legge presentate sul “Consumo di suolo” possono dare una risposta a questo interrogativo. Il Ministro Lupi, i costruttori, Realacci (primo firmatario della proposta di legge depositata) e M5S sono tutti d’accordo: occupare tutte le aree libere interne al tessuto edificato prima di consumare un metro quadro di area agricola.

Queste strane convergenze derivano dal fatto che le lottizzazioni periferiche ormai rimangono invendute, che la crisi edilizia impone di concentrare gli interventi e gli investimenti nei più redditizi territori centrali e che questo deve essere favorito da una cultura (o incultura) urbana sorretta da leggi che lo consentano. In questo modo le città verranno saturate e devastate irrimediabilmente. Salvare i territori agricoli va bene ma non lo si può fare consumando le poche aree libere e permeabili rimaste all’interno dei tessuti edificati, preziose per il benessere fisico e sociale dei cittadini, per un adeguato soleggiamento dei fabbricati e necessarie per evitare i sempre più frequenti allagamenti.

Vezio conclude sperando che, pur non potendo rimediare ai danni del passato, si possa almeno arginarli per il futuro. Occorre reagire in modo coraggioso e radicale perché le insidie sono maggiori, i linguaggi mistificanti e le leggi presentate sembrano scritte da ambientalisti sotto dettatura degli immobiliaristi.

Luisa Calimani, urbanista

5 thoughts on “L’Italia colpita al cuore (dal cemento)

  1. cara Luisa,
    tu sai bene quanto Legambiente Padova – da oltre 20 anni – si sia battuta e si batta per la salvaguardia delle aree libere interne al tessuto urbano. A partire dall’idea di Parco urbano del Basso Isonzo che fu lanciata nella seconda metà degli anni ’80.
    Molte volte ci siamo travati insieme, affiancati in queste lotte e per progetti alternativi. Pochi ricordano ad es. che se ancor oggi esite un’area libera al Basso Isonzo (purtroppo coinvolta e stravolta nella sciagurata perequazione ambientale di Riccoboni-Mariani) è perchè tu, assessore al verde, ponesti il vincolo a Parco negli anni ’90.
    Analogamente per Legambiente Padova è stata centrale la battaglia a difesa dei cunei verdi – quei pezzi di città libera dal costruito – immaginati così da Piccinato negli anni ’50, tali da “portare” il verde fin dentro alla città storica, a toccare le mure del cinquecento.
    Le perequazioni di Riccoboni-Mariani-Rossi hanno permesso l’assalto a queste aree libere. A Forcellini-Iris, come a Terranegra, Basso Isonzo, Brentelle.
    Cosa rimane oggi della forma a stella della nostra città? cosa rimane dei cunei verdi e dei corridoi ecologici? Bene poco.
    Per questo condividiamo l’impostazione del tuo ragionamento.
    Non di meno da un paio di anni siamo impegnati a progettare un grande Parco Agricolo Paesaggistico che tuteli le aree agricole periurbane ed extraurbane attraverso forme di valorizzazione agricola sostenibile.
    Con stima, Legambiente Pd

  2. sono stato alla presentazione del libro dell’arch. De Lucia. Molto interessante.
    Ma agli organizzatori pongo una domanda: non siete preoccupati che in sala su 40/50 persone fossimo solo in due con meno di 30 anni? Mi ha dato l’impressione di un circolo radical chic di addetti ai lavori, prevalentemente ultra 50enni.
    Una domanda dell’arch. Lironi era su come oggi le istanze di buona urbanistica si possano (o meglio debbano) legare ed intercettare i bisogni di parte larga della società, come è successo negli anni ’50 con l’emergenza/bisogno abitativo o nei ’70 con la questione lavoro. Un aspetto centrale. Mentre ci veniva ricordato che è stato il partito dei costruttori ad essere riuscito a conquistare negli anni un consenso sociale diffuso e trasversale.
    Secondo me iniziative di questo genere non aiutano affatto in questo senso e mi hanno dato l’impressione di essere molto autoreferenziali (come del tutto superfluo mi è parso il riferimento a Berlusconi, ossessione di una parte della sinistra. Tema che va affrontato in termini culturali più profondi).
    Spero di poter leggere le vostre opinioni in merito tramite ecopolis.
    Distinti saluti
    Marco Signorini
    ps: comunque ho acquistato una copia del libro dell’arch. De Lucia

