Riqualificazione non è sinonimo di “faccio ciò che voglio”

ecopolis testata modTra non molte settimane andrà in discussione, in Consiglio Regionale del Veneto, la legge sul Piano Casa 2013. Un problema di fondo già sollevato è affermare che dalla ripresa del settore edile dipende la ripresa economica del nostro Paese. Quello che è evidente agli occhi di molti è invece che la spinta alla costruzione di immobili, senza che famiglie e imprese possano sostenere investimenti, non sia in grado di far uscire il paese dalla crisi, ma di fatto aumenti l’indebitamento lasciando in eredità alle città vuoti urbani da colmare nella maggior parte dei casi senza successo.

Se nella Provincia di Trento la Legge per gli “interventi di edilizia a sostegno del sistema economico e delle famiglie” interessa solo la ristrutturazione di immobili destinati a prima casa privilegiando gli interventi che producono risparmio energetico, nel Veneto la promessa di “riqualificazione” annunciata nel DDL n 7/2013, non sarà mantenuta. Come osservano Luisa Calimani e Fabio Borina, secondo la Legge n 7/2013 “riqualificazione” corrisponde a togliere di mezzo i parametri che ordinano un insediamento urbano: altezze, distanze, indici edificatori, destinazioni d’uso, stabiliti dai PRG, nella poco perspicace convinzione che la frenata subita dal settore delle costruzioni sia attribuibile alle regole che governano il territorio. “Riqualificazione”, sempre secondo la Legge veneta, corrisponde ad estendere l’applicazione di questi principi anche ai centri storici negli edifici privi di protezione, senza curarsi se interventi scoordinati, di ampliamento o ricostruzione, possano recare pregiudizio a contesti edilizi di pregio non assoggettati a tutela.

Ma entrando anche nelle questioni di metodo per i progetti strategici, sarà la Giunta Regionale ad avere diritto di parola e di decisione, non il Consiglio, che rappresenta il luogo della dialettica politica. Quella sul Piano Casa non sarà una Legge Speciale con valenza in un periodo determinato, ma legge ordinaria che annulla di fatto la funzione della panificazione urbanistica comunale e le autonomie locali, perché i Comuni possono opporsi alla sua applicazione ma non agli interventi sulla prima casa.

Possiamo come amministrazione comunale pretendere diritto di parola su una questione così strategica per il futuro della nostra città e regione?

Nel 2012 nella città di Padova risultano sul mercato 11.935 metri cubi di immobili sfitti. In questo contesto le parole chiave devono essere “rigenerazione urbana” e “recupero dell’esistente” per investire in alcune zone della città in cui le abitazioni sono vecchi colabrodo dal punto di vista energetico e della sostenibilità ambientale. Sono questi processi che generano lavoro e non costruzione fatiscenti in un territorio sempre più “consumato”.

Possiamo fare questi ragionamenti ponendo insieme alcune osservazioni al Piano Casa Regionale 2013. Ma dobbiamo farlo con urgenza, per non perdere un’altra occasione.

 Elena Ostanel, consigliere comunale SEL Padova