Un appello affinché il Comune di Padova deliberi l’adesione al progetto di una “Città amica delle api” un passaggio necessario per evitare una possibile apocalisse.
Le api e gli insetti impollinatori in generale sono fondamentali per la biodiversità, per la sopravvivenza dell’uomo e per la vita stessa del nostro pianeta. Tre quarti delle principali colture alimentari e quasi il novanta per cento delle piante selvatiche dipendono dal lavoro quotidiano di api domestiche, api solitarie, bombi o farfalle. Senza gli insetti impollinatori non vi sarebbero più mele, pomodori, carote, zucchine, melanzane, mandorle, fragole, cacao, caffè… resterebbero solo i cereali, che però forniscono solo alcuni dei valori nutrizionali indispensabili per l’alimentazione e la salute umana.
Tutto ciò spiega l’allarme lanciato già alla fine degli anni Novanta da agricoltori e biologi a seguito delle segnalazioni, provenienti da molti apicoltori, dell’anomala e repentina morte di intere colonie di api domestiche. Una vera e propria strage, che in diverse regioni del mondo negli anni Duemila è proseguita con ritmi sempre più preoccupanti. Secondo i dati forniti nel corso di una recente inchiesta della trasmissione televisiva “Presa diretta”, negli ultimi cinque anni sono scomparsi nel mondo ben 10 milioni di alveari, dei quali 200.000 solo in Italia. Un trend negativo che riguarda tutti gli insetti impollinatori e che ai ritmi attuali si calcola potrebbe provocare nell’arco di poche decine d’anni l’estinzione del 40 o 50 per cento di tutte le specie. Una vera e propria apocalisse. In alcune regioni della Cina già oggi, venendo meno l’apporto delle api, l’impollinazione degli alberi viene effettuata manualmente da lavoratori agricoli appositamente addestrati, con grande dispendio di risorse umane e con risultati decisamente inferiori rispetto all’impollinazione naturale fornita dagli insetti. Una prospettiva inquietante, ben descritta dal romanzo distopico “La storia della api” della scrittrice norvegese Maja Lunde: il libro più venduto in Germania nel 2018.
Ma quali sono le cause di questa ecatombe? Probabilmente una molteplicità di fattori, che agiscono singolarmente o in combinazione tra loro. Perdita di habitat naturali, espandersi del terreno urbanizzato, agricoltura intensiva e monocolture, cambiamenti climatici, malattie e parassiti quali la Varroa Destructor. Ma sicuramente la causa principale sono gli antiparassitari e le sostanze chimiche utilizzati in agricoltura. In particolare i neonicotinoidi usati per la concia dei semi che inquinano polline e nettare e permangono per anni nel terreno e nell’acqua. Dopo anni di proteste e di battaglie ambientaliste ed a seguito delle numerose indagini effettuate, l’Unione Europea nel 2018 ha messo al bando tre varietà di questi insetticidi prodotti dalla Bayer, ma anche gli insetticidi introdotti in loro sostituzione stanno dimostrando devastanti effetti negativi per le capacità riproduttive, cognitive e di memorizzazione delle api.
Cosa è possibile fare contro la minacciata estinzione delle api e degli insetti impollinatori? Oltre a promuovere campagne informative e raccolte di firme per norme legislative europee e nazionali più severe, a livello locale si possono proporre importanti ed incisive iniziative aderendo ad esempio alla campagna internazionale delle “Città amiche delle api” con cui l’Amministrazione Comunale si impegna a:
- riconoscere l’importanza delle api e dell’apicoltura come patrimonio essenziale per la tutela della biodiversità;
- sostenere lo sviluppo delle attività apistiche come opportunità di lavoro e inclusione sociale;
- Incrementare nel verde pubblico cittadino la coltivazione di specie vegetali ricche di nettare (ad esempio la facelia), dando vita a veri e propri percorsi per insetti (quelli che vengono definiti le “autostrade urbane per le api”) con “stazioni di polline” ogni 250 metri;
- ridurre l’uso di biocidi su tutto il territorio comunale e vietare l’uso di fitofarmaci che risultino dannosi per le api ad iniziare dalle aree urbane e periurbane nelle quali si preveda di favorire e incentivare l’agricoltura biologica (ad esempio a Padova quelle del progettato Parco rurale del Basso Isonzo).
Nella costruzione della “Città amica delle api” è d’altra parte importante che vengano direttamente coinvolti anche i cittadini e le associazioni ambientaliste, che possono dar vita, sui balconi e sui tetti delle case, delle scuole e delle aziende, a vere e proprie “oasi per le api” seminando i tipi di fiori più ricchi di nettare e polline, lasciando una fonte d’acqua e assolutamente non usando insetticidi, erbicidi e fungicidi. Ad Oslo l’organizzazione BiBy ha a questo fine predisposto una apposita App per smartphone che consente la progettazione di nuovi percorsi, la localizzazione di tutte le oasi esistenti e quindi l’individuazione delle “zone grigie”, ovvero i tratti più lunghi ancora senza cibo per le api, al fine di favorire la creazione di nuove stazioni di polline.
Su questo fronte si stanno mobilitando anche Legambiente e Slow Food di Padova attraverso la costruzione e la diffusione di “Hotel per le api” da collocare nei parchi e nei giardini. Casette artigianali di varie dimensioni formate con pezzi di legno forati, canne di bambù e rametti che offrono rifugio alle api solitarie, ovvero a quelle api (se ne conoscono più di 20.000 specie) che preferiscono vivere da sole o in piccoli raggruppamenti e che utilizzano camere individuali di allevamento che vengono riempite di nettare e di polline. Va d’altra parte evidenziato che le api solitarie non sono aggressive e non pungono.
Un’iniziativa dal basso, ma anche un appello all’Amministrazione comunale affinché approvi una apposita delibera di adesione al progetto di “Città amica delle api”.
Sergio Lironi – Legambiente Padova
Carlo Bettio – Slow Food Padova