Forse sono solo erbacce, ma non per l’Associazione Anima Critica, che prontamente segnala alla stampa e al Comune lo stato di un’area attorno a una delle porte della cerchia muraria cittadina.
La segnalazione, prontamente presa in carico dall’ufficio competente, è l’occasione per parlare di cittadini responsabili in azione, capaci di riappropriarsi della loro città e del relativo patrimonio storico-monumentale. Un’occasione, anche, per parlare delle mura cinquecentesche e di uno dei loro punti di accesso, alla fine di via San Francesco: è la Porta Liviana, che molti padovani, probabilmente, conosceranno come Porta Pontecorvo.
Qualche tempo fa Porta Liviana, era infestata da erbacce, spesso trascurata e sporca. Eppure, l’Amministrazione ha già dimostrato una sensibilità attenta verso le mura cinquecentesche, promuovendo, per esempio, una efficace opera di riqualificazione di Porta Portello e dintorni. Perché non continuare così?
Porta Liviana fa parte di un particolare contesto urbano che ne dimostra particolarità, significato e caratteristiche. Ricordiamo che la Porta è collegata con via San Francesco. Un’importante arteria stradale in epoca romana, diretta verso il mare e che conservò un’enorme importanza anche in epoche successive, come si può facilmente notare osservando la concentrazione di palazzi e di siti monumentali che la caratterizza.
Porta Liviana è detta anche “Pontecorvo” perché sorge in piazzale Pontecorvo. Questo nome deriva da Pons Curvus (gobbo), uno dei numerosi ponti che, realizzati sulle vie d’acqua, assicuravano il passaggio di merci e persone nella Patavium di età romana.
Secoli dopo in prossimità dell’antico ingresso sud della città i Veneziani costruirono una porta monumentale; terminata nel 1517, fu dedicata al capitano generale Bartolomeo d’Alviano che morì nel 1515, dopo aver progettato e avviato la costruzione delle mura della città. Porta Liviana, come le altre porte, è un tassello di questo imponente sistema di ingegneria militare che cingeva Padova dal XVI secolo, delimitandone i confini. A prima vista però non sembra: la struttura appare isolata, quasi sradicata e decontestualizzata, perché tra fine ‘800 e inizio ‘900 sono stati demoliti tratti di muro per aprire brecce daziarie da entrambi i fianchi.
Nonostante le interruzioni, ripercorrere oggi il tracciato delle mura cinquecentesche riserva ancora interessanti sorprese. Una breve strada, Via Bartolomeo d’Alviano, ci porta al giardino Treves de’ Bonfili, che si distingue come il più bel giardino pubblico di Padova, progettato dal grande Giuseppe Jappelli, si estende lungo il canale seguendo il confine delle mura cinquecentesche.
La cinta muraria veneziana, con le relative pertinenze, costituisce un patrimonio di inestimabile valore che si innesta su antiche stratificazioni urbane. Interventi di manutenzione ordinaria e di pulizia sono indispensabili, ma non bastano: occorre investire anche su un progetto di ampio respiro che intrecci la valorizzazione turistica a quella culturale e ambientale di questo perimetro urbano, come delineato nella proposta del Parco delle Mura e delle Acque promossa da varie Associazioni, come il Comitato Mura e gli Amissi del Piovego (ne abbiamo parlato qui).
Silvia Rampazzo- redazione di ecopolis