Prosperità senza crescita è l’ultimo libro, già tradotto in diciassette lingue, di Tim Jackson, consigliere per la sostenibilità della Sustainable Development Commission del Regno Unito.
Ed è su questo argomento che l’economista inglese ha tenuto il 17 gennaio scorso una conferenza all’Auditorium dell’Orto Botanico di Padova (cliccate sul link per rivederla): il professore della prima cattedra sullo Sviluppo sostenibile nel Regno Unito si è posto la questione cruciale se la crescita sia davvero in grado di produrre benessere e prosperità.
Se nessuno infatti nega che lo sviluppo economico sia essenziale per le nazioni più povere, una quantità crescente di studi dimostra che nei paesi sviluppati la crescita a ogni costo porta a una maggiore infelicità e a livelli pericolosi di disuguaglianza. Una vita di benessere è stata misurata su un reddito che permette anche di accedere a beni e servizi essenziali. Al di sopra dei 15.000 dollari annui, i vantaggi della crescita sembrano però diminuire in modo consistente.
Avere “di più” non significa dunque sempre vivere “meglio”: lo stesso senso di sicurezza assicurato dal raggiunto benessere non viene più garantito se si vive in una società con forti diseguaglianze sociali: un discorso che vale sia in ambito nazionale che internazionale, di cui il muro tra USA e Messico ne è solo la più macroscopica delle dimostrazioni.
E nel ragionamento bisogna ancora aggiungere i limiti ecologici del nostro pianeta: un parametro che i governi, troppo intenti a far ripartire la crescita, non considerano a sufficienza nel sistema economico. Anche le prospettive più rosee in termini di efficienza e di green economy, sono pur sempre inserite nel paradigma della crescita, che ha dimostrato la sua limitatezza.
Se quindi i paesi occidentali sono già cresciuti abbastanza o troppo, ora devono rifondare la loro economia, guardando a una più equa distribuzione della ricchezza: un passaggio, per Tim Jackson, non solo auspicabile ma necessario.
Serve recuperare la profondità e la complessità della natura umana come strada per uscire dalle logiche egoistiche e rivalutare una “prosperità” che vada oltre il materialismo. Secondo Tim Jackson, il modello economico che può sottrarci alla logica della crescita e del consumo illimitati si basa sulla riduzione, per limitare la disoccupazione, degli orari lavorativi e sulla rivalutazione del settore dei servizi. Importanza cruciale hanno in questo modello le imprese eco, i green jobs e gli investimenti etici ed ecologici.
Tutto questo deve però inserirsi in un progetto politico coerente: troppo spesso i governi portano avanti una politica schizofrenica, in cui da una parte sottoscrivono protocolli internazionali per la riduzione dei consumi energetici e dell’inquinamento, e dall’altra continuano a investire sull’aumento dei consumi e del PIL.
Le stesse iniziative dal basso, che Tim Jackson chiama “edonismo alternativo”, cioè i nuovi stili di vita, gli ecovillaggi o le comunità spirituali, sono difficili da attuare in modo coerente se si vive in una comunità più larga che è strutturata per un’economia di crescita materialistica.
L’analisi di Tim Jackson è profonda e sistematica, affronta non solo i temi macroeconomici ma anche i meccanismi psicologici che stanno alla base della nostra spinta a comprare oggetti. Prosperità senza crescita delinea una proposta concreta di economia sostenibile per vivere bene, passando dal materialismo all’essenziale: l’unica proposta che secondo l’autore consentirebbe alle società umane di svilupparsi nel rispetto dei limiti ecologici del nostro pianeta.
Annachiara Capuzzo – redazione ecopolis