Il 13 ottobre 2014 un fortunale abbattutosi sulla bassa padovana ha riacceso i riflettori sull’ex fabbrica C&C di Pernumia, che in quell’occasione ha subìto varie falle sulle pareti dell’edificio, lo sventramento del portone e il sollevamento parziale del tetto.
Da anni il capannone, prima sequestrato nel 2005 e poi lasciato in stato di abbandono, conserva al suo interno 52.000 tonnellate di rifiuti tossici, tanto da essere stato inserito, nel 2009, nell’elenco dei siti inquinati da bonificare dalla Regione Veneto. I primi fondi, 500.000 € stanziati nel 2011 dalla Regione, sono serviti nel corso degli anni 2013-2014 per la messa in sicurezza dell’area: ripristino dei tamponamenti esterni e il futuro asporto di circa 2.300 m3 di detriti che, premendo sui muri esterni dell’edificio, rischiano di causare l’abbattimento degli stessi. 500.000 euro non sono che una goccia rispetto alla somma preventivata per la soluzione di questo problema: cifra che secondo le stime si aggirerebbe tra i 10 e i 12 milioni di euro. Troppo perché se ne possa far carico il piccolo Comune di Pernumia. A questo si aggiunge il fatto che lo stabile non è di proprietà pubblica, bensì privata: chi, dunque, deve farsi carico della bonifica di questo territorio? A questa domanda non sembra esserci una risposta certa, e intanto chi ne fa le spese sono i cittadini ed il territorio.
Non si tratta di un problema delle singole aree circostanti e dei soli residenti della zona. Lo stabile si trova infatti, oltre che a pochissimi metri dalle case, a ridosso del canale Vicenzone la cui esondazione causerebbe la dispersione dei detriti con il conseguente inquinamento di falde, fiumi e coltivazioni Venete: tutto il territorio veneto verrebbe quindi coinvolto. La struttura è sottoposta anche ad altri rischi, dall’incendio (già verificatosi) al terremoto, all’alluvione; rischi non solo teorici più volte denunciati da comitati e associazioni che da anni si battono per trovare una soluzione che possa tutelare la salute dei cittadini e dell’ambiente.
Non si può aspettare oltre: è necessario provvedere all’asporto dei rifiuti tossici e ad una vera bonifica dell’area. Per questo Comitati ed Associazioni locali si sono riuniti per portare fino a Roma la loro battaglia, inviando una lettera per sottoporre la questione a tutte le istituzioni competenti, dal Ministro dell’Ambiente Galletti al Presidente della Regione Veneto Zaia, da svariati Onorevoli Deputati e Senatori all’Assessore all’Ambiente della Regione del Veneto Maurizio Conte. Quest’ultimo, in un’intervista rilasciata a Tv7 (che trovi QUI), concorda sull’assoluta necessità di trovare un accordo di programma con il Ministero dell’Ambiente per reperire i fondi necessari alla bonifica del sito. Il Comitato e le Associazione firmatari della lettera chiedono di mettere in agenda in tempi brevi la discussione del problema della C&C per destinare al più presto dei fondi per l’asporto di almeno una parte dei materiali tossici. La bonifica dev’essere effettuata, anche se a stralci.
Per ora all’appello hanno risposto il Senatore Gianpiero Dalla Zuanna (per la Commissione Ambiente del Senato), l’Onorevole Gessica Rostellato e l’Onorevole Ermete Realacci (Presidente VIII Comissione Territorio, Ambiente, lavori pubblici). Quest’ultimo, durante la seduta di annuncio 337 del 24/11/2014, ha presentato un’Interrogazione (che trovi QUI) indirizzata al Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministero della Salute e al Ministero per gli affari regionali e le autonomie portando a conoscenza la questione e chiedendo di verificare, tramite Comando dei Carabinieri e delle agenzie specializzate come ISPRA, la situazione di inquinamento delle acque e dell’aria nelle aree adiacenti.
Pochi giorni prima, il 21 novembre, l’Onorevole Rostellato, rivolgendosi a Ministero dell’Interno e Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, concludeva la sua interrogazione domandando come il Governo “intenda agire al fine di impedire rischi per l’incolumità pubblica dovuti alla mancata messa in sicurezza della struttura”.
Qualcosa, dunque, si sta muovendo. Le Istituzioni devono farsi carico del problema in modo urgente. I Comitati, nell’inviare la lettera alle Istituzioni competenti, si dicono consapevoli degli alti costi che l’operazione richiede, ma sono altresì convinti che questo non debba costituire una giustificazione per rimandare ulteriormente, considerando anche che il verificarsi di una reale emergenza richiederebbe nell’immediato risorse finanziarie di gran lunga maggiori.