Idrovia: il diavolo sta nei dettagli

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In questi giorni si è molto discusso dell’idrovia, opera non conclusa che anima dibattiti politici e non. Poco, però, si parla della questione delle chiatte e delle imbarcazioni che dovranno iniziare a percorrere tale tratta. Nel progetto del TOS (Terminal Offshore Veneziano) è stato infatti elaborato anche un modello di collegamento navale con la terra ferma.

Il prototipo è una nave “canguro”, che si autoaffonda quanto basta per far entrare 3 grandi chiatte, ognuna contenente 320 TEU (volume standard dei container). Una volta terminata l’operazione, che verrà ripetuta al momento dello scarico, si risolleva per partire.

Il presidente del Porto di Venezia, P. Costa, le chiama “mamavessel“. Il pescaggio di queste imbarcazioni è di 5,5 m, mentre quello delle chiatte è 3,75 m. Nessuna  delle due  imbarcazioni, quindi, può entrare nei corsi d’acqua interni: infatti nel Fissero-Tartaro- Canalbianco,  nel Po e, a maggior ragione, nell’idrovia Padova-Mare il regolamento ministeriale prevede che il pescaggio non superi i 2,50 m. In pratica le mamavessel possono collegare solo Marghera col TOS, concentrandovi in questo modo tutto il traffico terrestre (treni e camion). Le linee di trasporto come TAV, la Mestre-Civitavecchia e la camionabile sull’idrovia diventano quindi tutte inevitabili e faranno capo su Mestre con il loro carico di inquinamento e traffico.

Si deve inoltre considerare che nel sito della ditta inglese che ha progettato il sistema, si legge che l’interporto di Marghera non ha spazio per trattare più di 1,4 mln teu/anno.  Eppure nel suo libro (ll futuro europeo della portualità italiana) P. Costa, proprio per rendere competitiva a livello continentale la movimentazione in Alto Adriatico, calcola necessario arrivare ad almeno 6 mln (tra VE, TS, Koper e Rijeka). Il TOS potrà muoverne a regime circa 3.

Ed il resto? Spenderemo forse 2,8 Mld per sfruttare solo in parte la banchina in alto mare senza collegarla con i porti interni? Non era proprio questo uno dei punti di vantaggio del TOS?

A mio avviso è Dogaletto, località alla foce dell’idrovia, il solo altro punto interno alla laguna dove poter scaricare i containers. In sostanza la soluzione peggiore, in cui il previsto grande piazzale da 4,2 Mln di mq di Dogaletto implica la costruzione della camionabile sull’argine di un’idrovia – non più navigabile – ridotta a grande fosso scolmatore.

In questa ipotesi sembrerebbe quindi inutile avanzare qualsiasi contestazione. Il pescaggio delle navi scelte è un dettaglio che obbliga a concentrare tutto il traffico solo in laguna: i progettisti non sembrano aver tenuto conto di altri fattori.

Se però è opinione diffusa tra gli oceanografi che entro il 2050 si realizzerà un deciso innalzamento del livello del mare, le paratie del Mose dovranno essere alzate molto spesso, obbligando tutto il traffico navale a muoversi solo attraverso le conche di navigazione. Un limite non trascurabile che certo non avvantaggia lo scalo veneziano.

A nostro avviso questi ed altri temi dovranno essere preliminarmente affrontati, tenendo conto delle necessità di tutti gli obiettivi che si intendono raggiungere. Da anni invochiamo la convocazione di una Conferenza di Servizi che trovi il giusto equilibrio tra esigenze diverse, necessità condivisa anche da una decina di Assemblee Comunali che hanno sollecitato il governatore Zaia in questa direzione.

Speriamo che quel “dettaglio” sul pescaggio dei mezzi di collegamento tra il TOS e la terra ferma non rovesci un modello di sviluppo, riconfermando quello che ci ha portato allo spreco di spazio e terra per fare nuove strade e favorire le rendite fondiarie dei soliti noti.

Il diavolo sta nei dettagli.

Carlo Crotti, Associazione per la salvaguardia idraulica del territorio padovano e veneziano

One thought on “Idrovia: il diavolo sta nei dettagli

  1. Per future decisioni riguardanti il territorio, l’acqua, le infrastrutture per la mobilità – galleria di base del Brennero o le TAV – vorrei aggiungere alcune considerazioni: –

