L’esame sia della bozza preliminare sia del testo che è stato inviato alle competenti commissioni consiliari lo scorso dicembre, contiene una lunga serie di conferme negative che abbiamo ad ogni ripresa evidenziato come limiti strutturali e strategici del piano stesso.
Questo piano fa seguito al Piano Regionale dei trasporti del 1990 (meglio non definire piano la verniciatura dell’esistente voluta dalla Giunta nel 2005) per cui siamo convinti che dopo 30 anni sia indispensabile approvare un nuovo impegno strategico nel settore.
Bisogna partire dal vecchio piano 1990, dalle tante cose non fatte che comprendono molte partite decisive per il benessere dei cittadini: il biglietto unico per il trasporto pubblico regionale; la realizzazione del sistema ferroviario metropolitano regionale (SFMR); il completamento del sistema fluvio-marittimo con la navigabilità del fiume PO e i suoi affluenti sino a Cremona-Milano.
Ad oggi nessuno è in grado di capire realmente se un giorno, anche lontano, potremo disporre di una qualche soluzione smart per il titolo di viaggio visto che viene offerto un servizio scadente di titoli cartacei diverso per ogni singola azienda di trasporto pubblico e persino diverso per tratta dentro la stessa azienda.
Non se la passa meglio l’abbandono del SFMR che è la dimostrazione concreta che si è preferito finanziare e sostenere altre modalità di sviluppo in luogo del trasporto collettivo di massa fatto da nuove linee ferroviarie, più servizi capillari anche ai centri minori e ai nodi della rete regionale, più stazioni e più treni con maggiore qualità a bordo e a terra. La dimostrazione della ritirata strategica della Regione Veneto sul trasporto ferroviario è poi la decisione di abbandonare la gestione dopo la disastrosa esperienza di Sistemi Territoriali Spa al servizio dei pendolari del basso veneto.
Il sistema fluvio marittimo non è mai andato aldilà di qualche manutenzione della rete. Siamo ancora con nodi e strozzature non risolte da decenni, da navigabilità precaria a causa di sedimenti da rimuovere, pontili e conche da realizzare, ponti ferroviari e stradali da innalzare per consentire la fruibilità reale della rete. Avremo potuto spostare una quota di traffico merci e passeggeri su questa modalità di trasporto ma si è preferito occuparsi d’altro.
Il nuovo piano non cambia l’approccio del modello e del baricentro dello sviluppo veneto cui i trasporti devono servire. Ancora un modello economico basato su capannoni e strade. Mancano negli obiettivi fondamentali scelte nette a favore dell’ambiente e della lotta ai due più gravi mali odierni: il gigantismo e consumismo.
Troppa continuità con il recente passato dove le opere certe da realizzare sono sempre e ancora le “grandi opere”. Dalla rete autostradale da estendere in ogni direzione al Treno ad Alta velocità (TAV) lungo le due direttrici T-EN 1 e 5 (Nord Verona Brennero e est-ovest Brescia- Padova).
Nel piano si comprende l’importanza del riequilibrio modale, ma poi non si è conseguenti nelle scelte visto che si privilegia ancora il trasporto autostradale e stradale con il completamento del mostruoso piano di opere del 1990. Tante strade a pagamento, tanto costose per le casse pubbliche e l’utenza, con la replica del modello della finanza di progetto all’infinito. E questo nonostante quello che è successo in questi anni tra scandali tra corruzione e illegalità (sottofondi stradali e massicciate ferroviarie piene di rifiuti tossici) e sprechi (autostrade inutili e sovradimensionate (Valdastico sud, pedemontana veneta). Il concetto vale pure per il TAV perché si vuole, senza avvertire contraddizioni, alta velocità sull’asse Milano- Venezia e fermate ogni 40 chilometri lungo la linea. Di certo serve una maggiore capacità ferroviaria e un ridimensionamento della spesa non fosse altro che la velocità commerciale dei 220 chilometri l’ora è sufficiente per i passeggeri che salgono e scendono a Bergamo, Brescia, Lago di Garda (la nuova stazione al vaglio della politica), Verona, Vicenza, Padova, Mestre.
Nessuno ipotizza consumo zero, ma progettare e realizzare solo poche opere sobrie per il consumo e suolo e l’impegno economico e virare decisamente verso lo sviluppo della ferrovia regionale: nuove linee, elettrificazione di tutta la rete, aumento della capacità di offerta di trasporto sia passeggeri sia merci.
Un diverso piano e possibile e necessario. Si dovrebbe puntare a estendere la rete ferroviaria ingiustamente chiamata minore che collega tutti i centri della regione tra loro con servizi affidabili, capillari e frequenti che permettano il completamento reale delle 4 fasi del SFMR.
Il piano si ferma poi alle periferie delle nostre città mentre si dovrebbe introitare l’impegno per una nuova offerta al servizio dell’area metropolitana fatta dallo sviluppo celere di mezzi e servizi innovativi di massa. Ridurre l’uso dell’auto privata è possibile offrendo una gamma di servizi comodi, funzionali, affidabili negli spostamenti quotidiani. In questi decenni si è fatto veramente troppo poco su questa strada: uniche eccezioni sia pure con tanti limiti i metrobus di Padova e Mestre. Ogni cosa non fatta ha un prezzo: pessima qualità dell’aria, pessima velocità commerciale, costo economico e sociale elevato da congestione da traffico.
Per le merci si strutturi un’offerta ferroviaria degna oltre i 300 chilometri di viaggio, si punti ad estendere la validità del city porto per i centri cittadini riducendo gli spostamenti. Spostare modalità di trasporto si traduce in minore consumo di suolo (non servono nuove autostrade) e di uso smodato del territorio.
In definitiva serve una reale accettazione di principi di sostenibilità ambientale dalle grandi navi a Venezia ai tanti caroselli sciistici promessi nelle valli alpine e rimuovano nel frattempo tutti gli impianti a fune abbandonati ripristinando il paesaggio.
Non c’è più tempo da perdere né spazio da sfruttare.
Il piano proposto dalla Giunta è anche totalmente assente sul tema lavoro. Invece avremo bisogno di imprese e lavoro di qualità nel settore. Troppi sono stati in questi anni casi di illegalità e sfruttamento lavorativo: autotrasporto, facchinaggio, aziende estero-vestite, appalti al massimo ribasso preda di cooperative false e spurie, distacchi transnazionali per aggirare la legislazione italiana ed europea, truffe sui carburanti, concorrenza sleale e abuso dei paradisi fiscali, tanta evasione fiscale e contributiva, lavoro povero poco sicuro e per nulla stabile. Serve anche in questo un cambio di approccio se non vogliamo che sia solo il capitale proprietario del nostro destino.
Ilario Simonaggio – Cgil regionale Veneto