Nella tradizione urbanistica le zone industriali, sono sempre state considerate come interessate da logiche proprie, autonome, separate dalla città non tanto fisicamente quanto per conformazione e utilizzo.
Dimenticando che la maggior parte di noi in queste zone trascorre una parte consistente della giornata e, in definitiva, della vita, oltre al fatto che oggi molte funzioni urbane, anche di pregio, preferiscono questa localizzazione piuttosto che altre in aree meno accessibili. Un processo che ha seguito logiche di crescita adattativa più che strategiche o progettuali, senza una chiara gestione da parte delle amministrazioni e fuori da qualsiasi disegno di urbanizzazione.
È questo il caso dell’area oggetto del concorso di idee “Padova Soft City” (indetto dalla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Padova) con il quale si intendeva acquisire idee per la redazione di un masterplan dell’area.
L’approccio progettuale chiesto dal bando impegnava i concorrenti e giuria a muoversi in una logica di rigenerazione urbana sostenibile, quindi in grado di conciliare diversi approcci e di dare indicazioni non solo di tipo urbanistico o architettonico, ma multidisciplinare. Al tempo stesso la richiamata ottica SMART rinviava a fattori di sviluppo urbano quali buone pratiche di partecipazione, elevati livelli di sicurezza e valorizzazione del patrimonio ai quali dovevano corrispondere tecnologie informatiche intermini di sistemi di trasporto, infrastrutture, logistica e sistemi per l’efficienza energetica, attenzione per gli aspetti ambientali (gestione dei rifiuti, trasporti, governo delle risorse naturali e produzione di energia) e sociali (istruzione, sicurezza, pianificazione urbana, housing). In breve, il bando sperimenta l’approccio progettuale oggi necessario per intervenire nei tessuti urbani che per loro natura sono complessi e non possono risolversi nel solo progetto urbanistico o edilizio.
Tra i 16 progetti presentati, quello dichiarato vincitore (architetto Giorgio Strappazzon con il progetto “Smart People Smart City”, n.d.r.) ha convinto la giuria perché nella formulazione della proposta si legge chiaramente la ricerca di un equilibrio e di una relazione tra approcci molto diversi; pur avendo attenzione per il progetto architettonico, è chiaro che il rinnovamento degli edifici è solo uno degli interventi, nemmeno il più importante. Altri gruppi hanno sviluppato in modo particolare le tematiche ambientali piuttosto che lo sviluppo di sistemi informatici di gestione, oppure si sono concentrati sulla soluzione dell’accessibilità e della distribuzione con l’utilizzo di mezzi privati e pubblici, oppure ancora sono intervenuti sulla articolazione delle funzioni. In alcuni casi le proposte sono interessanti e possono fornire idee utili, anche se insufficienti per una riflessione strategica globale sulla dimensione urbana e la sperimentazione di nuove convivenze.
Nemmeno il progetto vincitore risponde a tutte le questioni, ma lavora sulla metodologia dell’inclusione piuttosto che su quella della separazione dei temi, quindi mette in relazione tempi, costi, informazione, formazione, integrazione dell’area con la città, usi dei cittadini e degli utenti temporanei.
Il cronoprogramma che accompagna il progetto stabilisce un sistema di priorità che tiene conto da un lato della capacità finanziaria dell’operazione, dall’altro della realizzabilità studiata in modo da non compromettere la funzionalità dell’area e da mantenere un buon livello di abitabilità nelle varie fasi di realizzazione. Il tempo previsto per il completamento del masterplan è di 24 anni; un tempo lungo nel quale possono cambiare molte condizioni sia di mercato che di utilizzo dell’area, perciò il progetto è articolato in fasi di 4/5 anni che verificano che non si generino ambiti di degrado o abbandono delle aree in attesa di essere riqualificate.
Il tempo è una componente determinante del progetto e ci costringe a pensare la rigenerazione di sistemi urbani così ampi e complessi in termini di resilienza, cioè non solo di capacità di adeguarsi ai cambiamenti, ma di modificarsi costruendo risposte sociali, economiche e ambientali nuove che permettano di resistere nel lungo periodo alle sollecitazioni dell’ambiente e della storia. Questo tema emerge come una delle criticità del processo di rigenerazione delle nostre città, sul quale ancora non abbiamo risposte certe, come confermano concorsi come questo.
Marisa Fantin, componente della giuria del concorso
Presidente Ordine degli Architetti PPC di Vicenza