Rispetto. La parola da cui cominciare un ragionamento sulla scuola è questa. Rispetto per chi la frequenta e per chi ci lavora.
L’emergenza sanitaria ha imposto nuove regole di relazione, innanzitutto perché la priorità deve essere la salute pubblica e la tutela di chi, in questi mesi, ha assicurato la presenza dello Stato. Stato sociale l’altra parola su cui riflettere per pensare a un futuro sostenibile. Quindi alla necessità di rinforzare il sistema pubblico sanitario e scolastico che in questi anni di autonomia, più o meno differenziata, ha purtroppo dipinto lo stato italiano con sfumature diverse, ben prima della divisione del territorio nazionale in colorate regioni a sicurezza differenziata.
Le differenze sul territorio erano presenti prima della pandemia che ha solamente messo in evidenza le criticità. Ora chiediamo tutti di riaprire le scuole secondarie di secondo grado, in presenza, per tutte e tutti – i ragazzi e le ragazze con disabilità e bisogni educativi speciali continuano a frequentare in presenza come quelli degli altri gradi che sono tutti a scuola – perché la scuola è fatta di relazioni che nessun surrogato virtuale potrà sostituire. La didattica a distanza ha funzionato nell’emergenza e ha garantito la continuità degli apprendimenti con dei limiti, certo – soprattutto per le diverse fragilità, dai docenti agli alunni, e per le diverse opportunità territoriali – ma ha anche permesso un investimento che non ha precedenti per la diffusione dell’informatizzazione e del cablaggio negli istituti.
Non si possono imputare al virus responsabilità che appartengono a precise scelte politiche di tagli e disinvestimenti, con vergognose campagne mediatiche, ricordiamolo, che hanno dipinto chi lavora nello Stato come “un furbetto” a prescindere e di cui abbiamo sentito il ritorno nella richiesta di aperture domenicali o estive della scuola, come se chi vi lavora fosse sempre a disposizione e comunque tenuto a lavorare. Ricordo che le scuole da inizio pandemia sono state chiuse solo nella pausa di Carnevale dello scorso anno, poi sono state sempre aperte, nel rispetto delle norme di sicurezza.
Cosa fare ora è la domanda da porsi. Per quanto riguarda il Veneto dobbiamo purtroppo prendere atto della situazione contingente che presenta un tasso di circolazione del virus ancora molto alto. Troppo. E l’autunno dolce, come è stato definito e che ci è stato permesso, ha falsato la percezione della pericolosità della pandemia, giustificando comportamenti non adeguati né alle norme, né alle indicazioni degli organismi sanitari. Si deve tenere in piedi l’economia, certo, ma la scuola non può essere trattata come un’attività produttiva a servizio del consumatore, né può essere legata a logiche di rendicontazione economica.
Le scuole non sono luoghi sicuri in sé ma lo sono perché i protocolli sulla sicurezza sono stati applicati in modo rigido. Protocolli che, ora, dovrebbero però essere riaggiornati.
Per questo, a livello nazionale, la FLC CGIL e la CGIL hanno chiesto, e continuano a chiedere con urgenza, la convocazione di un tavolo nazionale per monitorare la situazione e valutare i provvedimenti necessari. A oggi non si conoscono e non sono stati resi pubblici i dati sui contagi nelle scuole e per la riapertura in presenza sono necessarie tutele in materia di salute e sicurezza. Il sistema dei tracciamenti è saltato, non ha retto la quantità di richieste provenienti dalla scuola e non è stata creata una corsia preferenziale per la scuola sull’effettuazione dei tamponi e dei tracciamenti. Tutto questo evidenzia ancora una volta l’assenza di un progetto e un’azione improntata a tamponare l’emergenza senza una concreta e reale prospettiva. E di nuovo scuole senza didattica in presenza alle scuole superiori, in Veneto, fino a fine mese con ordinanza del 4 gennaio scorso, a due giorni dalla riapertura.
Nel frattempo il personale della scuola superiore ha lavorato per riorganizzare turni di lavoro, lezioni, ingressi differenziati dal 3 dicembre per il 75% degli alunni e delle alunne, dal 24 dicembre (vigilia di Natale) al 50% per poi arrivare al “fermi tutti” del 4 gennaio. È rispetto per la scuola questo? Per chi la frequenta, per chi ci lavora, per le famiglie che devono organizzare tempi di vita e tempi lavoro.
Su delega del governo i prefetti sono stati incaricati di predisporre la convocazione di tavoli provinciali per organizzare la riapertura in presenza delle scuole superiori invitando ai tavoli l’azienda trasporti locale, la provincia, il comune e l’ufficio scolastico, ma non le parti sociali. Abbiamo chiesto al prefetto di Padova un incontro come CGIL, CISL e UIL prima di Natale e siamo in attesa di una risposta. Un tavolo territoriale di monitoraggio è indispensabile ed è necessario un confronto con le parti sociali e il coinvolgimento anche delle autonomie scolastiche. Assieme alle altre OO.SS. del comparto scuola avevamo chiesto l’attivazione di un tavolo di monitoraggio tra le diverse realtà che vivono la scuola e sono coinvolte nell’impegno per il contenimento dei contagi, con il coinvolgimento di Prefettura, Ufficio scolastico provinciale, Ulss, Protezione Civile, Enti locali e Sindacati della scuola durante l’incontro con il Prefetto avvenuto al termine della mobilitazione per la stabilizzazione del personale precario dello scorso 14 ottobre.
La scuola non può tornare in presenza con questi presupposti e tantomeno tornare quella prima del Covid, abbandonata a sé stessa e con sempre meno risorse in organico nonché, da una decina d’anni, oggetto di disinvestimento e tagli. Vero però che sono stati stanziati dei fondi anche per l’organico. Anche qui torna la parola rispetto: a lavoro effettuato corrisponde un salario erogato. Salario che il personale assunto per far fronte all’emergenza sanitaria, cosiddetta Covid, non si è visto erogare che qualche giorno fa, dopo ripetute richieste di far fronte ai pagamenti da parte del sindacato.
Per noi il rientro a scuola è prioritario, ma bisogna tenere insieme diritti alla salute e diritto all’istruzione. La scuola ha bisogno di una centralità nelle scelte politiche che riporti la scuola pubblica ad essere un investimento per il futuro delle generazioni che la frequentano e per il Paese. Rivogliamo la scuola in presenza prima possibile? Allora, a questo punto, bisogna prendere atto della situazione contingente senza reiterare inutili palliativi: serve subito un ragionamento serio sul sistema di trasporto che dovrebbe essere esclusivo per le scuole ed è indispensabile un rapporto efficace tra presidio sanitario e istituzioni scolastiche.
E infine credo si debba davvero ringraziare chi lavora nelle scuole: dai Dirigenti Scolastici ai Docenti e al personale non docente (ATA) perché spesso, con poco supporto, con propri mezzi, senza una formazione specifica, si sono rimboccati le maniche per garantire forme di relazione e di insegnamento alternativi alla didattica in presenza. Ma la scuola è altra cosa. La scuola è il piccolo mondo in cui si impara a vivere insieme nel rispetto delle diversità, a superare le paure, condividendo successi e frustrazioni. E che la scuola continui a essere questa, ce lo auguriamo davvero.
Mara Patella, Segretaria generale FLC CGIL Padova