I legumi hanno importanti proprietà benefiche per la salute. Sono raccomandati per prevenire malattie croniche e obesità.
Contribuiscono alla sicurezza alimentare. Vengono ampiamente prodotti e consumati nei paesi in via di sviluppo, contribuendo a ridurre la malnutrizione fra le popolazioni dei paesi più poveri.
Hanno un alto valore nutritivo: sono ricchi di proteine vegetali, amminoacidi ed altri elementi nutritivi essenziali.
I legumi promuovono un’agricoltura sostenibile e contribuiscono alla riduzione del cambiamento climatico. Le loro proprietà di fissaggio dell’azoto nel suolo migliorano la fertilità dei terreni e riducono le emissioni di CO2 nell’atmosfera.
Sono queste in sintesi le quattro motivazioni che stanno alla base della decisione, un anno fa, da parte della FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, di proclamare il 2016 l’anno delle leguminose.
Un anno di iniziative, studi e promozione per far sì che fagioli, lenticchie, ceci, fave, piselli, cicerchie, lupini stiano più volte alla settimana nei nostri piatti: la base della vera dieta mediterranea. Furono queste le conclusioni di Ancel Keys che studiò l’alimentazione nel bacino mediterraneo (cfr. Seven country Study), constatando che i legumi erano una costante per una popolazione povera che godeva di buona salute.
Poveri di grassi e ricchi di fibre, sono fonte di proteine vegetali e abbinati ai cereali (pasta e fagioli, riso e lenticchie, pasta e ceci, ecc.), raggiungono una composizione di aminoacidi essenziali paragonabile a quella della carne.
Ma, a differenza di quest’ultima, i legumi sono più sostenibili dal punto di vista ambientale, necessitano di meno risorse naturali per crescere. Secondo i dati FAO, la produzione di lenticchie o piselli richiede un consumo di 50 litri di acqua per chilo. Al contrario, 1 kg di carne di pollo ne richiede 4.325, uno di manzo 13.000. Inoltre se nei Paesi ricchi si consumassero più legumi che carne, si ridurrebbero le emissioni di C02, la principale causa dei cambiamenti climatici.
Tra i più recenti progetto di ricerca nel 2016 c’è “Bean Adapt“, condotto dal Politecnico universitario delle Marche (UNIVPM), finalizzato a identificare le basi genetiche dell’adattamento all’ambiente del fagiolo. “L’obiettivo è migliorare le piante e distribuire direttamente agli agricoltori i semi insieme alle informazioni, con la collaborazione della Banca del Germoplamsa del CNR di Bari“, spiega Roberto Papa, professore di Genetica agraria all’Univpm.
“Le leguminose dovrebbero essere obbligatorie in qualsiasi sistema agricolo sano”. Perché i legumi rendono l’agricoltura più sostenibile, merito della loro capacità di fissare l’azoto atmosferico. Le leguminose, in simbiosi con alcuni tipi di batteri, sono in grado di convertire l’azoto atmosferico in composti azotati che possono essere utilizzati per la coltivazione e così migliorare la fertilità del suolo. Le stime dicono che i legumi possano fissare tra 72 e 350 kg di azoto per ha all’anno.
Inoltre i legumi promuovono la biodiversità. La grande varietà genetica dei legumi è una risorsa preziosa per adeguare le colture ai cambiamenti climatici: consente agli agricoltori di selezionare le varietà più adatte alle mutate condizioni.
Infine l’uso dei legumi come colture di copertura e nei sistemi di colture consociate, cioè piantandoli tra altre coltivazioni o come parte di sistemi di rotazione, può ridurre l’erosione del suolo e contribuire a controllare infestazioni e malattie, riducendo l’utilizzo di pesticidi chimici in agricoltura.
Il prof. Papa per ricordare quanto siano “un elemento chiave nelle rotazioni delle colture – cita un esempio classico: “è la milpa, un sistema di coltivazione sviluppato in Mesoamerica che associa mais, fagiolo e zucca. Ed è proprio il fagiolo che aiuta le altre due piante fornendo loro azoto. Le piante diventano in grado di auto-concimarsi”.
Quindi cambiamo stili di vita: per la sostenibilità più pasta e fagioli per tutti!
redazione di ecopolis