  3. Non credo che ripercorrere e riflettere sulle vicende dell’urbanistica italiana degli ultimi decenni sia poi così inutile. E’ la premessa necessaria per comprendere le difficoltà della situazione attuale. Ovviamente la presentazione del libro di Vezio De Lucia (che di tali vicende è stato un protagonista) è stata solo una occasione per avviare la discussione. Una discussione non facile dato lo scarso prestigio di cui gode l’urbanistica contemporanea ed in considerazione del fatto che i comitati troppo spesso sorgono solo quando arrivano le ruspe e non quando si pianificano le trasformazioni urbane.
    Purtroppo non sapevamo che la libreria aveva concesso la sala ad altra associazione per le 19.00. Non c’è perciò stato tempo per un vero dibattito e per l’approfondimento delle questioni emerse (anche se alcuni temi sono poi stati informalmente discussi seduti nel plateatico del vicino bar). In particolare sulla questione del come si possa oggi rilanciare la questione urbanistica facendo leva sui bisogni reali degli abitanti, parlandone anche con Vezio De Lucia, si è accennato ai movimenti del cohousing e del coworking, ovvero ai sempre più numerosi gruppi di giovani (e meno giovani) che richiedono l’uso del patrimonio pubblico e privato, oggi abbandonato o sottoutilizzato in vista di future (quanto oggi difficilmente possibili) speculazioni immobiliari. A Roma il Comune ha dovuto cedere stabili pubblici per l’avvio di esperienze di cohousing. Ma altrettanto importante è riuscire ad ottenere il riuso di spazi abbandonati (stabili e terreni) ceduti a canone calmierato per favorire l’avvio di nuove esperienze di lavoro (in forma cooperativa o con la formula appunto del coworking) od anche per attività di spettacolo e sociali. Una problematica che potrebbe essere oggetto specifico di un prossimo incontro… d’altra parte è anche una problematica che a Padova da qualche tempo stiamo affrontando con la proposta del Parco Agro-paesaggistico metropolitano. Alla prossima

  4. Carissimi, ho semre portato il vostro comportamento ad esempio di un modo coere nte di affrontare i temi del territorio, non solo a parole e nei convegni (cosa sempre utilissima), ma anche nelle pratiche quotidiane. A Padova, la devastazione del territorio, urbano e periurbano, consentito dall’attuale Piano Urbanistico, continua ad essere praticata nell’indifferenza quasi totale. Anche le aree a rischio di allagamenti, quasi inaccessibili, o pezzi di terreni incolti dove giocano i ragazzi dopo scuola, sono sacrificati alla speculazione senza nessun tentativo di porre dei freni, anche quando si potrebbe. Manca nella maggioranza la sensibilità politico-culturale-ambientale per farlo. I pochi che si oppongono trovano sempre in voi un alleato serio e attento. Purtroppo la vicenda delle proposte di legge sul Consumo di suolo dimostrano che non è così per tutti gli ambientalisti, che per ingenuità, incompetenza o malafede, consentono la devastazione delle città per salvaguardare le aree agricole. Ma la città non può essere trattata come merce di scambio. Sono certa che saremo insieme anche in questa battaglia molto dura. Grazie anche per esservi ricordati della mia azione verso il Parco del Basso Isonzo che credevo da tutti dimenticata. Luisa Calimani

  5. Il problema dell’indifferenza ai temi urbanistici è non solo dei giovani ma di persone di tutte le età. Riguardo ai giovani, se quelli sensibili ci aiutassero a coinvolgerne altri sarebbe utile a tutti. Quando un campo abbandonato viene sottratto ai ragazzini che giocano, quando abbiamo l’acqua in casa dopo un pò di pioggia, quando viene costruito, non per dare una casa a chi non ce l’ha, ma per investire denaro riciclato, quando il traffico ci fa perdere anni di vita, non pensiamo mai che è un problema urbanistico, parte di un disegno generale che andrebbe capovolto come un calzino.
    Rivoluzioniamo le nosctre città, andiamo davanti a Piazza Rabin e impediamo che ne facciano un supermercato, ma chiediamolo come spazio per i giovani, perchè vivere la città è un loro diritto

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