Trentacinque anni fa, il 14 febbraio 1985, nacque Legambiente Padova. Ogni mese su Ecopolis, racconteremo come l’impegno di tante piccole formiche verdi, soci e volontari di Legambiente, abbia concretamente migliorato la nostra città. La “prima puntata” è dedicata a “I sei mesi che salvarono l’acqua”.
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Correva l’anno 1986: nell’Alta Padovana, mese dopo mese, si moltiplicavano le chiusure di pozzi utilizzati per l’alimentazione animale e umana, perché troppo inquinati. Una situazione aggravata da ritardi, omissioni e rimpalli tra USL, Comuni e Provincia.
Legambiente avviò una serratissima campagna per informare la gente del pericolo, per accertare lo stato reale dell’acqua potabile di Padova e per sconfiggere l’inquinamento che l’avvelenava (clicca qui)
Allora non esisteva la legge che garantisce l’accesso ai dati ambientali: le autorità erano omertose e per mesi si rifiutarono di diffondere i dati dettagliati sull’entità dell’inquinamento. Dopo svariate richieste per ottenerli Legambiente diffidò il Presidente dell’allora USL 20, e denunciò l’Assessore provinciale all’Ambiente e il Sindaco di Loreggia (clicca qui). Pochi giorni dopo la denuncia, una telefonata anonima mi invitava a recarmi in un certo luogo per ricevere ufficiosamente i dati. L’incontro si fece e riconobbi chi, in tutta fretta, mi consegnò una busta. La persona era più che attendibile e non c’era dubbio che i dati nella busta fossero veritieri: riguardavano l’inquinamento di centinaia di pozzi in otto Comuni dell’Alta. Li passai al “Mattino” che il 30 novembre li pubblicò insieme ad “un faccia a faccia” tra l’Assessore provinciale all’Ambiente e il Segretario di Legambiente (clicca qui)
Mancavano ancora, però, i dati riguardanti la città del Santo: Legambiente a questo punto si rivolse al più serio laboratorio di analisi di Padova, la Fondazione Clinica del Lavoro, oggi Maugeri. Le analisi effettuate risultarono drammaticamente chiare: anche l’acqua che usciva dai rubinetti in città eran pericolosamente inquinata (clicca qui).
A questo punto, dopo mesi di pressioni e iniziative pubbliche l’Amag – l’azienda municipalizzata che allora gestiva l’acqua potabile e l’Assessore comunale Mario Acampora, delegato al controllo della municipalizzata, furono costretti a fornire i dati ufficiali. Risultato: dai nostri rubinetti sgorgavano nitrati tre volte il valore guida, 15 milligrammi per litro contro i 5 del volere guida della legge. I solventi clorurati (per capirci la trielina fa parte di questa famiglia) erano venti volte superiori al valore guida: 20 microgrammi litro contro 1 (clicca qui.) I solventi venivano dalle concerie del vicentino, dove, dalle risorgive del nord, attinge il nostro acquedotto. Concerie che per decenni avevano avvelenato falde e terreno.
Ormai messi alle strette, nonostante i tentativi di minimizzare e tranquillizzare la cittadinanza, Amag e Acampora furono costretti a correre ai ripari. L’acqua fu purificata con nuovi filtri al carbone attivo e con una serie di altre misure. L’area delle risorgive divenne un’osai protetta.
Grazie a quella mobilitazione di Legambiente,che verosimilmente ha impedito gravi danni alla salute la salute dei cittadini, da anni l’acqua che esce dai nostri rubinetti è sicura, sottoposta a 15.500 analisi annue. Tutti i parametri chimico fisici e microbiologici sono abbondantemente al di sotto dei limiti di legge. E’ classificata “oligominerale di media-bassa durezza, microbiologicamente pura”.
Nel 2009 Legambiente insieme ad Acegas promosse la campagna Imbrocchiamola per incentivarel’uso dell’acqua di rubinetto per frenare l’invasione delle bottiglie di plastica, costose, energivore ed inquinanti. A conclusione di Imbrocchiamola, il 22 marzo, in occasione della giornata mondiale dell’acqua, Legambiente distribuì gratuitamente ai cittadini quindicimila di caraffe di vetro da portare in tavola con l’acqua di Padova.
Lucio Passi – Coordinatore di Legambiente Padova dalla fondazione al 2009
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