Il 28 aprile, il Gruppo Giardino Storico Università di Padova ha organizzato una lezione speciale per illuminare una storia poco conosciuta: gli orti sociali di Padova.
I narratori: Gianpaolo Barbariol, capo Settore Verde Pubblico del Comune di Padova, ed Elena Ostanel, rappresentante della cooperativa EST Educazione Società Territori.
Un racconto chiaro, appassionato e coinvolgente.
Protagonisti le piante, l’acqua, la terra e gli abitanti di Padova integrati nell’unico paesaggio possibile, quello esistente: contraddittorio, luminoso, ma anche cupo; rigoglioso di natura coltivata, ma anche involuto tra edifici abbandonati.
Armonioso di voci umane, ma anche dissonante nel contenere esigenze e aspettative di vita diverse, spesso conflittuali.
Il racconto si è arricchito con la visita ad alcuni orti urbani, rappresentativi dei 640 coltivati a Padova, a partire dal quartiere Guizza, negli orti di via dei Salici, circondati da recenti condomini orizzontali a schiera.
Ci hanno parlato per prime le piante, raccolte in appezzamenti come aiuole di un giardino: fiori mescolati a ortaggi, calendule, nasturzi, garofani dai colori intensi insieme a filari di pisello, ciuffi aromatici di timo, rosmarino, salvia, potenti steli di carciofo trapuntati di foglie, cespi di lattuga, primizie di insalatine.
Gli abitanti del quartiere che curano gli orti, ci hanno spiegato che tra loro ormai non ci sono più solo pensionati, ma anche famiglie giovani con i loro figli. Un’ex-insegnante coinvolge i bambini delle scuole vicine nella coltivazione valorizzando la terra, i semi, i frutti stagionali.
Il racconto è proseguito negli orti sociali del Basso Isonzo, circondati da un paesaggio ancora quasi agrario: l’ansa del Bacchiglione in arrivo verso la città, la vegetazione golenale, i campi aperti sullo sfondo dei colli Euganei e delle montagne. I profili geometrici dei quartieri residenziali accostati alle libere macchie di alberi folti.
Abbiamo assistito al dialogo tra campagna e città attraverso il respiro stagionale della natura: Padova poteva essere così, secondo la visione urbanistica del Piano Regolatore elaborato da Luigi Piccinato nel 1954!
La storia prosegue, facendoci approdare in uno spazio molto diverso, sempre marginale ma questa volta quasi nel cuore della città: lungo la via della Stazione, in piazza Gasparotto. Si tratta di uno spazio anonimo ormai svuotato delle originarie destinazioni commerciali e dirigenziali.
Questo luogo sta a cuore ad alcuni giovani, riuniti nella cooperativa EST, che tra i negozi sfitti hanno aperto un centro di coworking per condividere spese e competenze nel loro lavoro professionale.
Nella piazza hanno avviato – con l’aiuto di associazioni e di liberi cittadini – incontri e iniziative culturali, tra le quali il progetto del GaspaOrto, per ora fatto di vasi in tessuto non tessuto su una struttura di bancali, ma pronto a trasferirsi nelle grandi fioriere grigie di cemento e povere di vegetazione della piazza.
La storia fin qui narrata è dipesa dalla passione e dall’impegno di molti – cittadini, associazioni, dirigenti illuminati, esperti – che hanno convinto le amministrazioni comunali, le fondazioni e altri cittadini dell’importanza di mantenere in vita e di riqualificare spazi marginali e il verde sopravvissuto in città anche con interventi apparentemente semplici come gli orti, rappresentativi del bisogno primario che l’uomo ha della terra per nutrirsi e quindi per vivere.
Grazie a questa lezione, abbiamo verificato ancora più chiaramente quanto la natura abbia potenzialità benefiche e strutturali – oltre a quelle ornamentali e ricreative tradizionalmente riconosciute e applicate dalla pianificazione ufficiale – nella nostra società complessa, rispecchiata dallo sviluppo incontrollato di molte città.
L’ecologia, come ci dimostrano gli orti sociali di Padova, non ha nulla di complesso e si riassume in un istinto primario dell’uomo: amare la casa in cui si vive, che sia il giardino, il quartiere, la città, il Paese, la Terra infine.
Silvia Datei – Gruppo Giardino Storico Università di Padova
sintesi a cura di Elena Coppola – redazione di ecopolis