L’emergenza Coronavirus e l’attuale fase di riapertura ci dicono che occorre ripensare la mobilità nelle città. A Padova, però, non sta accadendo nulla e si rischia di perdere un’occasione importante.
Sono passati più di 20 giorni dalla pubblicazione del documento di giunta “La Padova di domani”, dove il Comune definiva le linee guida per la città durante le Fasi 2 e 3, a seguito del lungo lockdown che tutti abbiamo vissuto questa primavera.
Da più di 3 settimane abbiamo cominciato ad uscire con un po’ più di libertà ma, di tutti i buoni propositi contenuti nel capitolo “La città che si muove”, non abbiamo ancora avuto alcun riscontro pratico, mentre in molte città d’Italia e del mondo si è partiti senza indugio a trasformare le strade per permettere di tornare a muoversi senza esser costretti ad usare l’auto, avendo i mezzi pubblici una capacità limitata. Per citare alcuni esempi e restando in Italia, abbiamo visto le nuove piste ciclabili di Milano, Roma e Genova, l’impegno di Bologna a realizzare il 60% della bicipolitana entro l’anno, i controviali ciclabili e le prime case avanzate a Torino.
Ancora non c’è stato un ritorno ai livelli di traffico precedenti al lockdown, poiché molti sono coloro che continuano a lavorare da casa e le scuole sono tuttora chiuse ma, in vista delle riaperture che via via si stanno verificando e soprattutto del probabile ritorno a scuola di settembre, riteniamo indispensabile agire subito per ripensare la mobilità.
In questo periodo anche il governo ha agito, seppure forse troppo timidamente, per favorire la mobilità dolce delle città con il bonus mobilità e soprattutto con la revisione del codice della strada che permette ora la realizzazione di bike lane di emergenza e delle “case avanzate” per i ciclisti ai semafori.
Come sostenevamo nelle nostre proposte del 26 aprile Padova si è già dotata negli scorsi anni di un Bici Master Plan e questo deve essere la guida per realizzare una città a misura d’uomo anche e soprattutto durante l’emergenza, dove pedoni e ciclisti, bambini, anziani e disabili, abbiano i propri spazi per muoversi in sicurezza e rispettando il distanziamento sociale, non relegati ai margini di uno spazio pubblico destinato per buona parte alle auto, in movimento o in sosta.
Le bike lane, più economiche di una pista ciclabile standard e limitate ad una riga sull’asfalto a lato della carreggiata, potrebbero in prima istanza andare a ricucire i percorsi di Bicipolitana incompleti e la ciclabilità diffusa in ZTL e nelle aree 30 completerebbe una prima bozza della città delle biciclette auspicata dal Bici Master Plan. Azioni di segnaletica stradale e comunicazione tutto sommato economiche ma che porterebbero grandissimi benefici a chi sceglie di muoversi in città non inquinando e non occupando eccessivamente lo spazio pubblico.
In un momento dove anche le casse del Comune sicuramente risentono delle ricadute di questa emergenza, riteniamo che queste misure siano il minimo per cercare di trasformare la città, assieme ad un’accelerazione nella trasformazione dei quartieri cittadini in Aree 30 per migliorare la qualità della vita e la sicurezza di chi ci vive ed un maggior impegno al contrasto alla sosta abusiva su marciapiedi e piste ciclabili, diffusa in città e fin troppo tollerata. Confidiamo che si possa passare presto ai fatti, poiché pensiamo che la nostra città non possa permettersi di sprecare anche questa occasione di trasformazione, richiesta e necessaria a tanti in questo momento. Il tempo delle parole crediamo sia finito.
Elia De Marchi – Direttivo Legambiente Padova
PS: Apprendiamo oggi (28/05) della sperimentazione di 300 metri di bike lane via Scardeone. E’ una buona notizia, ci auguriamo però che tale sperimentazione possa essere estesa anche a tratti che necessitano di maggiori interventi, e dunque che questo sia un primo, anche se un po’ tradivo, passo verso la ridefinizione della mobilità cittadina nella fase post-emergenza.