HOMELESS STUDENTS: EMERGENZA ABITATIVA A PADOVA

Non si ferma la lotta degli studenti per il diritto alla casa e allo studio. Ora, però, servono risposte dalle istituzioni

 

Ormai da più di un mese le associazioni delle studentesse e degli studenti dell’Università di Padova, fra le quali ci sono l’UDU – Unione degli Universitari, ASU, Spazio Catai e altre, hanno deciso di mobilitarsi contro il caro affitti per chiedere alle istituzioni nuovi alloggi per far fronte alle numerosissime richieste di posti letto rimaste inascoltate.

Le associazioni studentesche hanno scelto di passare dalle parole ai fatti alzando le tende per dormire simbolicamente davanti a Palazzo Bo.
Una protesta pacifica ma potente che mette insieme una battaglia che è di tutte e tutti: studenti ma anche lavoratrici e lavoratori, così come le comunità migranti.

Per avere un racconto di questa lotta, abbiamo intervistato Alessia Conti, studentessa UniPD e Presidente del CNSU (Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari) per l’UDU.

L’emergenza abitativa, nella nostra città ma anche a livello nazionale, è una vera e propria emergenza sociale di cui si parla da tempo. Che ruolo ha giocato la pandemia in questo?
«Il contesto era chiaramente sfavorevole già da prima del COVID. La pandemia ha però ingigantito le dimensioni del problema. Oggi ci sono soltanto 40.000 alloggi garantiti dal diritto allo studio a fronte di un totale di 800.000 studenti fuorisede, un gap impressionante anche tenendo conto che non tutti i fuorisede risultino idonei all’assegnazione di un posto letto. Già prima della pandemia vi era un importante numero di studenti idonei e non beneficiari degli alloggi. Padova è stata una città capofila nell’aumento di questi prezzi, una problematica che si è riscontrata in seguito in tantissime altre città».


Cosa ci aspetta per il prossimo anno accademico? Quali sono le risposte delle studentesse e degli studenti nei confronti della vostra battaglia e delle vostre proposte?

«La risposta della comunità studentesca è stata fortissima. Siamo passati da una decina di studenti a 17 tende e 30-40 persone presenti la notte di fronte al Bo. Sicuramente il problema si ripresenterà a settembre, ci aspettiamo come minimo lo stesso impatto negativo dell’anno scorso. Per far fronte ad un’altra emergenza stiamo, da parte nostra, avanzando delle proposte associative come l’espansione del contratto a canone concordato e nuovi investimenti nel trasporto pubblico».

Quali sono state le risposte delle istituzioni a livello locale, regionale e nazionale?
«A Padova una risposta dell’amministrazione c’è stata, sia da parte del Sindaco che da parte di consiglieri comunali. Proprio questo mese è stata lanciata dal Comune un’iniziativa di coabitazione intergenerazionale. Sempre con il Comune stiamo lavorando alla definizione del contratto a canone concordato e stiamo portando avanti un dialogo volto all’incentivazione del trasporto pubblico. I due temi vanno di pari passo.

Dalla Regione e dall’assessora all’istruzione Elena Donazzan non abbiamo avuto purtroppo nessuna risposta. A livello nazionale invece, qualcosa si muove. Come CNSU (Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari) abbiamo approvato un documento di proposte sulla nostra proposta di contratto a canone concordato. Abbiamo incontrato la Ministra dell’Università Anna Maria Bernini l’8 giugno per un confronto per il quale si è mostrata molto disponibile. Ma il problema più grande è che finora ci sono state solo parole».

La comunità studentesca (le associazioni in particolare) ha dimostrato unione e compattezza in questa lotta?

«Pur con opinioni diverse sulle modalità con le quali questa battaglia può essere portata avanti, il tema dell’emergenza abitativa è visto come centrale da tutte e tutti.»

C’è stata anche una vicinanza del mondo associativo nei confronti della vostra proposta. Cosa si può fare oggi per mostrarvi vicinanza?

«Sono arrivati tantissimi messaggi positivi da diverse associazioni. Sia da parte di sindacati delle lavoratrici e dei lavoratori che dalle realtà più varie. Un sostegno che però è stato importante anche da parte di singoli soggetti, persone che hanno partecipato al presidio o che ci hanno offerto più aiuti mentre ci trovavamo davanti a Palazzo Moroni portando cibo, solidarietà, parole di vicinanza. Il tema abitativo è visto oggi non soltanto come una questione studentesca ma generazionale e intergenerazionale. La casa deve essere vista non come un privilegio ma come un diritto».

Il mondo politico non sembra che stia dando quindi una risposta adeguata alle vostre istanze.

«Purtroppo, non sembra che ci siano elementi da far pensare a risposte concrete a questa emergenza al di là di enunciazioni e parole di vicinanza. I Comuni stanno effettivamente dando delle risposte ,ma sono gravati dal carico fiscale e ricevono poco supporto a livello nazionale. Esempi come il caso di Firenze sul limite agli affitti brevi sono encomiabili ma, come già detto, servono un coordinamento e investimenti dall’alto.
Assistiamo ad una giustissima rincorsa verso gli ambiziosi obiettivi del PNRR, però c’è anche da pensare a come raggiungere quegli obiettivi, ascoltando i gruppi sociali più vulnerabili e i corpi intermedi che li rappresentano, coordinando diversi livelli di governo nel dare loro una risposta concreta.»

Andrea Maiorca, Redazione Ecopolis