“Le mura violate, il contesto negato: qualche indicazione per salvare il salvabile”. Così esordisce Ugo Fadini il 7 dicembre, nell’ultimo incontro del ciclo Urbs ipsa moenia.
Il ciclo è stato organizzato a palazzo Moroni dal Comitato Mura di Padova, da sempre impegnato a valorizzare il patrimonio storico-artistico e naturalistico costituito dalla cinta muraria cinquecentesca e relative pertinenze.
Il problema della salvaguardia del complesso monumentale si impose già negli anni ‘50, quando Comune e Università individuarono un luogo per costruire il nuovo ospedale e le annesse cliniche universitarie. Purtroppo la scelta degli organismi di potere, condizionata dai gruppi immobiliaristi dominanti, ricadde sull’ampliamento del Giustinianeo intervenendo sulle mura cittadine e contribuendo così alla distruzione di gran parte del centro storico.
L’urbanista e architetto Luigi Piccinato definisce con il termine di antiurbanistica alcuni interventi di quel periodo, quali lo sventramento del quartiere Santa Lucia e la costruzione della zona ospedaliera sopra le mura cinquecentesche e sopra un canale. Appare strano che Piccinato sia stato incaricato di redigere ben cinque piani regolatori di Padova, tutti poi disattesi per le più svariate esigenze; la classe dirigente padovana dell’epoca non seppe quasi mai sfruttare le idee del grande urbanista. Unica eccezione: il ministro Fiorentino Sullo che, a inizio degli anni ’60, presentò una legge urbanistica ampiamente sostenuta da Piccinato, poi respinta nel 1964.
La riflessione di Piccinato è stata oggetto del convegno “Luigi Piccinato fra urbanistica e antiurbanistica a Padova”, organizzato dall’associazione Amissi dell’Alicorno lo scorso 6 dicembre nella chiesetta del bastione Cornaro, dietro alle cliniche neurologiche. Si segnala, tra gli altri, l’intervento di Elio Franzin, autore del libro Luigi Piccinato e l’antiurbanistica a Padova 1927-1974 (Saonara, Il Prato, 2004).
In occasione del convegno sono stati letti alcuni brani di una nota del 1952 diretta a Crescente allora sindaco di Padova, in cui Piccinato scrive che costruire il nuovo ospedale sopra le mura cinquecentesche avrebbe portato a “inutili sventramenti proprio nella compagine storica della città di Padova, ciò che si vuole (ed è assolutamente doveroso!) ad ogni costo evitare” e che, inoltre “la realizzazione dell’opera in quest’area comporterebbe la distruzione di più di mezzo chilometro della cinta muraria; la distruzione di zone libere e verdi ancora esistenti e la menomazione quasi totale dello storico parco Treves progettato da Jappelli, la copertura costosa ed inutile di gran tratto del canale S. Massimo con la conseguente sfigurazione dei luoghi”. Inutile dire che la nota di Piccinato al Sindaco Crescente non ebbe alcun riscontro.
Oggi ci troviamo di fronte a un problema analogo: Comune e Università intendono costruire la torre della nuova pediatria a ridosso del baluardo Cornaro, compromettendo sul nascere il progetto del Parco delle Mura e delle Acque (ne abbiamo parlato qui). Ancora una volta siamo di fronte a una decisione presa nel segno dell’antiurbanistica, e apparentemente irremovibile.
Oggi Padova ha bisogno di un progetto urbanistico capace di valorizzarne l’identità, in una visione di insieme, offrendo a tutti spazi ricchi di verde dove vivere, incontrarsi e curarsi. Ora è più che mai urgente un dibattito partecipato e costruttivo su questo tema, magari attraverso l’auspicata sperimentazione di un Urban Center.
Eliana Hermann, Silvia Rampazzo, Carlo Zanetti – redazione Ecopolis
Condivido pienamente.Avanti con forza Sergio Finesso
1952- 2018: 66 anni. A cosa sono serviti? Quante chiacchiere sulle nefandezze perpetrate in quegli anni abbiamo sentito, letto, discusso in tutto questo tempo? Qualcuno nei piani alti del Comune, della Regione, dell’Azienda Ospedaliera, dell’Università le ha capite, ricordate o tenute in conto? Non si è sempre detto che conoscere il passato è necessario per non ripetere gli errori del presente e del futuro? Perché tutto questo?
Il perché, in realtà, forse lo sappiamo tutti, ma non ce lo diciamo, non abbiamo il coraggio.
Il perché delle cose sta, io credo, nella filosofia del marchese del Grillo: perché “..loro sono loro, e noi (cittadini) non siamo un c…”
Adriano Menin