    1. Il progetto in oggetto, con le iniziative descritte nella domanda per ottenere le rispettive concessioni e sul sito http://www.tirol-adria.com, interessa tutto il territorio nazionale e gli stati Austria e Germania, che vengono collegati con il canale transalpino Danubio-Adriatico;
    2. La galleria di base o ”AlpenKanalTunnel” – AKT -, che collega i fiumi Inn e Adige tra Innsbruck e Gargazzone, rende possibile due sottopassaggi transalpini, uno per la nave sull’acqua, che scorre attraverso il tunnel, e uno per la monorotaia sospesa nella volta del tunnel. Quest’ultima durante lo scavo del tunnel asporta il materiale e al termine diventa la struttura di supporto per un mezzo di trasporto paragonabile alla TAV del Brennero. La monorotaia sospesa è un mezzo di trasporto per persone e container moderno, veloce e sicuro, perché ha la guida automatizzata e non può deragliare. Attraverso il container è perfino compatibile con gli altri mezzi di trasporto. Questa monorotaia sospesa al di fuori della galleria può essere installata sopra strade, autostrade o corsi d’acqua e costa meno della metà di una ferrovia tradizionale. La posa vantaggiosa di linee elettriche e di dati completa la multifunzionalità del tunnel.
    3. L’Italia, circondata dal mare, con fiumi e canali esistenti ha i presupposti per spostare il traffico merci sulle idrovie interne e sulle autostrade del mare, già dotate d’infrastrutture portuali. La nave è il mezzo di trasporto più ecologico ed economico per gran parte dei beni e quindi di grande importanza per lo sviluppo in Italia e in Europa. Aumenterà le prospettive negli Stati adiacenti all’Adriatico e integrerà meglio tutto il Mediterraneo al continente europeo.
    4. Tutte le reti di comunicazione sono collegate tra di loro, solo la rete fluviale e marittima italiana è ancora tagliata fuori dalla vasta rete delle idrovie interne (100.000 km in un’ Europa fino agli Urali!).

    5. Nave e monorotaia sospesa (aerobus) sono i sistemi di trasporto alternativi per le seguenti grandi opere per il trasporto terrestre e cioè:
    a) della Galleria di base del Brennero (55 km) con le relative linee di accesso ad alta velocità/capacità (AV/AC o TAV), di cui 191 km pure in galleria, vedi parte D sul sito http://www.tirol-adria.com
    b) del Ponte sullo Stretto di Messina,
    c) del tunnel ferroviario tra Lyon-Torino e la TAV Torino-Trieste come parte del corridoio 5 Lisbona-Kiev, che con la navigazione sul Danubio, sulle vie d’acqua interne e sulle autostrade del mare otterrebbe un ottimo collegamento alternativo est-ovest,
    d) della TAV Terzo Valico Genova-Milano perché, p.es. Milano, Torino ed altri luoghi saranno raggiungibili sulle vie d’acqua senza di dover scavalcare l’Appennino,
    e) della TAV Napoli-Bari,
    f) della TAV Napoli-Reggio Calabria, già in collegamento attraverso le “Autostrade del mare”.

    6. Con l’arco alpino, il serbatoio d’acqua europeo, e l’Appennino l’Italia ha le condizioni migliori per utilizzare la forza dell’acqua. Il sistema d’impianto idroelettrico “tutto sottacqua” può sfruttare i dislivelli tra montagna e mare. Ogni paese deve soddisfare le proprie esigenze usufruendo con nuove tecnologie ecocompatibili le proprie ricchezze naturali rinnovabili, sole, acqua e vento, – vedi parte C del progetto Tirol-Adria -. Così anche l’economia italiana potrà liberarsi dalla dipendenza energetica e riprendere potenza economica.

    7. Il collegamento con le idrovie europee, di cui al punto 4, richiede l’ampliamento della rete delle idrovie interne. Ciò avviene con conche di navigazione insieme a nuovi impianti idroelettrici innovativi collocati direttamente nel letto dei corsi d’acqua. (River-Room-Recreation)
    L’Italia deve approfittare dell’attuale crisi per modificare decisioni secondo nuove conoscenze.
    E infine, per il problema dell’immigrazione, vorrei ricordare un grande progetto italiano (della Bonifica del gruppo IRI) per dare speranza e prospettive ai popoli del Sahel e dell’Africa centrale con una deviazione d’acqua. Il progetto “Transaqua”, pubblicato sul sito http://www.transaquaproject.it, si basa sulla deviazione dal bacino del Congo verso il bacino del Ciad di circa 7 % dell’acqua defluente nell’Atlantico. Spetterebbe all’Italia di prendere l’iniziativa rinunciando a progetti di prestigio, molto costosi (punto 5), ereditati in parte dal secolo scorso, che purtroppo non sono più in grado di soddisfare le richieste e le possibilità di oggi. Deviamo questi mezzi finanziari verso il continente africano, dal quale la gente anche a causa della desertificazione progressiva è costretta a fuggire verso l’Europa. Nei secoli scorsi erano nazioni europee a impadronirsi dell’Africa, per cui oggi la nuova Europa avrebbe l’obbligo di dare aiuti ai popoli africani per potersi sviluppare nella loro patria.

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