Olimpiadi del disimpegno

Un’opportunità che si sta sbriciolando a causa dell’inanità di chi dovrebbe impegnarsi per la salvaguardia di un territorio fragile

Sono passati quasi cinque anni dall’assegnazione dei giochi olimpici invernali del 2026 al nostro Paese, ma la politica e le Istituzioni e tante altre realtà coinvolte dal percorso olimpico, sono ancora lì a giochicchiare sul se, e come, realizzare la pista per il bob, invece che calarsi con serietà ed impegno nell’organizzazione puntuale e precisa di un evento di portata planetaria.

Fin dell’assegnazione da parte del CIO, questa era un’opportunità straordinaria per l’Italia e per il territorio montano, un’area delicata per la sua esposizione ai cambiamenti climatici e dove la sostenibilità, richiamata nella candidatura stessa, sarebbe dovuta essere una sfida da curare nei minimi dettagli da parte delle Istituzioni. Cura che, è oggi evidente a tutti, non sta avvenendo.

E questo ritardo non riguarda solo la pista da bob, pur emblematica e osteggiata, ma molte delle opere olimpiche in forte ritardo oltre che le tante opere connesse, in particolare infrastrutturali, che potrebbero non essere realizzate entro l’avvio dei giochi e in ogni caso rischiano di non rispettare proprio gli aspetti di annunciata sostenibilità, in tutte le sue dimensioni (ambientale, sociale, economica).

Mi auguro davvero che le Olimpiadi si realizzino e al meglio, per il bene dello sport e dei territori coinvolti, e che si inizi presto a parlare di come verranno realizzati i giochi stessi: come realizzare gli spostamenti di atleti e pubblico, quali approvvigionamenti idrici ed energetici, quale eredità lasceranno e a favore di chi, quali opere di mitigazione e di adattamento alla crisi climatica verranno realizzate per compensare gli impatti delle opere che verranno realizzate oltre che dei giochi stessi.

Continuare a parlarne solo per contrapporre lo schieramento dei favorevoli a quello dei contrari, così come annunciare ricorsi e inutili blocchi ai cantieri significa far giocare solo chi continua a vivere questa assegnazione storica più come un palloncino d’acqua da passarsi di mano in mano prima che scoppi (per ridere in faccia al perdente), che come un’opportunità di sviluppo sostenibile, dentro la transizione ecologica, nel nome dello sport che unisce nella diversità, senza distinzioni di età, provenienza o etnia.

Luigi Lazzaro, Presidente Legambiente Veneto